Loro sono Joe Andrews e Tom Halstead, in arte Raime, duo del Regno Unito che si è costruito un’ottima reputazione con i suoi due EP sulla neonata label di Kiran Sande ‘Blackest Ever Black’. Nonostante siano degli emergenti hanno già avuto la loro occasione di suonare al Sonar di quest’anno, di cui ci dicono qualcosa.
Come vi preparate per i vostri live?
Ci prepariamo scomponendo le nostre produzioni e usando gli elementi come una tavolozza da cui attingere durante l’intera durata del set. E ovviamente ci vuole anche molta pratica.
Quali sono per voi le differenze tra un live e un dj set?
Le differenze tra le due cose sono estremamente evidenti, ma se dovessimo sceglierne una direi che durante un live è importante concentrarsi al 100%.
Durante il live al Sonar sono stati proiettati dei visual bizzarri, molto adatti al vostro tipo di musica. Questa connessione tra musica ed immagini è importante per voi?
E’ molto importante. I fattori estetici, nella loro totalità, ci stanno molto a cuore e i visual nelle esibizioni per noi sono un’altra opportunità per tentare di integrare e completare le due cose. Durante un live quello che vogliamo è ‘punteggiare’ la musica, piuttosto che avere una serie continua di immagini. Proviamo ad affiancarle a dei momenti specifici del set in modo che agiscano come dei suggerimenti per lo spettatore o, a volte, li usiamo come sinergia tra forma musicale / estetica e quella visiva. E speriamo che siano abbastanza efficaci da creare un equilibrio tra immagine a musica, e non che uno sovrasti l’altro.
Il Sonar ormai è diventato un grande appuntamento. Come vedete questo festival e cosa ha significato per voi suonare lì?
Probabilmente è uno dei più emozionanti e rispettati festival dei musica elettronica nel mondo, quindi naturalmente per noi è stato un onore quando ci hanno chiesto di suonare lì. Parlando in termini relativi siamo ancora degli artisti emergenti, quindi siamo fieri di avervi preso parte.
Il Sonar by Day e il Sonar by Night sono due situazioni estremamente differenti. Voi avete suonato al Sonar by Day, che è incentrato sulla ricerca, sulla sperimentazione e sull’esplorazione dei vari campi artistici. Che ne pensate di questi due aspetti del festival?
Le persone vengono per motivi diversi e il festival è pronto ad accoglierle proprio per questo. Il pubblico della parte notturna è più giovane e ha voglia di andare a dei grandi rave. Nel Sonar Day il carattere di Barcellona si fa sentire in modo più chiaro e l’ambiente è più intimo.
A voi quale parte è piaciuta di più?
Il giorno. Per quanto ci riguarda c’erano le esibizioni che maggiormente ci interessavano. Naturalmente quelle più sperimentali vengono proposte durante il giorno, e questo è sicuramente più il nostro campo. Tuttavia hanno inserito Cyclo nel programma notturno e per noi è stato uno dei momenti migliori.
Come vedete l’evoluzione del Sonar nei prossimi anni?
Il festival è già eccellente così com’è e lo sarà finchè gli organizzatori continueranno a proporre una così varia e vasta scelta di artisti. Se il festival continuerà a crescere, magari potrebbero sentire il bisogno di soddisfare una cerchia ancora più grande di gusti musicali, ma se continueranno ad attenersi al tipo di programmazione che fanno adesso, beh siamo sicuri che il Sonar potrà solo migliorare.
Il vostro è un sound dark, vago, una specie di melodia incantata. In che modo il vostro paese, l’Inghilterra, vi ha influenzato?
Siamo cresciuti in un ambiente che corrisponde perfettamente al sobborgo di periferia medio, un ambiente in cui è difficile trovare qualcosa di affascinante. Quest’esperienza ha suscitato in noi un desiderio di creatività individuale, volevamo di più. Piuttosto che esprimere tutto ciò con le azioni della vita reale molte persone lo esprimono con la loro immaginazione, che è quello che cerchiamo di fare noi. Il Regno Unito ha un grandissimo desiderio di cultura e quindi ci troviamo bene nell’esprimerci così. Tuttavia sotto molti aspetti il proprio paese è sia tutto che niente. Con questo intendo dire che ovviamente noi siamo un prodotto del nostro ambiente e quindi la nostra musica lo riflette, ma allo stesso tempo non ha una coloritura nazionale così specifica. Come in altri lavori puoi sempre trovare degli aspetti di altri paesi in cui tu ti identifichi. L’universalità rende l’ambiente degli artisti un catalizzatore piuttosto che definire il loro messaggio.
Quali sono gli artisti a cui vi ispirate, anche fuori dal contesto musicale?
Gli artisti che sanno comunicare in modo chiaro, indipendentemente se il loro messaggio è complicato o ambiguo.
Diteci qualcosa delle vostre release sulla nuova label Blackest Ever Black.
Beh, ci è voluto molto tempo prima che fossero pronte…
Quali sono i vostri progetti futuri?
A Settembre abbiamo in mente di far uscire un terzo EP e un’installazione audio / video per l’Unsound Festival, in Ottobre. Per quanto riguarda i progetti a lungo termine speriamo di riuscire ad evolvere e a sviluppare le nostre idee, ma continuando ad esaminarne di nuove.
English Version:
Joe Andrews and Tom Halstead are Raime, a duo from the United Kingdom who has built up an excellent reputation with his two EPs on the newborn Kiran Sande’s label ‘Blackest Ever Black’. Despite they are pretty new artists this year they were given the opportunity to play at Sonar, and now they tell us something about it.
How do you prepare for your live sets?
Deconstructing our records and using the elements as a palette for the set as a whole. And a lot of practice.
What are in your opinion the differences between a live set and a dj set?
The differences are obvious but if we had to pick one thing it would be that you have to concentrate 100% of the time when its live…
During your live performance at Sonar weird visuals were projected, very suitable to your music. Is this connection between music and images important to you?
Very important. Aesthetics as a whole are something we feel very strongly about and visuals for the show are another opportunity for us have a go at making them both relevant and integral. In the live set we wanted to punctuate the music rather than have a continuous set of images. We try to juxtapose images with moments in the set that can act as prompts for the onlooker or, at times, state synergies between musical form/aesthetic and that of the visual. Hopefully they are powerful enough to create a balance between image and music, rather than one becoming subordinate to the other.
The Sonar Festival became a big movement. What the festival and what playing there means to you?
Its probably one of the most exciting and respected electronic festivals in the world, so naturally it’s an honor to have been asked. In relative terms we are a pretty new artist so we were proud to be a part of it.
Sonar by Day and Sonar by Night, two very different situations. You were playing at Sonar by Day, which means research, experimentation, scouting in various artistic fields. What do you think about this two aspects of the festival?
People come for different reasons and the festival caters for that. The Night crowd are younger and eager to go to enormous raves. The Day feels like it has more of Barcelona’s identity and is more of an intimate environment.
What aspects of Sonar did you prefer?
The daytime. For us it had the majority of the acts that we wanted to see. Naturally they put the more experimental acts on in the day and that is definitely more our area. However they did put Cyclo in the night arena and that was one of our particular highlights.
How do you think the Sonar will evolve over the next years?
Its an excellent formula they have, as long as the organizers keep booking a wide range interesting acts. As the festival gets steadily bigger they may feel they have to cater for more and more tastes but as long as they stick to the type of programming they do currently then im sure it will only get better.
Your sound is dark, obscure, something like an enchanted melancholy. In what ways has your country, the UK, influenced you?
We have grown up in an extremely average suburban environment. An environment where engaging action is hard to find. This kind of experience makes a creative individual desire something more. Rather than express this through real life actions many people express this with their imagination. Which is what we try to do. The UK has a huge appetite for culture and so we feel comfortable doing it in this way. However in many respects your country is everything and nothing at the same time. By this I mean we are naturally a product of environment so of course our music reflects this but at the same time its not nation specific. You can always find things in work made in other countries that you identify with too. The obvious universals make the artists environment a catalyst rather than defining their message.
What artists inspire your sound, even outside the electronic music contest?
Artists that communicate clearly. Regardless if their message is complex or ambiguous.
Tell us something about your releases on the new born label ‘Blackest Ever Black’.
They were a long time coming…
What are your future projects?
In the near future we plan to release a third EP in September and an audio / visual installation for Unsound festival in October. Long term we hope to develop our ideas while continuing to explore new ones.