C’è da essere abbastanza grati a Matthew Edwards per questa intervista ed è un sentimento che dovrebbe essere condiviso nei confronti dei dj “anziani” o meglio coloro i quali hanno maggiore esperienza in questo mondo da poterti rispondere senza riserva e senza giri di parole per mascherare qualcosa. Quello che mi viene spontaneo dirvi per introdurre Radio Slave è che non ha paura di dire quello che c’è da dire e di puntare il dito su alcuni aspetti di questo magnifico (perché lo è ancora!) mondo dell’EDM. Inglese di nascita, 3 decadi di attività, centinaia tra produzioni e remix e 4/5 moniker, ma non è solo questo…
Capolavoro. Non potrei definirti in altra maniera e credo sia un sentimento condiviso in tutto il mondo. Potresti presentarti ai nostri lettori e spiegarci come sei arrivato sulle scene? Credi sia stato più facile uscir fuori come dj ai tuoi tempi rispetto ad adesso?
Allora, sono sempre stato attratto dalla musica e dalla prima ondata electro già dall’82-83. Mio padre era un art director a Soho ed è stato lui a portare a casa i primi dischi come la colonna sonora di “Wildstyle”. Questa pellicola è stata una grande ispirazione per me, non solo per la musica ma anche per l‘arte e l’intera compagine sociale di quell’imponente movimento underground di New York che avrebbe poi preso piede in tutto il mondo. Da allora mi ha preso il verme del comprare dischi e prendevo di tutto, dai 12”s dei New Order agli LP’s di Kate Bush e alla fine degli anni 80’ molti dei miei più vecchi amici stavano scoprendo l’acid house e non troppo tardi ogni weekend ero in giro per Londra. Era il tempo della italo house e divenni amico di David Dorrell (M.A.R.R.S) e sono finito a fare djing per lui e Pete Tong al Milk Bar. Da allora, gli anni 90’ sono stati costellati da una serie di party nebbiosi in Galles, una residance al party “Open” al Ministry of Sound ed un sacco di ricerca. A quel tempo l’unica maniera di trovare pezzi era andare per negozi. Poi nel 1998 mi sono spostato a Brighton per stare con la mia ragazza e non molto dopo mi sono addentrato maggiormente nella produzione e nel 2001 nacque il nome Radio Slave. Il resto credo lo conosciate.
Il tuo catalogo di produzione è enorme e vario. Quale ritieni possa essere la release fulcro della tua carriera?
Sono molto orgoglioso del “Rekid” LP su Soul Jazz. Non credo che a quel tempo ci fossero molti produttori che facevano quel tipo di musica ed io, dopo 8 anni, la riascolto sempre e spero di poter rimettermici sopra e lavorare ad una sua continuazione. Un altro grande momento è stato quello della release Grindhouse, non solo per me ma anche per Dubfire e credo fosse il pinnacolo di quell’intenso sound minimal-techno e sono orgoglioso d’aver portato tre diversi produttori (Radio Slave, Dubfire e Danton Eeprom, nda) insieme per un’unica release che è poi diventata una grande hit.
So che magari questa domanda ti è stata fatta diverse volte, ma devo fartela. Tu non sei solo Radio Slave, sei anche Rekid, Quiet Village, Sea Devils, Matthew E. Puoi spiegarci le ragioni di questo multi sfaccettato monikering? Una maniera di esprimere te stesso e forse una maniere per tenere separato un nome da un certo tipo di produzione rispetto ad un altro? C’è qualche caratteristica particolare che può essere ritrovata in tutte le produzioni anche se sono uscite sotto diverso nome?
Beh, credo che potrei lanciare sul mercato di tutto utilizzando il mio nome, ma credo che utilizzare un nome differente o un moniker sia come essere un attore ed assumere un certo ruolo. È il mio modo di saltare dentro un personaggio e creare una certa vibrazione utilizzando questi nomi come veicolo per il progetto stesso. Inoltre amo creare differenti tipi di musica, difatti molta gente rimane ancora confusa quando faccio un set come Radio Slave ecco perché creare un altro nome permette anche di dare all’audience una possibilità di sapere cosa aspettarsi da un particolare nome.
La tua esperienza nella scena ti mette in una posizione unica per rispondere a questa domanda, quali sono le cose che più sono cambiate in alcune decadi nel movimento dell’elettronica… intendo che la scena sembra essere portata avanti dalle agenzie e il dj rappresenta solo un nome o una macchina da soldi per promuovere un evento… qual è il tuo pensiero?
Hai completamente ragione e credo che nel 2013 è incredibile dover lavorare per capire quello che è vero o falso. La gente, i dj, ed anche i produttori attraverso l’utilizzo di internet possono tessere una ragnatela di bugie e creare tutti i tipi di realtà. Io ancora adoro la dance music ma trovo tanta gente in questo mostruoso tipo di industria interessata solo al soldo. A mio avvio, la musica è un arte e dovrebbe essere trattata per quello che è realmente e con l’avvento dei file digitali vedo scomparire il valore della musica stessa e si sta arrivando al punto che se si vuol essere un dj di successo devi apparire bello, avere il giusto agente ed essere un prodotto facilmente appetibile come da McDonalds. Fanculo!
Questo mese uscirà la tua Balance 023 ed hai spiegato che questo non è stato uno dei tuoi migliori anni. Per un dj, produttore, remixer, re-editer, de costruttore e manager di una label come sei tu, è possibile avere una vita privata? C’è tempo per averla?
Bhè, non è stata una partenza delle migliori. È stato un periodo molto duro sia mentalmente che fisicamente (ha subito un’operazione ed ha avuto alcuni problemi personali, nda) ma adesso sono in tour e mi sto divertendo molto. Sono fuori di casa da 20 giorni ma ho già visto tanti amici in Giappone e questo tipo di esperienze possono davvero darti il senso che ne vale la pena essere un dj costantemente in giro. Molte volte parlo con altri amici dj e tutti quanti riconosciamo come sia incredibilmente difficile essere sempre per strada e mantenere un equilibrio con la vita privata, ma è molto gratificante e sono davvero fortunato a fare quello che faccio, e certamente adorerei stare a casa più tempo ma l’etichetta produce davvero poco e nel 2013 c’è bisogno d’essere attivi e promuovere se stessi e l’etichetta.
Il processo di re-mixing: io sono un profano nel campo della produzione di musica elettronica ma credo che il processo di re-mixing possa essere più difficile che produrre una canzone propria… potresti dirci le differenze e i punti critici fra remixare e produrre un pezzo originale? Hai remixato pezzi per diverse pop-star ma anche per altri dj come Carl Craig e Trentemoller, l’approccio è sempre lo stesso o cambia a seconda del genere?
Tratto sempre ogni remix come una nuova composizione e non ho un set di regole assunte. Provo ed estrapolo le parti migliori del pezzo originale, come il ricampionamento delle percussioni, prendendo tutto quello che posso e dare al remix un sapore unico che abbia un vibe vicino all’originale ma con il mio suono, e mi piacerebbe molto fare più remix per artisti delle label maggiori.
Gestendo una label sei seduto dall’altro lato della scrivania e quindi sei esposto alle nuove tendenze… Vedi approcci innovativi o re-immaginazione di specifici generi che potranno presentarsi nei prossimi anni? Credi che la musica dance ne prossimi 10 anni morirà come ci ha detto A Guy Called Gerald alcuni mesi fa?
Ahah! Bhè non penso che stia per morire ma sembra di essere finiti in alcuni gironi orribili da cui è difficile vedere dove tutto sta andando. Dance, EDM o in qualunque maniera la si voglia chiamare nel 2013 sembra essere completamente guidata solo da eventi e credo che la musica sia in sofferenza a causa di questa versione annacquata e ingommata che viene pompata fuori per l’audience giovane. Amo la disco music e se riascoltate il suo contenuto musicale, gli arrangiamenti e la produzione, realizzerete in meno che non si dica che questo tipo di produzioni non saranno fatte di nuovo, il che è triste. D’altra parte però l’era di internet ha portato le individualità creative a connettersi fra loro e le idee vengono condivise in maniera più rapida. La gente a cui piace il concetto di party può connettersi in tutto il mondo e credo che questo sia un aspetto sano che esiste al di fuori del mondo EDM ed è qui che troverete artisti innovativi e nuove tendenze. Sto cercando di trovare da tempo la definizione per un termine iper abusato che è “underground”, sembra che esso sia attribuibile a tutto di questi tempi. Lo stesso vale per me. Hai ragione. È una maniera dei produttori, dei dj e dei club per definire se stessi “cool”. Ognuno può creare un’etichetta che stampi solo vinili, produrre musica che suona come se sia uscita dal 1995 e disegnare retro logo carini per dargli quel tocco cool, ma io non vedo Ricardo Villalobos fare questo. La sua musica ha un tocco incredibilmente futuristico e nutro molto rispetto per artisti e produttori che guardano al futuro piuttosto che al passato. Per me la techno è sempre stata una musica visionaria, perciò io vedo questo taggabile come “underground”. Se vuoi essere underground devi guadagnarti le spillette, come nell’esercito. Mike Banks è underground.
Nelle mie precedenti interviste ho sempre un po’ snobbato la figura del dj…colui che seleziona la musica, colui che va in giro a comprare dischi, colui che ricerca per ore una gemma, colui il quale ha supremo controllo del mixer e dei giradischi, ne sono completamente affascinato… credi anche tu che la figura del dj/selezionatore sia un po’ bistratta rispetto al grande clamore che i produttori ricevono?
Credo che attualmente ci sia un revival di questa maniera di fare djing grazie a ragazzi come Ben UFO ed anche Gerd Janson che sono conosciuti per come riescano a tirar fuori un enorme e ampia selezione di tracce quando selezionano e sembra che questo tipo di scena undeground stia realmente crescendo. Proprio come i ragazzini che negli anni 90’ erano i cosiddetti “Backpack Buyer” dell’ hip-hop, ora sono gli stessi che comprano l’oscura house di Detroit, e negozi come “Rush Hour” e “Hard Wax” non vendono solo house o techno e questo è grande, perché la musica elettronica ha tanti collegamenti dal dub reggae alla musica classica ed essendo un dj sono stato esposto a così tanti genere di musica ed ho anche incontrato un sacco di ragazzi che sembrano davvero essere affamati di conoscenza e di musica. Perciò sembra esserci una speranza per la musica elettronica.
Quali sono le 5 top tracks che t’hanno avvicinato a questo mondo e che potresti suonare in un loop infinito?
1. Who’s Who – Hypnodance (scritta e prodotta dal padre di Thomas Bangalter)
2. Manuel Gottchling – E2 E4
3. Vangelis – Bladerunner OST
4. Grace Jones – The Frog and The princess
5. Mr.Marvin – Entity
English Version:
We should be grateful to Matthew Edwards for this interview and it’s a feeling that should be shared for the “elders dj” or rather those who have more experience in this world that can answer us without reserve and without beating about the bush for hide something. What I tell you to introduce Radio Slave is that he is not afraid to say what he has to say and he points the finger at some aspects of this magnificent (because it still is!) EDM world… English of birth, 3 decades of activity, hundreds of productions and remixes and 4/5 moniker…but not only that…
A Masterpiece. I could not define you in another way and that’s a sentiment which is shared worldwide. Could you introduce yourself to our readers? And explain how you got into the scene? Do you think it was easier when you started out to be a dj than it is currently?
So…I was always drawn to music and was really into the first electro scene back in 82-83. My father was an art director working in soho and he would bring me home records like the soundtrack to Wildtsyle. This movie was a huge inspiration to me, not only in the music but the art and the whole social aspect of this huge underground movement from New York that would take over the world. From then on I was hooked with the record buying bug and was picking up everything from New Order 12″s to Kate Bush LP’s and by the late eighties most of my older friends had discovered acid house and not long after I was out every weekend in London. This was the time of italo house, and I became friends with David Dorrell (M.A.R.R.S) and ended up DJing for him and Pete Tong at the Milk Bar. From there the 90’s was a hazy blur of free parties in Wales, a residency at the Ministry of Sounds “Open” night and lots and lots of digging. Back then the only way to find records was by going to stores. Then in 1998 I moved to Brighton to be with my girlfriend and not long after I got more into production and in 2001 the Radio Slave name was born. The rest I guess you might know.
Your back cataloug of productions is huge and varied. What would you say was the release which was the catalyst for your career?
I’m really proud with the “Rekid” LP on Soul Jazz. Back then I don’t think there were many producers making this kind of music and I still go back and listen to it even after 8 years and I’m hoping to start work on the follow up this year. I would also say that the Grindhouse record was a big moment. Not only for me but for Dubfire and I guess it was the pinnacle of that intense miminal techno sound and I am proud that I managed to bring three producers together for one release which went on to become such a huge hit.
I know you have probably been asked this question many times, but i have to do it. Your not only Radioslave, Your also Rekid, quiet village, Sea devils, Matthew E…can you explain the reasons for this multifaceted monikering? Is it a way to express yourself and maybe a way to keep seperate one name with a certain kind of production style from another? Is there a particular characteristic which is previlent in every production you do regardless of the allias it is released under?
Well I could release everything under my own name but I guess in a way when you use a different moniker or name it’s kind of like being an actor and assuming a certain role. It’s my way of jumping into character and creating a certain vibe using these names as a vehicle for project. Also, I love to create different types of music and people out there still get confused when I play a disco set as Radio Slave so by creating another name hopefully people know what to expect.
Your experience in the scene put you in a unique position to answer this, what are the most recognizable things that have changed in the electronic music scene over the decades…I mean the scene seems to be managed by the agencies now and the dj seems to be just a name or brand to promote events (just my impression), what are your thoughts about this?
You’re completely right and I think in 2013 it’s incredibly had to work out who’s real or fake. People, dj’s and even producers can spin a web of lies and create all kinds of realities using the internet. I still love dance music but I find so many people in this monster of an industry to be only interested in money. For me, music is art and it should be treated in this way and with the advent of digital files I only see the value of music itself disappearing and it’s getting to a point where if you want to be a successful dj, you need to look good, have the right agent and be a product that’s easily digested like McDonalds. Fuck that!
This month your going to release Balance 023 and you explained that this year is not the best of yours. For a dj, producer, remixer, re-editer, deconstructor, manager of a label are you able to have a private life? Is there’s time for it?
Well, I had a bad start. It was a tough time for me mentally and physically but I’m now on tour and I’m having an amazing time. I’m away for 20 days but I’ve already seen so many friends in Japan and these kind of experiences can really give you a sense that being a touring dj is well worth it. And I often speak with other friends who are dj’s and we all find it incredibly tough being on the road and maintaining a balanced home life but it’s very rewarding and I’m incredibly lucky and fortunate to do what I do, and of course I would love to be at home more but the label makes very little money and in 2013 you need to be actively out there promoting yourself and the label.
The process of re-mixing: I am a layman in the field of electronic music production but I think that the remixing process seems to be more difficult than producing an original song…could you tell us the critical differences between remixing and producing an original track? You have remixed lots of pop star but also for other djs like Carl Craig or Trentemoller, is the approach always the same or does it differ depending on the genre?
I always treat each remix as a new composition and I don’t have any set rules. I try and get the best out of the parts from the original track, like re-sampling the drums and taking as much as I can to give the remix a unique feel that has a similar vibe to the original but with my sound, and I would love to do more remixes for major label artists and I kind of miss remixing pop acts.
You manage a label so when you’re sitting the other side of the desk you must be exposed to new trends… Do you see any new innovative approaches or re-imaginations of specific genres coming through in the next years? Do you think that dance music is going to die in 10 years like A Guy Called Gerald told us some months ago?
Haha! Well I don’t think it will die but we seem to stuck in some horrible cycles right now and it’s very difficult to see where all this is headed. Dance, EDM or whatever you want to call it in 2013 seems to completely event driven and I do believe the music is suffering by this watered down, bubble gum version which is being pumped out to the kids. I love disco music and if you listen back to the musical content, arrangements and production you quickly realize these records will never be made again which is sad. On the flip side the internet has meant that creative individuals can connect and ideas are shared much quicker.
I’m going to find a good definition for a term over abused in the electronic scene that is “underground”, it seems to be attributed to everything these days?
Again, you’re right and it’s a way of producers, dj’s and clubs making themselves cool. Anyone can do a vinyl only label, produce music which sounds like it came out in 1995 and design a nice little retro logo to give it a cool vibe, but I don’t see Ricardo Villalobos doing this. His music is incredibly futuristic machine music and I have so much respect for artists and producers who look to the future rather than the past. For me techno has always been a visionary music. So, with this “underground” tag I just see it as that. For me you’re gonna have to earn your stripes (like being in the army) if you wanna be underground. Mike Banks is underground.
I have always neglected the figure of the dj…the one who selects the music, that goes to the shops to buy vinyl, that searches for hours to find a gem, the ones with supreme control of the mixer and turntables…i’m fascinated by this…do you think that the figure of the selector it’s a bit neglected? Compared to the respect which the great producers receive?
I guess there’s actually a revival in this way of djing with guys like Ben UFO and even Gerd Janson are really known for pulling out a really wide and broad selection of tracks when djing and it would seem that this kind of “underground” scene is really growing. Like the way the kids who were the “Backpack” hip hop buyer’s in the 90’s are now buying obscure Detroit house, and stores like “Rush Hour” and “Hardwax” don’t just sell house or techno and it’s great that electronic music has links with dub reggae and even classical and I’ve been exposed to so many genres of music from being a dj and I’ve met a lot of kids recently who seem really hungry for knowledge and records. So there is a hope for the future of electronic music.
What are the top 5 songs that bring you closer to this world and you could play in a infinity loop?
1. Who’s Who – Hypnodance (written and produced by thomas bangalters dad)
2. Manuel Gottchling – E2 E4
3. Vangelis – Bladerunner ost
4. Grace Jones – The Frog and The Princess
5. Mr Marvin – Entity