Ottobre è, di regola, il mese che, per quello che riguarda la nightlife cittadina, segna l’inizio della stagione invernale. Quando le ferie sono ormai un ricordo – quasi – lontano, il cambio armadi è nell’aria e la testa è già proiettata verso l’anno che verrà, tutto si allinea e si rimette in moto. Per i bolognesi, però, ottobre è stato, per otto bellissimi anni, sinonimo di festival e di musica di qualità. Il primo weekend del mese è sempre stato atteso con una certa trepidazione e quante volte abbiamo esclamato: “Oh finalmente c’è il roBOt, andiamo!”.
Così fino a due anni fa, quando la corsa di questo festival amato non solo dai felsinei, ha subito una brusca frenata. Il lunedì dopo roBOt 08, (ne scrivemmo qui se volete rinfrescarvi un po’ la memoria), Bologna si è svegliata diversa: noi di casa già sapevamo che qualcosa era cambiato e che da quel giorno in poi saremo stati tutti un po’ più poveri, consci che quella appena conclusa tutto poteva definirsi, meno che un’edizione riuscita bene. E infatti, gli strascichi non mancarono.
L’estate seguente infatti non ci sono state comunicazioni di alcun genere: abitudine voleva che già a giugno ci fossero i primi rumors riguardo ciò che sarebbe successo l’ottobre seguente tra Palazzo Re Enzo e la Fiera, ma quell’estate tutto tacque. Fino a che timidamente non comparve, a settembre inoltrato, un evento Facebook che lasciava intuire che qualcosa sarebbe accaduto, che roBOt ci sarebbe comunque stato, sebbene in forma ridotta. Anche se la magia si era ormai dissolta un anno prima tra i padiglioni della Fiera di Bologna, noi, che quel festival l’abbiamo visto nascere, crescere e diventare grande, non ce lo saremmo perso per nulla al mondo e così, con un sentimento più simile alla malinconia che all’euforia, ci siamo preparati a varcare i cancelli dell’Ospedale dei Bastardini prima e del Cassero poi per prendere parte alla nona puntata di roBOt Festival.
In seguito ve ne parlammo, vi raccontammo le nostre impressioni, di come per noi –
inguaribili romantici – fu in parte come un doccia fredda: il roBOt dei grandi balli, degli sciami di gente e dei braccialetti elettronici non c’era più. Capita, tutto ha un inizio e una fine e certo avremmo preferito continuare a vedere la nostra bella Bologna colorarsi di musica e persone accorse da ogni parte d’Italia ancora per un bel po’, ma come si suol dire “shit happens” e anche se fa male un bel po’, bisogna guardare avanti e cercare di essere positivi nonostante gli errori commessi in passato.
Anche se qualche volta è difficile non farsi prendere da un velo di tristezza, bisogna rimanere focalizzati sul punto chiave della questione: Bologna ha bisogno del suo festival, o quantomeno di un evento che sia in grado di colmare il vuoto che roBOt ha lasciato e allora, anziché piangere e contrarre la bocca verso il basso, da un sentimento negativo si può trarre uno spunto e trovare vigore. Un vigore capace di riportare Ricardo Villalobos tra i muri di cemento del Link, che ci restituisce una festa vecchio stile, come quelle prima che roBOt si trasferisse nei grandi spazi di via Michelino. Sabato 7 ottobre via Fantoni si colora di nuovo di tutte le sfumature che il festival felsineo ha sempre donato alla città e a fianco del cileno, vedremo in consolle anche la chiacchieratissima tedesca Dana Ruh e il connazionale Digby.
Una notte per ricordare ciò che è stato e per non lasciarci completamente orfani del nostro consueto appuntamento autunnale. Una lineup d’eccezione studiata per accompagnarci in un nostalgico viaggio dal tramonto all’alba, perché le cose belle, quando lo sono veramente, non devono andare perse del tutto. E magari possono pure ritornare: nuove, diverse, più strane, magari addirittura più belle. La cosa fondamentale è non arrendersi, continuare ad esserci, a fare, a proporre. E come passo da compiere, portare Ricardo potrebbe davvero essere cosa buona e giusta.