Quando spostavamo i carrarmati da uno stato all’altro lo facevamo esclusivamente come diversivo affinando più che altro le nostre capacità logiche senza veramente renderci conto che la realtà, a volte, può essere estremamente più atroce: facili parallelismi al Risiko vengono da sé, ma se abbiamo passato del tempo ad attaccare zone limitrofe in nottate interminabili muovendo piccoli soldatini colorati, allora sapremo anche riconoscere che quegli stessi stati, oggi, sono in guerra con tutto il drammatico peso di realtà che questo comporta. Le immagini che arrivano da Kiev e dintorni hanno sempre più un sapore amaro, grosse nuvole di fumo si mischiano a lunghe code tra autostrade e sentieri innevati dove i civili scappano per paura di continue ritorsioni. Una piccola forma di vicinanza che da queste pagine possiamo lanciare è un omaggio musicale, ponendo l’attenzione su alcuni dei non pochi artisti di qualità che la scena ucraina sta offrendo da anni a questa parte.
Un panorama, quello ucraino, in continua espansione con una miriade di artisti molto interessanti che sempre più stanno facendo della ricerca e della pura avanguardia un punto fermo delle loro produzioni. Un caso su tutti è quello dell’artista Kateryna Zavoloka, il suo è un background tutto improntato sul live dove le più scombinate distorsioni si fondono in una techno-ambient sempre più rarefatta, tanto da scomodare il reverendo Aphex Twin per una collaborazione avvenuta durante le sue performance di Manchester e Copenaghen nel 2011. Un bel messaggio di stima quello che arriva dritto a tutta la nuova scena avant-guard che sgomita per avere visibilità in un territorio così devastato. Il nostro mini-focus, quindi, poteva partire da ambienti più conosciuti ed artisti che si destreggiano egregiamente tra Boiler Room e megafestival, ma per fortuna c’è di più, ci sono club come il K41 con la sua comunicazione atipica e la sua grande attenzione alle arti ed ai temi sociali e c’è, in generale, chi cerca i sentieri meno battuti e convenzionali. Siamo andati in quella direzione. Oggi andare sottoterra significa sfuggire agli attacchi dei missili e delle granate; vogliamo che il primo possibile “underground” torni ad essere una connotazione artistica.
Non c’è ordine, non c’è criterio, non ci sono favoritismi, si lascia al potere delle melodie la forza di narrare il presente.
Tineidae – Lights
Tineidae, all’anagrafe Pavlo Storonskyi: il suo è un frullato compulsivo in cui elementi che richiamano ad atmosfere ambient si incrociano a ritmi e strutture glitchy proiettandoci in una dimensione parallela. Quattro album all’attivo, con il suo primo che prende il nome di “Lights”, pubblicato nel 2012 ed uscito su Tympanik Audio.
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Sorrow Leads To Salvation – Million Years Of Sorrow
Da quelle latitudini non si fa certo fatica a osare e mischiare generi. Dietro il moniker Sorrow Leads To Salvation c’è Adam Maylov, un giovanotto dall’aspetto piuttosto nerd che dalle sue manopole assembla e costruisce sonorità che si intrecciano tra di loro con uno sguardo profondo a tutto ciò che è IDM, ambient e tappetoni lo-fi. L’album in questione si chiama “Million Years of Sorrow” ed è stato pubblicato nel 2013 per l’ucraina Ultra Vague Recording.
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Polygrim – Descent
Lui è Volodymyr Dzitsyuk. I più scaltri ci vedranno qualche richiamo sonoro alle produzioni musicali del più noto Four Tet, i bpm si abbassano e dalle sue tracce si ha la sensazione di un viaggio astratto tra melodie downtempo e un hip hop lo-fi. “Descent” è un album uscito nel 2016 su Synthemesc, etichetta fortemente improntata sul suono sintetico dei sintetizzatori con un occhio puntato sempre a nostalgiche atmosfere eighties.
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Ptakh_Jung – Black Period
Il duo nasce e risiede a Kiev, loro sono Anton Dehtiarov alle tastiere e Volodymyr Babushkin alla chitarra. Da queste parti il post-rock si amalgama alla perfezione ad elementi elettronici in un condensato perfetto che sfocia verso sonorità da film noire. L’album “Black Period” è la sola produzione che il duo ha all’attivo ed è stata pubblicata nel 2018 e autoprodotta.
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Heinali – Anthem
Lui è Oleg Shpudeiko, un sound engineer, con la passione per i videogiochi che lo ha portato nel 2016 alla composizione della colonna sonora di “Bound”, un viaggio senza sosta, consigliatissimo. Gli album pubblicati sono circa dieci, le tracce prodotte quasi non si contano per quante ne siano, tutte confezionate ad hoc in un involucro di ambient e astrazioni sonore di un’intimità unica. L’album scelto è “Anthem”, pubblicato nel 2017 ed uscito per l’inglese Injazero.