Scegliamo sempre in modo accurato, le #soundwallpremiere. Sorvoliamo su molte proposte, diciamo molti no. Non perché ci sentiamo più bravi o più belli, ma perché semplicemente nel flusso informativo infinito di internet il senso dell’informazione dovrebbe proprio essere quello di fare delle scelte, prendere delle posizioni, esprimere dei giudizi. Condivisibili o meno: ma farle, prenderle, esprimerle.
E allora, qua vogliamo prendere una posizione forte: questa è una delle Premiere più belle che abbiamo mai ospitato. Le O-Janà, ovvero Alessandra Bossa e Ludovica Manzo, sono uno di quei progetti che rappresentano nella nostra visione un ibrido altissimo, uno di quelli più interessanti in assoluto: una preparazione seria per entrambe (Alessandra bravissima pianista e molto brava con l’elettronica, tant’è che l’abbiamo conosciuta di persona mentre creava live remixing al leggendario festival norvegese Punkt e poi l’abbiamo reincontrata qui, Ludovica sofisticatissima nell’uso della voce), la voglia di combinare ambiti musicali diversi ma senza semplificare nulla, senza “rendere cartolina” nulla, prendendosi anzi il rischio di essere troppo jazz per chi è abituato all’elettronica, troppo elettroniche per chi è abituato al jazz, e comunque troppo sperimentali per chi naviga nel pop.
Ma al diavolo: proprio questo “porsi a metà” è un segno di coraggio e di volontà di andare oltre alle linee già tracciate ed ai confini già delimitati. In una musica elettronica che dopo le rivoluzioni di fine ’80 e ’90 e il grande consolidamento a cavallo del cambio di millennio ha iniziato a girare un po’ attorno a se stessa ed ai suoi status, il nascere e il crescere di progetti di questo tipo serve come l’acqua. Molto più di quanto fosse servita la cosiddetta indietronica, l’indie pop da cameretta, che per qualche capolavoro e band epocale (Notwist, ad esempio) non ha però negli anni creato scossoni significativi, semmai molta maniera e un po’ di noia.
Magari non saranno le O-Janà a cambiare il mondo, ma recuperate il loro album precedente (“Inland Images”, 2018) e soprattutto tenete d’occhio l’”Animal Mother” in arrivo a gennaio 2023. Perché questo “Plumage” che lo anticipa, di cui presentiamo in anteprima il video creato da Gabriele Ottino e Sharon Ritossa, è un gioiellino di grazia, di raffinatezza armonica e melodica, di coraggio strutturale. E’ una piccola cattedrale d’aria e luce, in tre minuti e mezzo. Qualcosa di cui abbiamo bisogno. Chi ascolta con attenzione, cogliendo il lavoro del musicista e non solo quanto appare sui social, non può che convenire. Agli altri, invece, magari le cose vanno bene così come stanno andando. A noi, così così.