Ne è passato di tempo. Eppure era solo un anno fa: iniziava il countdown verso l’edizione numero otto di roBOt, non vedevamo tutti l’ora, si presentava come una edizione spettacolare, la line up era notevolissimissima e avevamo imparato a conoscerla per bene, anche perché gli annunci erano stati scaglionati bene nel tempo, iniziando in pratica ancora prima dell’estate. Ricordate? Accidenti se di tempo ne è passato. Perché poi roBOt 08 è andato così, ha generato dei dissesti finanziari che poi hanno fatto scoppiare questo caso qui, e per molto tempo ci si è chiesti se mai ci sarebbe stato un roBOt 09.
Per molto tempo? Per moltissimo. Praticamente fino a pochi giorni fa. Anzi, volendo fino a ieri, fino a quando cioè non è stata finalmente annunciata la prima tranche di line up (ne seguirà un’altra, ma il taglio e il calibro dei nomi dovrebbe essere più o meno simile, magari giusto un paio di colpi più “danzettari”). C’è della roba molto, molto interessante: in primis l’ottimo Rabih Beaini (anche se la sua collaborazione con Vincent Moon è una delle cose meno convincenti in cui si sia mai cimentato, a nostro modo di vedere), o un grande e rigoroso Dj Stingray, o l’interessante ed emergente protetta radioslaveiana Peggy Gou, o Aurora Halal, o Beatrice Dillon, o quella cosa potenzialmente interessantissima che è la collaborazione fra i Dewey Dell (fenomenali) e Massimo Pupillo degli Zu. Insomma, questa prima infornata di nomi è saporita. Nulla da dire. Assemblata con gusto e competenza ben sopra la media.
Dopodiché ora è definitivamente chiaro: roBOt 09 non ha nulla, ma proprio nulla in comune con roBOt 08. C’è stata una cesura pesante. Un trauma. Chiamarlo “reboot”, come si fa nel manifesto di questa edizione (peraltro ben scritto e ben pensato) è un modo un po’ per minimizzare le cose. Forse troppo? Perché sono cose che parlano di una grande avventura in costante crescita che ha subito l’anno scorso una devastante battuta d’arresto, con tanto di artisti e forze lavoro pagati solo la metà o giù di lì (e forse qualcuno avanza ancora tutti i soldi), “…o così o forse i soldi non li vedrete mai”. Simpatico? Per nulla. Proprio per nulla.
Ma la soluzione non è sperare che roBOt non ci sia più. La soluzione non è scagliarsi, come hanno fatto molti sui social, contro il marchio e le persone che lo detengono – tra l’altro facendolo prima ancora di sapere quale sarebbe stata la line up, della serie “Tu non devi esistere e basta, tu roBOt devi morire, anzi, tu sei morto” (particolare curioso: questa posizione è patrimonio per gran parte di persone che non avanzano nulla dal festival, mentre chi invece col festival c’ha lavorato e s’è trovato annullato o decurtato gli stipendi è per lo più favorevole alla sopravvivenza di roBOt con le stesse persone a guidarlo – e questa cosa dovrebbe far riflettere).
La soluzione però non è nemmeno fare finta di nulla, e andare solo con le pacche d’incoraggiamento, gli applausi e gli “olé” del pubblico, bravi-bene-bis. Quest’anno roBOt è indubbiamente sotto osservazione. Non gli si regalerà nulla. Se un tempo bastava fare 10, ora si deve fare 20: e avendo però un decimo delle risorse dell’anno prima. Bisogna essere in grado di ricreare un’atmosfera di festa ed entusiasmo ma anche di ricerca e sfida artistica non potendo tuttavia più contare sui nomi più grandi (e costosi). E’ tutto molto più difficile. D’altro canto, l’anno scorso si è giocato con troppa imprudenza sulla pelle dei lavoratori, facendo una scommessa che – una volta persa – si è rivelata insostenibile nella sua interezza.
Quindi sì, ci piacerebbe che quest’anno tutti si approcciassero a roBOt, da quelli che pagano per vederne i set a quelli che semplicemente commentano sul web, non con la falce da hater e da tristo mietitore che vuole morte e solo morte, no, ma nemmeno col vestito da unicorno arcobaleno per cui tutto è buono e tutto è bello. C’è stata dell’irresponsabilità, nel comportamento l’anno scorso dei robotiani, e la cosa non può passare in giudicato come nulla fosse. Ma non vale nemmeno una condanna all’ergastolo morale e lavorativo, come un po’ di giustizialisti del clubbing e dell’intrattenimento culturale pretendono, beati loro. Chiaro: i crediti nei loro confronti si sono ridotti, ogni passo sarà valutato, non saranno più accettate recidive nel (non) mantenere i patti. Perché errare è umano, perseverare puzza di zolfo e di patacca.