Vi presento i Riga: Martino Nencioni, Riccardo Pietroboni e Jacopo Barbaccia. Tutti e tre alle macchine e l’ultimo anche alla parte visuale. La prima volta che li sentii fu sull’aereo che mi portava al Sonar 2011. Dopo quel momento li ascoltai molte altre volte e andai a sentire diversi loro live. Solo dopo diverso tempo un amico mi disse che erano italiani e che vivevano nella città dove abitavo io. E’ passato molto tempo, loro hanno prodotto due album ed un EP. “Defmage” è uscito per la label Sangue Disken giusto un mesetto fa, io li ho contattati e ci siamo fatti due chiacchiere. Il trio è monco, manca Jacopo, ma gli argomenti sono parecchi e partono da una passione e arrivano alla voglia di mettersi continuamente in gioco, di azzardare e di non lasciarsi schiacciare dalle dinamiche di mercato.
“Defmage”. Me lo raccontate? Innazitutto il significato della parola che, immagino, sia inventata.
Martino: Be’, innanzitutto è il nostro terzo disco, però è il secondo album, per via del fatto che il primo era un EP. Poi, il significato della parola “Defmage” te lo spiega Riccardo.
Riccardo: E’ una parola che non esiste, è l’unione di due lemmi inglesi, “deaf” e “image”, dove Image ovviamente significa immagine, mentre Def abbraccia vari significati. Può essere inteso come Death, morte, quindi ‘immagine della morte’, però in slang americano può significare anche bellissimo e in quel caso l’associazione diventa ‘bellissima immagine di morte’. Infine Deaf sta per sordo e in questo caso il significato assume quello di un’immagine sorda, in dissolvenza. Un’immagine che sta spegnendosi inesorabilmente. Abbiamo voluto lavorare sul concetto della morte delle immagini, in qualche modo. Oltre al fatto che ci piaceva anche il suono della parola stessa.
Cosa c’è dietro il disco, prima dei suoni?
Riccardo: Non credo ci sia un concept preciso.
Martino: E’ la storia che racconta la strada delle nostre produzioni, le quali possono cambiare da un disco all’altro. Non studiamo degli storyboard per gli album. Andiamo a sensazioni, ad istinto. Non lavoriamo su di un concetto. Diciamo che è una cosa che esce abbastanza naturalmente. E’ comunque un suono scuro, dark, con quel genere di sperimentazioni che ci contraddistinguono.
Riccardo: Sì, è un disco che vuole evocare immaginari oscuri ed intensi a diventare quasi astratti.
Ma al di là del ‘concept-non concept’, ci sono delle differenze sonore rispetto ai lavori precedenti?
Martino: Be’ sì, sicuramente le strumentazioni. Noi, di base, utilizziamo sia l’analogico che il digitale e con “Defmage” abbiamo cambiato diverse macchine.
Riccardo: Comunque, nel complesso questo disco suona più diretto rispetto agli altri. In passato abbiamo talvolta inserito parti di sperimentazione pura quasi fine a se stessa. Questo è un lavoro più definito, meno astratto rispetto ai precedenti.
Avete molte macchine con cui componete?
Martino: Abbiamo diversi synth della Novation, delle Roland analogiche, diverse drum machine. Roba del genere.
Riccardo: Lavoriamo a strati tra digitale e analogico, poi tutto il mastering, ovviamente, è in digitale.
Martino: Abbiamo utilizzato molti campioni ambientali. Ad ogni modo, cerchiamo di non porci dei limiti se possibile.
Io sono un appassionato di Field Recording.
Martino: Guarda, non abbiamo dei luoghi precisi o delle mete studiate dove andare a prendere i suoni. Io ho un microfono della Zoom e me lo porto sempre dietro. Mi capita di registrare quando sono nei parchi oppure nei musei, per esempio.
Riccardo: Che poi il suono, in fase di produzione, viene talmente stravolto che quasi non si riconosce nemmeno rispetto alla sorgente. Anzi, spesso non si riconosce per niente.
Infatti me lo disse anche Neel durante un’intervista. Mi disse che non si ricordava nemmeno dove fosse andato a prendere quei suoni, perché li aveva cambiati completamente.
Riccardo: Ma ovvio, li ricampioni, li tagli, li trasformi in strumenti stessi e diventano nient’altro che altre tracce digitali.
Una cosa che mi ha colpito in tutti i vostri lavori è cura maniacale su tutti i fronti, che parte dal suono, al concept grafico, per finire alla sezione puramente visuale. Ho questa sensazione, mi sbaglio?
Riccardo: C’è da dire che tutte le cose che hai elencato sono ben distinte tra di loro. Per quanto riguarda il suono e quindi la composizione, noi partiamo da una singola armonia – da una cassa, un synth – la quale influenza poi l’intera traccia. La cura maniacale c’è, ma forse nell’ultimo disco si sente meno, nonostante probabilmente sia stata maggiore rispetto ai lavori precedenti. Questo perché, come ti dicevo prima, è più diretto.
Martino: Comunque sì, siamo abbastanza pignoli.
Riccardo: Pure troppo.
Martino: Infatti facciamo un disco ogni quattro anni. (ride)
Riccardo: Va beh, questo era pronto un anno fa comunque. Esce adesso perché abbiamo avuto diverse strane vicissitudini che ci hanno fatto perdere il controllo delle cose.
Immagino.
Riccardo: Comunque noi siamo velocissimi, poi una volta che finiamo ci perdiamo. (ride) Invece, per quanto riguarda la grafica siamo degli appassionati e ci siamo fatti sempre tutto a casa da soli, a parte con “Defmage”, dove abbiamo deciso di tirare in mezzo un’illustratrice molto brava.
Alessia Soncino. Devo dire che l’artwork è molto bello, effettivamente.
Martino: Sì. Lei, oltre ad essere bravissima, è anche molto giovane. Va ancora a scuola, da quanto ne so. Il contatto è arrivato tramite la nostra etichetta Sangue Disken che ha fatto da intermediario. Le è stato dato il disco e ha tirato fuori questo immaginario tridimensionale che ci ha colpito e convinto immediatamente.
Riccardo: L’idea era quella di avere qualcosa di grafico, ma illustrato.
Martino: E che non scoprisse subito cosa contenesse il disco, dato che spesso accade – soprattutto se si parla di elettronica – di guardare l’artwork ed intuire immediatamente di cosa si tratta. L’intenzione era quella di confondere un po’ anche a livello di genere. Nel senso che volevamo lasciare il dubbio sul fatto che si trattasse di elettronica oppure altro.
Avevo in mente una domanda per Jacopo, ma forse riuscite a rispondermi anche voi. Riguarda il videoclip della traccia ‘Void’. So che c’è un lavoro particolare dietro, l’ho letto da qualche parte, ma non c’ho capito un cazzo, perché si parla di cinematica e di membrane e di modi vibrazionali. Riuscite a spiegarmelo come se stesse parlando con gente comune?
(ridono)
Riccardo: Intendi come ha fatto Jacopo a realizzare il video? Più semplicemente ha utilizzato le oscillazioni che derivano dalla musica per creare un movimento dentro e attorno a dei corpi liquidi che ha filmato, poi ha editato il tutto con vari software.
Martino: Praticamente è acqua che si muove con delle vibrazioni audio filmata in determinati contesti e passata in post produzione.
Riccardo: ha lavorato sulle vibrazioni attraverso delle frequenze di una traccia, isolandole con un equalizzatore.
E’ acqua?
Martino: In realtà sono liquidi, alcuni più e altri meno densi.
Questo io non lo avevo capito. Pensavo fosse tutto digitale.
Martino: No, parte da una ripresa in HD e poi viene lavorato in digitale.
Riccardo: E’ un po’ come quella cosa che dicevamo rispetto ai suoni e i rumori ambientali: parti da un input analogico e poi ci lavori sopra fino a trasformarlo completamente e a renderlo irriconoscibile.
Ora tutto è più chiaro. Sentite, chi erano i Riga prima di diventare i Riga?
Riccardo: Arriviamo tutti da altri progetti. Io in particolare, quando ero più giovane – anzi quando ero giovane – suonavo la chitarra in una band hardcore metal. Quindi vengo da tutt’altro ambiente, però sono sempre stato convinto che quell’esperienza mi ha regalato cose che ora si riflettono anche sui Riga. Vedi l’aspetto distorto e oscuro delle nostre produzioni. Secondo me soprattutto nell’ultimo disco. Jacopo invece ha un passato nella techno trance. Martino non faceva un cazzo e non fa un cazzo nemmeno adesso. (ridono)
Martino: Non è vero, io da giovane sono stato in Inghilterra e avevo iniziato a suonicchiare come dj. Sono cresciuto musicalmente negli anni in cui stava crescendo l’IDM, veniva fuori la Warp e cose simili. Vivevo in Inghilterra negli anni novanta e quindi quella erano le cose che mi giravano intorno.
Riccardo: Devo dire che molte cose ce le ha insegnate proprio Martino. I Riga si sono formati nei prima anni 2000 e allora davvero pochissima gente andava in giro come noi con un certo tipo di elettronica e soprattutto portandosi dietro tutta la parte visuale. Dal 2007/2008 il progetto è diventato più maturo ed è coinciso con l’ingresso Jacopo. Il primo concerto dei Riga fu alla Cueva a Milano, nel 2002. C’era un altro ragazzo che faceva le visual e ricordo che c’era questa tenda tra noi e il pubblico sulla quale veniva proiettato. Era una cosa nuova per quei tempi. Quantomeno per Milano.
Come vi siete trovati in Italia a livello di live, oppure come si è trovata l’Italia nei vostri confronti? Che risposta vi ha dato?
Martino: Ci dicono tutti che dovremmo trasferirci all’estero, a causa del tipo di elettronica che facciamo.
Riccardo: In Italia è difficile proporre tutto. Io suono da quando ho sedici anni e quindi è veramente da tanto tempo che faccio live. Ho sempre fatto musica di nicchia ed è sempre stato difficile. Nonostante siano cambiati i contesti dagli anni novanta ad oggi.
Martino: Forse è aumentata la scena club rispetto a quella dei centri sociali.
Riccardo: Sì, ma non è cambiata la difficoltà a trovare spazi, a proporsi, prendere pubblico. Non sto dicendo niente di nuovo. Le problematiche sono sempre quelle da ormai troppo tempo.
Non pensate che comunque questo sia dovuto anche al fatto che avete sonorità troppo estere. Sto cercando di intendere la cosa attraverso il “mood italiano”, cosa che non vi appartiene. La prima volta che ho visto un vostro live, a scatola chiusa, finito tutto, ho pensato foste ‘stranieri’. Poi me lo hanno detto. Davvero. E’ anche vero che negli ultimi anni in Italia, le nuove leve stanno imparando ad avere sonorità più globali.
Riccardo: In effetti è così. Siamo noi che ce le andiamo a cercare. Dovremmo proporci altrove.
Martino: E’ comunque sempre difficile fare questo tipo di lavoro, constatando che noi per campare facciamo tutti e tre altri lavori, non dovrebbe nemmeno essere il nostro compito proporci, capisci?
Riccardo: Chiaramente anche all’estero non è tutto rose e fiori. Ce ne sono centinaia come noi. Detto questo, probabilmente avrebbe un po’ più di senso, questo si.
Avete mai pensato – e probabilmente lo fate – di adattare il vostro suono al dancefloor?
Martino: Guarda, nell’ultima data al Macao di Milano, durante la presentazione di “Defmage”, abbiamo impostato il live verso atmosfere più dance utilizzando di base i nostri suoni.
Riccardo: Diciamo che il cambiamento si sente proprio nel nuovo live che stiamo portando in giro, stiamo cercando di diventare un po’ più dritti. Più techno oriented, ecco.
Bene. con “Defmage” avete abbandonato l’etichetta torinese Chew-Z per entrare nella scuderia di Sangue Disken, label milanese che abbraccia svariati generi, andando dall’indie-pop, al black metal, passando dall’elettronica, al folk. Perché questa scelta?
Martino: Be’, innanzitutto Barnaba Ponchielli – fondatore di Sangue Disken – è un nostro caro amico da decenni, ma non solo per quello. Il realtà Chew-Z si è fermata temporaneamente e ha deciso di non far uscire altre release, allora ci siamo guardati in giro, abbiamo parlato con Barnaba e ci siamo trovati d’accordo su diverse cose.
Riccardo: Sì, diciamo anche che ci piaceva il fatto che non fosse solo una label di musica elettronica e allora ci siamo detti ‘vediamo se funziona.’
E sta funzionando?
Riccardo: Mah per ora no, dato che l’album è pronto da un anno e sta uscendo solo ora (ride). A parte gli scherzi si, nonostante sia presto per tirare le somme, non possiamo dire che ci troviamo male.
Martino so che hai anche progetti paralleli, vero?
Martino: Sì, uno si chiama Martino Mencioni ed uscito questa primavera per la 51Beats con un album orientato verso la techno e l’altro è Fanciulli Goom, sempre sotto 51Beats, ed un progetto sperimentale tutto in analogico. Suono i modulari.
Ultima cosa banale, ma che, per quanto vi riguarda, non è poi così banale, considerando la cadenza con la quale pubblicate i vostri lavori: progetti futuri?
(ridono)
Riccardo: Va beh dai, ma ogni tre anni non è così drammatico.
Era per dire che, immagino vi stiate focalizzando su “Defmage” per ora.
Riccardo: Più che altro sulla preparazione del live, sperando di portarlo un po’ giro.
Martino: Quando faremo qualcosa di nuovo, chissà quando, ti avviseremo. (ride)
Riccardo: Magari presto. Chi può saperlo. In realtà abbiamo una mezza intenzione di fare un disco di remix o un altro EP, nel breve. Questo ‘nel breve’ prendilo con le pinze, mi raccomando, dato che questa cosa l’abbiamo già detta tre anni fa.