“Guerrero” è una delle sue prime tracce; lo ripete con voce filtrata e ossessiva per tutti i 5:13 minuti, di certo non ci si poteva aspettare qualcuno che non combatte. Rebolledo è un “guerriero della notte” i cui fendenti hanno forma astratta, ma colpiscono dritto al cuore di chi balla e suda davanti ai sui piatti. Il suono è istintivo e ancestrale, ti entra sottopelle con i loop infiniti dall’anima scarna e calda, ti incolla al dancefloor con le ritmiche downtempo, ipnotizzandoti dentro atmosfere synth elettroniche dalle sfumature rock e italo. In Messico, da studente forse un po’ svogliato, comincia a mixare dischi in un club di spessore come la Santanera a Playa del Carmen, fin da subito impostando il suo groove unico. “Stanco” della musica che gli gira attorno, comincia a prodursela: nel 2009 esce il primo singolo “PitayaFrenesi”, nel 2011 il primo album “Super Vato”, sempre con la Comeme, sempre con il suo stile. Nel 2012 la release di “We Are Really Sorry”, in collaborazione con Superpitcher con cui formano i Pachanga Boys: una bomba creativa. Un suono unico e a suo modo poetico (ascoltatevi “Time” e poi provate a contraddirmi). Ma Rebolledo sembra essere una continua “esplosione”, basta attendere dove e quando sarà la prossima…e venirne investiti. Peace & Love.
La tua “cavemen disco” (cit. Matias Aguayo) è fatta di creatività spontanea, diretta, ironica e giocosa. In qualche modo in contrasto con quel mondo dell’elettronica più concettuale, a volte,persa in generi e sperimentalismi sterili e autoreferenziali. Far ballare e creare musica che con una sola freccia colpisca cuore, “gambe”, e anche la testa, é la tua risposta ad unascena in parte stagnante e/oforse molto legata al passato?
È il mio modo di fare… non penso troppo a quello che faccio quando sono all’opera sulle mie cose. Mi piace la musica semplice, onesta, che ti fa muovere e usare la tua immaginazione; quando è “complessa”, mi arrivano troppe informazioni che non mi lasciano perdere nella danza, qualcosa che amo dal profondo, di conseguenza, quando mi dedico ai miei progetti mantengo questo spirito. Non è una risposta a tutto, ma a dire la verità non faccio troppa attenzione alla scena o ai trend.
A proposito di ironia. Raccontaci un anneddoto divertente accaduto nei tuoi tour.
Ufff…ne succedono di continuo jaja, è difficile citarne uno in particolare. Al momento mi viene in mente un episodio che non so se sia divertente, ma la trovo piuttosto ironico. Circa una anno e mezzo fa ero in Brasile con Daniel Maloso: atterai a San Paolo, il mio case coi dischi invece no: mi ritrovai quindi ad avere una scelta musicale super limitata. Con me avevo comunque tenuto qualche cds nel caso mi trovassi in questa situazione, di sicuro non è la migliore che ti possa succedere. Durante il party però, questo stimolò la mia creatività al punto che il set fu un successo e invece che suonare solo per il tempo prestabilito da programma finii per mixare iper 6 intense ore. È stato fantastico, 4 giorni dopo (rimanemmo più a lungo per un altra data), facendo il mio check out dall’hotel, arrivarono i dischi alla reception, giusto in tempo per andare in areoporto e tornare in Messico.
Trovo che negli ultimi anni, al di fuori dei soliti epicentri di musica elettronica, più che in passato,stiano formandosi e crescendo nuove realtà provienienti da altri paesi. Parlo per esempio del Messico, o in generale il Sudamerica, ma anche la penisola Scandinava o l’Est europeo e la penisola ellenica fino alla Turchia. Vedi anche te questo cambiamento in atto?
Yeah, vedo cose magnifiche in posti diversi dal solito, non esistono solo la Germania o l’Inghilterra, mi piace che non esistano più confini nella musica, che i generi si mescolino e che le persone siano in generale più aperte e cose nuove.
Dopo l’uscita del tuo album Super Vato, come produzioni, insieme a Superpitcher, ti sei sicuramente focalizzato sul tuo progetto Pachanga Boys. A quando qualche tua nuovo lavoro come Rebolledo?
Si, non era stato programmato, è venuto così… tuttavia, in questo periodo non sono stato solo impegnato con i Pachanga Boys, ma anche sulle mie cose, che però non ho fretta di fare uscire ecercando con calma di fare le cose al meglio.
Il duo Pachanga Boys, e l’etichetta Hippie Dance sono entrambi progetti musicali con un mood ben definito, oserei dire, una way of life che flirta con moda, grafica, design e diverse forme creative, sempre mantenendo uno spirito ironico, a volte dissacrante, fuori dagli schemi. Ci potresti spiegare in cosa consiste il vostro intrigante “possible future”?
Non c’è un vero significato, è solo un messaggio lanciato sul tavolino per chiunque la voglia capire. Ci piace fare le cose a nostro modo, senza dover pensare troppo se sia giusto rispetto le regole della scena musicale. Ci piace così tanto muoverci così, che la nostra porta rimane sempre aperta per chiunque apprezzi e nostre idee e voglia unirsi a noi.
In un’intervista Matias Aguayo, insieme a te e Daniel Maloso, parla di distrubuzione della musica e di come oggi, la sua condivisione abbia più canali e quello della vendita dei dischi sia solo uno dei diversi possibili, diversamente al passato. Credo che questo processo abbia giovato alla libertà creativa, uscita dai dettami dei trend, dei generi e della vendita come unica maniera di farsi conoscere e fonte di guadagno. Pensi che comunque quese nuove opportunità abbiano anche dei limiti o che continueranno a portare solo giovamento alla musica e gli artisti che la producono?
Certo!!! Ora come ora c’é una libertà pressochè totale nell’essere creativi, nella scelta dei canali per farsi conoscere e catturare l’attenzione senza dover spendere una fortuna come invece accadeva in passato. Credo comunque che oggigiorno i limiti si possano facilmente oltrepassare…
Il progetto Bumbumbox, di cui fai parte, è anch’esso una risposta all’idea di un clubbing stereotipato, avendo luogo negli spazi pubblici, all’aperto, gestito e promosso autonomamente per passaparola e social networks, senza un ingresso, con alcuni stereo e un premixato invece che delle casse e un dj dietro la consolle. Credi che questo fenomeno (per quanto ne siano sempre esistiti di simili come i rave…) possa in un futuro prendere piede anche in altre zone al di fuori del Sud America, in cui è nato, rimescolando le carte del fenomeno del clubbing?
Chiamarlo progetto suona già troppo pretenzioso ed è esattamente ciò che Bumbumbox non é mai stato, questa é stata parte della sua grande magia: quando Gary Pigmento e Matias (Aguayo) insieme con il resto della loro crew hanno cominciato ad organizzarlia Buones Aires, era solo di una soluzione alternativa per ballare, dato che in quel periodo i club erano piuttosto limitati e noiosi. I risultati furono così buoni e il divertimento fu così tanto, che continuarono a farli e, dato che alla gente piacevano molto e tutti si sentivano ben accetti, si allargarono sempre più.
Sempre rispetto al passato, noto negli ultimi anni, da una parte un intensificarsi di festival, di varie dimensioni, che accolgono un gran numero di folla e dall’altra un aumoento delle situazioni più intime club (piuttosto che discoteche). Tendenze in qualche modo opposte: una scorpacciata di musica tra un palco e l’altro tra migliaia di persone, o un’esperienza musicale più diretta con il dj e le “poche” persone presenti. Entrambe realtà intense, ma diverse. Cosa ne pensi? In quale ti senti più a tua agio?
Mi piacciono entrambi le situazioni se ci sono tutti i presupposti, il pubblico ha un grosso peso in questo. Con la gente giusta entrambe le soluzioni possone andare bene. La libertà che hai nel suonare in una ambiente piccolo è sempre fantastico, puoi passare da uno stile ad un altro completamente diverso con un feedback immediato, un reale contatto visivo e condivisione di emozioni. Dall’altro lato, alcuni grandi club o palchi di festival possono esssere altrettanto interessanti: la sensazione che si ha di fronte a migliaia di persone é incredible quando entrano nell mood giusto.
Nonostante siano comunque alla base del suono elettronico, la ripetizione di loop e parole, dilatati nel tempo sianoparticolarmente caratterizzanti la tua musica e i tuoi set. Cosa ti legain maniera così evidente a questotipo di approccio?
Mi piace l’idea di usare la semplicità nella musica per raggiungere un stato di trance e perdermi dentro. É qualcosa nato ben prima della musica elettronica, da culture molto antiche come quelle delle tribù africane, latino preispaniche, native americane, asiatiche etc… Tutte hanno un approccio simile di ripetizione ritmica e di parole, che nella maggior parte dei casi non ha fini ricreativi, ma fa parte di rituali, infine quindi non c’é niente di veramente nuovo.
Abbiamo una macchina del tempo della musica; se potessi scegliere dove e quando ti piacerebbe essere teletrasportato?
Tarda metà degli anni ’70. Volerei a New York al Loft per ballare la musica di Dave Mancuso, vedere con i miei occhi lo Studio 54, ed essere lì la prima volta che “I Feel Love” è stata suonata per godermi la reazione del pubblico, andare a qualche concerto dei (Pink) Floyd, Ramones, (Rolling) Stones, Kiss e altri. Poi a San Francisco per vedere Sylvester e Patrick Cowley, e nelle Filippine agli show di Wally Gonzales, per finire in Europa (cercherei di spostarmi in Concorde… é qualcosa che non ho mai provato) cercando di fissare un appuntamento nello studio di Giorgio (Moroder) a Monaco di Baviera e in Italia per ballare al Cosmic con la musica di Baldelli.
English Version:
“Guerrero” is one of his first tracks; by someone who repeats this obsessively and with a filtered voice for 5:13 long… you might definitely expect he is somebody used to “fight”. Rebolledo is a “night warrior”, whose cuts have abstract shapes, but they’ ll hit you straight to the heart if you dance and sweat in front of his turntable. The sound is istinctive, atavic, endless loops with a bare and warm soul that slip under your skin, it stucks you on the dancefloor with downtempo rythms, it hypnotizes you in electronic/synth atmosphere with rock and italo shades. As a bit work-shy student in Mexico he begans djing in a influent club called “La Santanera” in Playa del Carmen, playing his unique groovy style since the very begging. When he get “bored” of the music produced around him, he start to make it himself: in 2009 he releases his first single “Pitaya Frenesi”, in 2011 it comes the first album “Super Vato”, always under Comeme label, always with his distinctive style. In 2012 is time for “We Are Really Sorry” album in collaboration with Superpitcher as Pachanga Boys: a proper creative bomb. A unique sound, somehow poetic (please listen to “Time” and then don’t even dare to dany that). But as a matter of fact Rebolledo seems to be a sort of perpetual explosion, all you can do is waiting where and when it’ll be the next one…and get strucked by it. Peace & Love.
Your “caveman disco” (Mathias Aguayo’s quote) is instinctive, straight, ironic and playful creativity, somehow different from the kind of conceptual electronic music, which sometimes is just lost into vain self-referential experimentations. By contrary you create this music that let people dance, hitting their heart, legs and minds with just one shot: is this your answer to a scene pretty stuck and/or too much rooted in the past?
It´s just how I do it… I don´t think too much about it when I´m doing my thing… I just like simple honest music that lets you move and use your imagination… When I listen to very complex music, there´s too much information and I can´t really get lost in it while dancing, which is something I really like, so when I do my own, I do it from this angle. It´s not an answer to anything, to be honest I don´t pay too much attention to “the scene” or the trends.
Talking about irony. Can you tell us a funny good story you enjoyed during your tours?
Ufff… so many things always happening jajaj, hard to mention only one… Right now comes one to my mind that I don´t know if it´s really funny but it was kind of ironic… Went to Brasil about a year and a half ago with Daniel Maloso, and when I arrived to Sao Paolo, my record case didn´t… so I was super limited with music… I had some CD´s with me in case something like this would happen, but still it was not the best situation, but at the party, being limited like that sparked the creativity to a point that the set was really really great, and instead of playing only my planned time, y ended up playing a 6 hour intense set… it was amazing… 4 days later (we stayed longer for another event), when I was checking out the hotel, my record case arrived to the lobby, just in time to go to the airport and fly back to Mexico.
I think that recently, more than the past, beside the established sites for electronic music, there are some new interesting situations happening and growing elsewhere. For instance I can say something is going on in Mexico, or South America in general, but also in Scandinavia, East Europe, or the Hellenic peninsula down to Turkey. Do you also see these changes going on?
Yeah it was not really planned, it just happened like that… anyway, during all this time I´ve been working a lot not only on Pachanga Boys things but also in solo things, but I´m not rushing into releasing, I´m taking my time to make things the best possible.
After you released your album Super Vato, as a producer, together with Superpitcher, you definitely focused on Pachanga Boys project. When will ear again some new Rebolledo’s works?
Yeah it was not really planned, it just happened like that… anyway, during all this time I´ve been working a lot not only on Pachanga Boys things but also in solo things, but I´m not rushing into releasing, I´m taking my time to make things the best possible.
Pachanga Boys and moreover your Hippie Dance label certainly have a specific mood, I rather say, a way of life that “flirts” with fashion, graphics, design and different creative forms, always keeping this out-of-the-box ironic, sometimes irreverent, spirit. Can you tell us what’s the meaning of your intriguing “possible future”?
There´s no real meaning, it´s just an option on the table for whoever wants to take it. We like doing things our own way not thinking too much if it´s “the right thing” to do according to the “music scene rules”. We enjoy so much doing it that the door is open for anyone who enjoys our thing to join.
In an interview, Mathias Aguayo, together with you and Daniel Maloso, talking about music distribution, underlined, as today, an artist has multiple channels to share his works other than just “selling records” (as happened in the past), that now just stays “one of the ways”. I personally think this process helped creative freedom, to go out of trends, genres and the idea of selling to achieve popularity and gains money. Do you thinks these recent opportunities have some limits or will keep on helping music and producers?
Off Course!, now a days there´s total freedom to be creative and find channels to be exposed and catch attention without spending a fortune like it used to be… I think limits are something very easy to bend these days…
The Bumbumbox project, you are part of, is also a sort of an answer to the stereotyped clubbing concept. As a matter of fact, these events take place in open-air public space, totally self managed and promoted by word of mouth and by social networks, without an entrance fee, with just few stereos and a premixed set, instead of speakers and a dj behind the deck. Do you think these kind of parties (even if there have been always some similar situations like raves) might take place more often in the future, calling then into question the club scene even outside the South American territory, where the project started?
To call it project sounds already too professional and that´s exactly what Bumbumbox never was, and that was part of it´s great magic… When Gary Pimiento and Matias together with the rest of their great crew in Buenos Aires started doing them, it was just a solution to be able to dance because at that time the club options where very limited and boring down there, the results where so good and the fun was such that they kept on doing them and they got bigger and bigger because people were enjoying it so much too and everybody was welcome. If clubs get more and more boring and door policies get even more annoying than they already are, for sure people will find creative solutions to get their body shaking.
Always comparing to the past, recently, I see, from one side more and more festivals, of every dimensions spreading all over gathering crowd of people and from the other side an intimate club scene (instead of mega discos) rising more and a more. From my point of view these are kind of opposite trends: you can have a “bellyful of music” from a stage to the other among thousands of people or get a more direct experience with a dj and “few” people around you. Both intense, but way different situations. What do you think about it? In which you feel more at ease?
I really enjoy both situations if the factors are right, the crowd has lots to do with it. With the right audience, both things can be great. The freedom of playing in a small room is always amazing, you can go from one style to another totally different having the people´s feedback right away and real eye contact and sharing of reactions. On the other hand, some big venues or stages at festivals can be great too, the feeling of playing in front of thousands is great when they get into it.
Even if it has been always the basic form of electronic sound, repetition of loop and words, expanded in time, deeply characterized your music and sets. Which is the reason why you are so into this kind of approach?
I like the idea of using simplicity in music to get into a trance mode and looseyour self to it, this is something which has been done way before electronic music by very old cultures like african tribes, latinamericanprehispanic, native americans, asian, etc. they all have a similar aproach, repetition of rhythm and vocals, which most of the time were not only done for recreation but many times as part of rituals, so it´s really nothing new.
We have here a special “music time machine”, if you could choose, where you’d like to be teleported?
Mid-Late 70´s… Would fly to NY to go to the Loft and dance to Dave Mancuso, see with my own eyes the 54, and be there the first time “I feel love” was played to see people´s reaction, check some Floyd, Ramones, Stones, Kiss and other concerts, Go to San Francisco to check out Sylvester and Patrick Cowley, go to the Philippines to check a Wally Gonzalez show, fly to Europe (would try to find a Concorde flight becasue that´s something I never did…) and try to get an appointment to check Giorgio´s studio in Munich, go to Italy and visit the Cosmic to dance to Baldelli.