Eppure si muove. Sì, perché un’accusa a lungo ripetuta nei confronti della sfera del clubbing è sempre stata quella de “Non si è in grado di organizzarsi, non si fa fronte comune, ognuno pensa ai cazzi suoi”. Un’accusa non campata in aria, perché storicamente parliamo di un settore di self made man, che si sono “inventati” dal nulla una nicchia, un interesse, una struttura, una nuova forma di intrattenimento, qualcosa in grado di muovere numeri ed economie seri senza però essere mai stato validato prima (e nemmeno durante, se è per questo…) dal mainstream. Quando sei in questa posizione, ci sta che arrivi a pensare “Ma vaffanculo, mi sono costruito tutto da solo, senza strade spianate, senza contributi, senza aiuti, perché dovrei perdere tempo in vecchi riti, associazionismi sterili e cose del genere? E’ roba del passato…”.
Poi però arriva l’imprevedibile: una pandemia globale, a piallare tutto. E a far scoprire che si è ancora più deboli di quello che già si era (perché sì, lo si era: arriviamo da un declino di lunga data, rispetto agli anni d’oro delle discoteche anni ’90 e del ballo), e si è completamente indifesi di fronte alle istituzioni, al sistema di tutele, al riconoscimento pubblico. Tutte cose di cui ora c’è oggettivamente bisogno, dopo che per anni è stato visto come fumo negli occhi: per l’incapacità della istituzioni di capire la “nostra” cultura, i “nostri” gusti, le “nostre” abitudini; per la tendenza a non aiutare mai ma solo a reprimere quando faceva comodo blandire l’opinione pubblica più retrograda; e anche perché, diciamolo, in molti casi tenersi lontano dalle istituzioni era il modo migliore per fare un sacco di “nero” ed aumentare i guadagni.
Mentre musicisti, attori, scenografi, orchestrali, costumisti, eccetera eccetera sono orma debitamente riconosciuti (anche se non per questo debitamente tutelati o premiati), la figura del dj è ancora troppo spesso visto come quella di saltimbanco dopolavorista, in primis dall’impianto legislativo del settore dello spettacolo
Nella sfiga, nel dramma di molte persone che non guadagnano nulla da marzo (e non parliamo solo di proprietari, promoter ed artisti, pensiamo anche all’indotto), e nel dramma ancora più grande di una situazione sanitaria che è serissima se non tragica per tutti, ora se non altro c’è l’occasione di ripartire da zero e ripensare tutto. In maniera più sana, più equilibrata, diventando finalmente “adulti” ed accettando (anzi: desiderando) di essere riconosciuti non come giovani cazzeggiatori avventuristi, ma come gente con una storia, un mestiere, una professionalità.
Oggi sabato 21 novembre alle 16:15, su invito della Milano Music Week, ci sarà un panel che tenterà di tracciare un punto su tutto questo, e lo farò con un focus ben preciso, altamente simbolico: la figura del dj. Mentre musicisti, attori, scenografi, orchestrali, costumisti, eccetera eccetera sono orma debitamente riconosciuti (anche se non per questo debitamente tutelati o premiati), la figura del dj è ancora troppo spesso visto come quella di saltimbanco dopolavorista, in primis dall’impianto legislativo del settore dello spettacolo. Una situazione non più sostenibile, non più saggia, non più corretta. Una situazione in cui ci perdono tutti: lo Stato, che non “inquadra” la punta dell’iceberg di un settore che produce economie ed innovazione; il dj, che è un “invisibile” agli occhi del welfare state; il pubblico di appassionati, che è ancora trattato come se fosse appassionato di una “cazzata”, mentre cinema, teatri e concerti sì che sono robe serie.
Il percorso per arrivare ad un riconoscimento e ad un salto di qualità è complicato. Ci sono mille domande e mille problemi da mettere in campo. Ma in questi mesi c’è stato comunque uno sforzo intensificato per venirne a capo, esattamente come per temi anche più ampi che riguardano promoter, proprietari di club, produttori di festival, grazie all’impegno di sigle storiche e/o neonate come A-Dj, CFC, Club Cultura: quindi sì, eppure si muove. Un primo punto su questi movimento sarà fatto nel panel di oggi, che potrete seguire qui. Oltre ai signori che vedete rappresentati nell’immagine sopra, e-flyer dell’evento (quindi Ralf, Claudio Coccoluto, Lele Sacchi, Deborah De Angelis, Marco Sanseverino e chi vi scrive queste righe a fare da moderatore) ci sarà salvo intoppi anche un importante, importantissimo ospite a sorpresa: uno dei dj più popolari al mondo, italiano, e della nuova generazione. Perché è un problema che riguarda tutti: giovani e vecchi, famosi e meno famosi. E riguarda, in generale, chiunque ami questa musica e questa cultura.
Update: ecco com’è andata – Milano Music Week ha messo a disposizione di tutti la registrazione dell’incontro.