Lo spezzettamento non tragga in inganno, “Dependent And Happy” è un album a tutti gli effetti. Certo, non è uno di quei lavori da portare con sé e da ascoltare in macchina come sottofondo dei propri spostamenti; piuttosto è uno di quei lavori da ascoltare con calma, cuffie in testa, volume basso, testa “sciolta” e libera. È uno di quei lavori che non si possono decifrare e apprezzare a pieno senza averci passato sopra diverse notti, diversi pomeriggi e svariate mattinate. È una di quelle raccolte che, non solo presa nella sua interezza, è destinata a diventare a vivere all’insegna dell’attualità – in fondo se i vari “Alcachofa” (prima) e “Thé Au Harem D’Archimède, “Sei Es Drum” e “Vasco” (poi) ci hanno insegnato qualcosa è proprio che certi lavori non muoiono proprio mai, risuonando “giovani” anche a distanza di anni.
Come detto, però, non si tratta di un ascolto agile. Il beat, il groove ed il lavoro di sintesi – di cui Ricardo è un maestro di caratura intergalattica – però, sono quelli dei tempi migliori e ci catapultano in quel labirinto sonoro di cnossiana complessità da cui nemmeno un Dedalo dalle ali (questa volta) d’acciaio sarebbe riuscito a volar via. Ammesso che si voglia davvero scappare da questo nuovo Perlon. Sì perché le quattordici tracce dell’album – di cui dodici disponibili all’interno delle prime due parti della raccolta – confermano il periodo di grande ispirazione che Ricardo Villalobos sta attraversando (e cavalcando) alla grande. Quel delizioso capolavoro dal titolo “Re:ECM”, nato dalla collaborazione con quello scienziato che risponde al nome di Max Loderbouer (che rincontriamo all’interno dell’album in “Groumax”) e che nemmeno un anno fa ci lasciava a bocca aperta, non deve aver saziato l’appetito di un artista capace di regalarci, solo negli ultimi mesi, un altro EP targato Perlon (“Any Ideas”) e una serie di remix a cui l’aggettivo “sontuosi” non rende pienamente il merito.
Ricardo Villalobos, non me ne vogliano i suoi più efferati detrattori, è un’icona vivente ed oggi, dopo aver visto crescere la mia consapevolezza ed il mio gusto accompagnati dai suoi lavori, posso affermare con ragionevole certezza che chi non lo apprezza non lo capisce. Qual è il detto? “Chi non ti ama non ti merita”? Beh, perdonate la fermezza delle mie parole, per la musica di Ricardo Villalobos penso calzi a pennello. Onestamente mi viene da sorridere quando leggo “The new Villalobos sounds just like the time i put my car keys in the tumble dryer by mistake” sul twitter di Kevin Griffiths perché non posso assolutamente pensare che uno dei dj britannici che stimo di più possa pensare davvero questo di lavori come “Das Leben Ist So Anders Ohne Dich” e “Die Schwarze Massai” – probabilmente la traccia che preferisco tra le prime già in vendita. Stai scherzando, vero Kevin?
“Dependent And Happy” non sarebbe un album che si rispetti senza qualcosa di più movimentato, e allora ecco “Tu Actitud”, “Timemorf” e “Zuipox”, pronte a sfamare gli istinti famelici di ogni clubber che si rispetti. Ricardo, però, non ci regala due dischi carichi, di quelli che in stile break-ripartenza. No, non sarebbe nel suo stile; si tratta piuttosto di vere e proprie marce microtiche, quelle che (per eleganza) fanno la differenza nei suoi estended set – per conferma chiedere dalle parti di Ostbahnhof. Vanno doverosamente citate, infine, anche “I’m Counting” e “Mochnochich”, vera e propria sinfonia dell’ipnosi. È come ritrovarsi sospesi ad ondeggiare in attesa di “quel qualcosa” che non sempre Ricardo è disposto a concederci. Una cosa però è certa: non è finita qui, peccato solo la terza ed ultima parte contenga solo due tracce.