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[tab title=”Italiano”]Forse è un caso, ma la musica dei To Rococo Rot è profondamente vicina al concetto di palindromo. Non che facendo girare i loro dischi al contrario escano gli stessi suoni del verso corretto (almeno che io sappia), ma è omogenea e circolare da ogni parte la si guardi, è dinamica, ma di una dinamicità dove sono lente climax ascendenti e discendenti a farla da padrone. Attraverso le scelte di Stefan Schneider, Robert e Ronald Lippok avantgarde, krautrock, sperimentazione, post-rock e leftfield si intrecciano nella musica dei To Rococo Rot da ormai circa venti anni, concretizzandosi in album che non sarebbe male avere nelle collezioni personali di casa. “Veiculo” e “The Amateur View” rilasciati dalla City Slang o “Hotel Morgen” e “Speculation” pubblicati sulla Domino ne sono un esempio. L’ultimo album, “Instrument”, uscito qualche settimana fa sulla City Slang è un ulteriore passo in avanti, un nuovo tassello nella graduale e perenne evoluzione del trio che vanta inoltre una preziosa collaborazione con Arto Lindsay. Abbiamo scambiato qualche parola con Stefan Schneider su questo ultimo lavoro e su alcuni aspetti di “suono e storia to rococo rot”.
“L’incontro” fra Robert e Ronald Lippok è ovvio, ma fra i fratelli Lippok e te?
Ho conosciuto Robert per la prima volta nel 1995 in un club di Berlino chiamato “Mutzek”. Ero lì per suonare con i Kreidler e Robert, con il suo solo set, faceva parte del programma della serata. Andò veramente bene, c’era una bella atmosfera molto in linea con il vibe della Berlino anni novanta. L’attrezzatura e l’organizzazione non erano delle migliori ma la situazione era veramente sincera, vera. La struttura era una macelleria, era stata convertita in spazio espositivo dalla gente che ci aveva invitato a suonare.
“To Rococo Rot”, da un’esposizione in una galleria d’arte berlinese dove per la prima volta vi siete esibiti. Da lì il resto. Su cosa era incentrata quell’esposizione? Qual è il significato cui si richiama il palindromo?
Qualche mese dopo il concerto di cui ti dicevo Robert mi ha dato un colpo di telefono chiedendomi se avevo voglia di registrare con lui e suo fratello Ronald un EP dodici pollici che sarebbe dovuto diventare un supporto audio per la loro esibizione alla “Galerie Weisser Elefant”. Poiché io non ero coinvolto nell’esposizione non sapevo nulla neanche del suo tema. Robert mi disse giusto qualche cosa poco prima del nostro incontro a Berlino nel 1995. Quando arrivai in città per lavorare all’EP, ricordo che Robert e Ronald mi fecero fare un lungo giro nel loro quartiere. Era veramente splendido, così come la città stessa, che a quel tempo non aveva nulla a che fare con nessun’altra città tedesca. Tornando a quanto dicevamo, la mostra era per di più basata su piattaforme girevoli. C’erano una serie di dubplate con su incisa la musica di Robert e Ronald che girava su dei giradischi. Non erano esattamente dei giradischi, o meglio funzionavano esattamente come tali ma la rotazione era data da un trapano e quindi potevano girare in entrambi i versi. E’ proprio da qui che viene l’idea del palindromo, da questi oggetti a movimenti multidirezionali. Da quanto ricordo, nello specifico “to rococo rot” è stato presa da un libro di palindromi di Ronald. Sulla copertina dell’album che facemmo per l’occasione scrivemmo “to rococo rot” come titolo, ma era più che altro un riferimento alla mostra in sé. Poiché l’idea di base non era creare una band, ma semplicemente scrivere dei pezzi per l’occasione, sempre sulla copertina abbiamo lasciato anche i nostri singoli nomi. La gente però, a quanto pare, scambiò il titolo con il nome del trio e lo iniziò ad usare. Poi, sarò sincero, non mi piaceva neanche tanto, era troppo complicato. Fino al 1997 ho spesso cercato di evitare quel nome perché andava sempre a finire che la gente mi chiedeva per cinque volta di fila di ripetere cosa avessi detto. Così, invece di dire “suono con i to rococo rot”, ero solito dire “suono con due ragazzi di Berlino”. Visto che la registrazione di quello che poi sarebbe diventato il nostro primo album era avvenuta in un’atmosfera veramente piacevole, prendemmo in considerazione l’opzione di continuare a lavorare assieme. I primi due show che facemmo furono qualche mese dopo, in occasione dell’uscita del disco (primo album in assoluto pubblicato dalla Kitty-go). Iniziammo questa serie di date proprio con uno show alla Galerie Weisser Elefant, fu anche piuttosto terribile da quello che ricordo. Il giorno dopo suonammo in un piccolo chiosco vicino Volksbühne: qui l’atmosfera era ottima invece, improvvisammo molto. Ad ogni modo i primi due anni furono decisamente di sperimentazione, abbiamo avuto bisogno di tempo prima di riuscire a costruire (spero) uno show decente.
A differenza di molti artisti degli ultimi decenni, la vostra musica è stata sempre molto lineare. Certo, cambia, si evolve, aggiunge o toglie di volta in volta qualcosa, ma sempre in maniera molto armonica, senza mai grandi rotture con il passato. Come mai? E’ una scelta o una cosa che viene da sé?
Sin dall’inizio della nostra collaborazione tutto ciò che abbiamo fatto è derivato da processi graduali. Non riesco proprio ad immaginare qualcosa che venga da una forzatura — forse l’unica eccezione è stato il disco “Hotel Morgen”, che è stato scritto in circostanze abbastanza negative. Il modo in cui suoniamo insieme è basato in realtà sulla fiducia che ognuno di noi ha verso la voglia di contribuire degli altri. Siamo musicisti sì, ma autodidatti, lavoriamo come dei semplici appassionati. Non abbiamo avuto mai troppo interesse né per strutture complesse né per virtuosismi tecnici. Possiamo solo fare ciò che vogliamo fare, senza grandi elucubrazioni. In quanto membro dei Kreidler ho registrato anche con Klaus Dinger (Klaus dei “Neu!”, le origini dei Kraftwerk) e ricordo che lui era solito ripetere che voleva una musica che continuasse ad evolvere, protesa in avanti e in avanti, e poi ancora più avanti. Un crescendo. Il brano “Für immer” (“for ever”) dell’album “Neu! 2” fa riferimento proprio a quest’idea. Tutto ciò mi ha veramente appassionato, sono sempre stato abbastanza interessato a suoni con un certo corpo e durata. Prima di iniziare a suonare uno strumento potevo rimanere veramente affascinato dal ronzio continuo di un frigorifero o da quello dei cavi elettrici passanti fra i tralicci delle campagne. Mi ha sempre incuriosito la musica che non cambia molto in termini di dinamicità, da Hildegard Von Bingen ai Neu!, dai T. Rex a King Tubby.
Può essere che lasciate altri aspetti delle vostre singole personalità musicali ai vostri progetti solisti, mantenendo così più integre e lineari le costruzioni dei To Rococo Rot?
Effettivamente devo ammettere che sono alquanto felice del fatto che i nostri progetti solisti (anche Tarwater, che è una band) differiscono molto da ciò che facciamo assieme sotto il nome To Rococo Rot. Ognuno di noi tre è diventato un artista seguendo anche la propria strada. Quando ho iniziato il progetto “Mapstation” nel 1999 ho avuto l’opportunità di familiarizzare di più con attrezzature elettroniche. Tutto ciò che usciva come Mapstation era fatto lavorando su un’unica macchina, la Super Bass Station della Novation. Sono decisamente rimasto affascinato dalla possibilità di relegare un artista ad un solo strumento elettronico. Ad esempio, ascoltando il primo disco dei New Order senti di fatto 4 persone suonare, e senti singolarmente ognuno di loro. Nei dischi successivi, invece, il prodotto finale è talmente lavorato e rilavorato che non puoi essere del tutto sicuro che siano quattro invece di quattrocento. Successivamente ho lavorato anche con Joachim Roedelius (del duo Cluster) o Bill Weells, ad esempio, e ho continuato ha familiarizzare sempre più con quei tipi di suoni e con il processo di missaggio ovviamente. Penso che i To Rococo Rot abbiano beneficato in qualche modo anche della conoscenza che ho acquisito in questi altri progetti. “The Amateur View” è stato il primo album in cui sono stato in grado di contribuire con dei sintetizzatori. “ABC 123” poi è stato fatto praticamente tutto con dei software e, fra i nostri dischi, è uno di quelli che preferisco.
Ecco appunto, immagino che un artista, al contrario di un ascoltatore, riesca con più difficoltà ad ancorarsi ad un solo album del passato. Ad ogni modo, c’è un disco che a tuo parere rappresenta in sé, meglio degli altri, l’essenza della musica dei To Rococo Rot?
Sì, effettivamente se mi chiedi quale sia il mio album preferito dei To Rococo Rot mi risulta abbastanza difficile risponderti, ognuno è connesso a qualcosa del periodo in cui lo abbiamo fatto. “Veiculo” è stato il secondo album ed anche solo per questo è una produzione speciale. E’ stato anche il primo album che abbiamo pubblicato sulla City Slang fra l’altro. Il nostro debutto era stato sulla Kitty-Yo ed era andato anche piuttosto bene, inoltre poco dopo l’etichetta fece un grande salto in avanti in termini di popolarità. Noi invece decidemmo di passare alla City Slang, scelta che fu piuttosto combattuta. Nel momento in cui finimmo “Veiculo” ormai era fatta, avevamo dimostrato che non eravamo un trio da un uscita e via. “Speculation”, che invece è stata la nostra seconda uscita sulla Domino, è stato splendido da fare proprio per le modalità classiche con cui è nato. Intorno al 2008 ci eravamo stancati di suonare sempre cose vecchie durante i live, così decidemmo di andare in una sala prove per creare un nuovo set. Ci sarebbe stato un piccolo tour in Scozia di lì a poco e avevamo deciso di suonare solo cose nuove. Pianificammo di sviluppare circa 12 nuovi brani nel giro di pochi giorni. Suonare cose assolutamente non familiari è veramente rigenerante e liberatorio. Finito il tour ricevemmo un invito per registrare al Faust Studio in un piccolo villaggio vicino Stuttgart (non il “leggendario” Faust Studio degli anni ’70). Visto che ormai avevamo familiarizzato con i brani, bastò perlopiù suonarli uno dopo l’altro come fossimo sul palco per registrarli. Fu pura piacevolezza incidere quell’album, zero sforzo. “Bells”, “Away” e “Fridays” sono fra le tracce più entusiasmanti che abbiamo mai fatto a mio parere. “ABC 123”, invece, fu un disco che usci dopo ben tre anni di pausa. Inizialmente era stato concepito per essere la colonna sonora per un docufilm sul carattere tipografico Helvetica [che quell’anno compieva 50 anni, ndr]. Dopo la commissione del lavoro iniziamo a lavorare al progetto, ma non avemmo più notizie da loro. Ciò che contava veramente, però, era che quel docufilm ci aveva fatto tornare tutti e tre insieme, pronti a lavorare di nuovo. Alla fine, come avrai già intuito, quella colonna sonora divenne l’album ABC123. Il periodo successivo è stato una vera sfida perché abbiamo deciso di lasciare da parte la batteria di Ronalds ed il mio basso, che assieme hanno da sempre costituito la firma dei To Rococo Rot. Forse avrei preferito continuare per più tempo lungo quel percorso.
Ho letto che per i vostri album passati non avete usato veri e propri studi di registrazione ma perlopiù spazi da voi temporaneamente adibiti a studi. A tuo parere questa sorta di nomadismo incide in qualche modo anche sulla vostra musica, sui vostri album?
Penso che questo attitudine nomade di cui spesso si parla sia alquanto sopravvalutata, non so perché giri questa voce. In realtà abbiamo lavorato in classici studi di registrazione per la maggior parte dei nostri album. “Amateur View” e “Hotel Morgen” sono stati registrati all’Electric Avenue, lo studio di Tobias Levin ad Amburgo. “ABC 123” in quello di Bernd Jestrams a Berlino. “Specultaion” al Faust e “Instruments” sempre a Berlino, ma al Low Swing studio. Anche se effettivamente, alla fine degli anni ’90, abbiamo fatto molti remix proprio mentre eravamo in giro. Eravamo così impegnati con gli show che era veramente difficile lasciare tutto per fare remix, colonne sonore etc. Robert andava forte con Logic, così registravamo nelle stanze di albergo dopo i sound check e testavamo la qualità direttamente sugli impianti dei club. In fin dei conti non era per niente un brutto modo di produrre musica.
E per quanto riguarda il vostro ultimo lavoro “Instrument”, invece? Come mai per la prima volta in venti anni avete inserito una voce? Inoltre non una voce comune, ma quella di Arto Lindsay. Come mai avete pensato proprio a lui?
Instrument. Prima di andare a Berlino per registrare, al Low Swing studio di Guy Sternberg, abbiamo avuto molte occasioni per provare, spalmate su circa due anni. Credo che abbiamo iniziato a sviluppare nuovo materiale subito dopo aver finito il tour di “Speculation”. Volevamo il successivo album il prima possibile, non un’altra volta dopo quattro anni. Ci è voluto tempo prima di inquadrare qualcosa che fosse interessante per tutti e tre. Inoltre, il nostro contratto con la Domino era scaduto nel 2011. Proprio nello stesso periodo avevamo iniziato a lavorare alla compilation “Rock Road” e quindi ad andare a ripescare brani registrati negli anni ’90, cosa che ci tolse molto tempo. Da aggiungere poi che riuscire ad avere ognuno di noi tre completamente concentrato solo sul nuovo album non è stata una cosa facile, eravamo tutti occupati anche con altro inizialmente. L’idea di includere Arto nell’album è stata di Ronalds. Sugli album precedenti avevamo avuto l’occasione di lavorare con altri fantastici musicisti come Alexander Balanescu e I – Sound in “Music is Hungry Ghost”, Move D su “Veiculo” o Joachim Irmler (Faust) su “Speculation”, ma non avevamo mai lavorato con una voce. Come di solito accade, l’idea di invitare un cantante anche in questo caso non è stata dettata da ragioni di tipo concettuale. Probabilmente era semplicemente qualcosa che era già nell’aria. Non appena Ronalds ha menzionato Arto come possibile opzione, tutti e tre sapevamo che sarebbe stato perfetto, nonostante non eravamo di certo familiari con tutta la sua discografia. Un paio di anni fa venne ad assistere ad un nostro show a New York, quindi sapevamo che anche lui, quantomeno un po’, sapeva cosa facessimo. Sapevamo inoltre che avevamo bisogno di una voce con un certo carattere, ma allo stesso tempo non una di quelle che trasformano tutto il resto del brano in musica di fondo. Trovare qualcuno in grado di raggiungere questo compromesso, questo giusto equilibrio, non è cosa facile, ma le registrazioni per il disco sono andate ottimamente. Inoltre mi piace molto il fatto che dal modo in cui canta si sente che è un autodidatta; si capisce che canta esattamente quello che sente, il fatto che poi ci sia qualcuno che possa soffermarsi a pensare se sia un buon cantante o meno non è assolutamente di alcuna rilevanza. Arrivato in studio ha iniziato a lavorare ai testi da qualche appunto che aveva, semplicemente mettendosi lì ad ascoltare la musica. Scelse tre brani fra i cinque o sei che gli facemmo ascoltare. Ogni singola parola dei testi è stata scritta da lui. Mentre ascoltava i brani si canticchiava una melodia e da quella si metteva a scrivere sui suoi pezzi di carta. E’ stata un processo delicato, da alcune melodie guida si è costruito dei componimenti scritti e da quelli si è poi costruito nuove melodie. Infine, il quarto giorno di registrazioni, improvvisammo molto e “Sunrise” è un estratto di quella session.
I To Rococo Rot da sempre sono attenti e curiosi verso le nuove strumentazioni. Ricordo ad esempio quando ad un vostro concerto vidi per la prima volta un Tenori-On in azione. Era ormai molti anni fa, rimasi alquanto incantato davanti a tutte quelle lucine. Continuate ancora ad usarlo o fa parte di un era ormai superata?
Penso che ognuno di noi abbia un approccio molto diverso dagli altri per ciò che riguarda la tecnologia. Ronald è solito usare cose semplici, come la SP 404. Ha fatto anche cose molto belle con una vecchia tastiera digitale Yamaha (VSS 30, forse?) che poteva suonare solo un sample alla volta ma con varie altezze. Ha fatto grandi cose con quella macchina. Penso che la metà delle tracce di “Veiculo” sono state fatte con la VSS 30. Quella Yamaha inoltre non salvava nessun sample, quindi doveva registrarli ogni volta sul momento. Robert invece è certamente una persona che abbraccia ben volentieri ogni tipo di nuova tecnologia, non importa se si tratta di una nuova versione di Ableton, una nuova carta di credito, l’ultima app o l’ultimo Mac. Penso di non sbagliarmi dicendo che sono stato introdotto a molte nuove strumentazioni elettroniche proprio grazie alla sua curiosità. Il Tenori-on gli fu dato direttamente dalla Yamaha nel 2008 e contestualmente fece un tour mondiale con i Mouse on Mars e Jim O’Rourke per promuoverlo. A questo tour promozionale partecipammo, come To Rococo Rot, a sole tre date: Francoforte, Berlino e Tokyo. Personalmente ho apprezzato fin da subito il Tenori-on, mi sapeva veramente di nuovo, un concept rivoluzionario all’epoca; di facile accesso e senza tastiera, e proprio per questo non era necessario sapessi suonare il pianoforte per usarlo, al contrario di molte strumentazioni elettroniche attuali che di base fanno spesso riferimento ad un software che simula il funzionamento di un piano. Per questo mi è sempre piaciuto, proprio per il suo carattere sperimentale — anche se non l’ho mai suonato in prima persona. Immagino, inoltre, che Robert abbia apprezzato molto anche l’aspetto estetico. Effettivamente, soprattutto all’inizio, ogni volta che lo suonava vedevamo il pubblico rimanere incantato davanti alle luci del display.
E per quanto riguarda le tecnologie da voi usate al momento?
Si tratta perlopiù di sintetizzatori analogici, come il già citato Bass Station della Novation o l’X-Base della Jomox. In “Amateur view”, “Music is a hungry ghost” e “Abc 123” ho lavorato al lato elettronico con Robert, anche se anche Ronald ha contribuito a sviluppare i loop. Successivamente, da “Speculation” in poi, abbiamo deciso di concentrarci ognuno su uno strumento. Quindi perlopiù batteria (Ronald), basso (Stefan) ed elettronica (Robert), divisione dei ruoli che ci permette con maggior semplicità di suonare live quello che creiamo in studio. A volte può essere più veloce suonare direttamente piuttosto che programmare. Entrambe le cose sono divertenti![/tab]
[tab title=”English”]Maybe it’s a coincidence, but the music of To Rococo Rot is deeply close to the concept of “palindrome”. I don’t think that by spinning their records in the wrong way you can listen to the same things, but their sound is smooth, homogeneous and circular on every side you look at it, it is dynamic, but a dynamic made of ascending and descending climax. Through the choices of Stefan Schneider, Robert and Ronald Lippok avantgarde, krautrock, experimental, post-rock and leftfield are intertwined in the music of To Rococo Rot for the past twenty years, creating albums that you should have in your personal collections. “Veiculo” and “The Amateur View” released by City Slang or “Hotel Morgen” and “Speculation” published on Domino are an example. Their latest album, “Instrument”, which was released a few weeks ago on City Slang, is a further step forward, a new step in the gradual and continuous evolution of the trio that also boasts a valuable collaboration with Arto Lindsay. We exchanged few words with Stefan Schneider on this latest work and on some aspects about sound and story of To Rococo Rot.
“The meeting” between Robert and Ronald is obvious, but what about the one between Lippok brothers and you?
I have met Robert for the first ever time in april 1995 in a club in east Berlin which was called “Mutzek”. We played a show there with Kreidler and Robert did play a solo set as another act on the bill. The evening was really nice, very much mid- nineties Berlin vibe. Everything at the place was quite low key in terms of equipment and organisation but really heartfelt. The venue used to serve as a butchery and was converted to an exhibition space by the people who had invited us to play there.
“To Rococo Rot”, the name of an exhibition held in a Berlin gallery where you first played. From there your name. What was the theme of that exhibition? What is the meaning of this palindrome and so of the trio’s name?
A few months after the concert Robert gave me a call asking if i could imagine to record with him and his brother Ronald a 12″ EP which was supposed to become an audio document for their exhibtion at “Galerie Weisser Elefant “. Since i was not involved in this exhibtion i did not know anything about its title. Robert did just tell me a very few things about it in beforehand of our meeting in Berlin in september 95. After i had arrived in Berlin to be working on this EP, Robert and Ronald did show me around in their neighbourhood which was really wonderful as the place back then was so unlike any other city in Germany. The exhibition itself consisted mostly of turntable objects. There were dubplates with music recorded by Robert and Ronald placed on those turntables. The turntables were driven by drills and therefore were running forwards and backwards. The idea of the palindrome tilte was obviously referring to these multi directional movements. As far as i know “to rococo rot” was taken from a book of palindromes which was probably Ronalds. On the sleeve of the album we did, “to rococo rot” was written just as the title of the record as a reference to the exhibtion. As it has not been our idea to form a band through those recordings we thought it would be fine to release it under our individual names which are printed on the sleeve as well. But people actually took to rococo rot for the name of the group which i did not like very much as it was so complicated. Up until 1997 i tried to avoid mentioning the name as people used to ask five times back before they could understand what you were saying..So, instead of saying “i am playing with to rococo rot” i usually said something like ” i am playing with the two guys from Berlin”. As the recordings of what later had become the first album were done in a really nice atmosphere, we thought it to be considerable to continue working together. The first two shows we played were months later on the occasion of the record release. To rococo rot was the first ever album on Kitty-yo. The first show at Galerie Weisser Elefant was quite terrible as far as i remember. The day after we did play again at a small kiosk like place near Volksbühne. The vibe on that night was great indeed. The place was packed and the audience was really supportive. I guess we did improvise a lot. The first two years on stage were quite experimental and it took us time before he eventually became a decent live act.
Unlike many artists of recent decades, your music has always been very linear. Of course it changes, it evolves, it each time adds or removes something, but always in a very harmonious way, usually without big breaks with the past. Why? Is it a choice or something that comes naturally?
Since the beginning of our collaboration everything we did was derived from gradual processes. I can not think of anything that felt forced to me – maybe with the exception the album “Hotel Morgen” which was done under quite negative circumstances. The way we are playing together is very much build on trust for what everybody in the band wants to contribute. As musicians we are all selftaught (the amateur view !) and we have never had much interest neither in complex songstructures nor in technical virtuosity. We can only do want we want to do. As a member of Kreidler i did some recordings with Klaus Dinger (Neu! early Kraftwerk) amd he mentioned that he was always interested to play a music that continues to go on and on and even further on. The song title of “Für immer” (“for ever”) on Neu ! 2 is a reference to this thought. That has left a great impression on me as i have always been interested in sound that had a certain consistency and duration. Before i did play an instrument i could become quite fascinated by the hum of a fridge or an electrical overhead landline in the countryside. I have always been a fan of music that does not change a lot in dynamics: from Hildgard of Bingen to Neu! to T.Rex and to King Tubby.
Could it be possibile that you leave other aspects of your musical personalities only to your solo projects, thus maintaining more linear To Rococo Rot music?
I have to admit that i am quite excited about the fact that all our individual works (including Tarwater as a band) seem to differ a lot from what we are doing together as to rococo rot. Al three of us have become artists in their own rights. When i had started “mapstation” in 1999 it gave me the oportunity to become familiar with electronic equipment. All the sounds i did as mapstation were created on only one machine, the ” Novation Superbassstation”. I very much liked the idea that one musician is confined to playing just one electronic instrument. Like the first recordings of New Order when you can hear four people playing. On the records they did later on it is hard to figure out wether they are four or four hundred as the music is so overproduced. Most other works i did in the past couple of years were collaborations, f.i. with Joachim Roedelius (Cluster) or Bill Wells. Slowly i had become familiar with recording and mixing processes as well. I guess that to rococo rot has benefited through some of the knowledge i had aquiered in other projects. “The Amateur View” was the first album i could contribute sythesizers to. “ABC 123” was almost completely done with software instruments and is one of my favourite recordings of us. “Speculation” and “Instrument” were both mixed by ourselves.
I imagine that an artist, unlike a simple listener, has more difficulties to choose in its discography because each album is part of the whole, but is there a To Rococo Rot record that in your opinions represent in itself and better than the others the essence of To Rococo Rot music?
If you ask me about my favourite album i find it quite hard to tell as each of them is so much connected to what was going on at the timeof its production. “Veiculo” was the second album and in this respect it has been quite a special production. It was also the first album we did for City Slang. Our debut on Kitty-yo was really well received and Kitty- yo had become a super hip label soon after. We decided to rather go with City Slang instead which has not been an easy decision. The moment we had finished “Veiculo” it felt like we had proven to be a band and not just a one-off project. “Speculation”, which was our second album on Domino, was wonderful to do as it has been produced in such a classical way. At around 2008 we had become fed up with playing older material on stage. So we decided to go to a rehaersal space to work out a new live set. There was a short tour in Scotland ahead and we wanted to play just new material. We managed to develop twelve or so new tracks in just a few days. Playing new unfamiliar material felt very refreshing and liberating to me. It was really overdue to come up with something that you had to struggle with. After the tour we had an invitation to record at the Faust Studios (which is not the”legendary” Faust studio of the seventies) in a tiny village near Stuttgart. As were already familiar with the material through the live shows we could record it song after song almost like we were playing the songs on stage. It felt really effortless to do this album. “Bells”, “Away” and “Fridays” are to me amongst the most exciting tracks we ever did. “ABC 123” was the first record after we have had a break for almost three years. Initially it was meant to become a soundtrack of a docu movie on the typefond Helvetica. After the director had approached us for to do this commission we had started working on it but never heard back from the guy. We liked the fact that this documentary brought the three of us back to a working mode. The music we did for this film became the album in the end. Musicalwise it was quite a challenge as we dropped Ronalds drums and my bassguitar which both used to be almost our “signature sounds”. I almost wish that we would have gone further in this direction.
I read you usually don’t use custom recording studios for your albums but spaces you temporarily organized like studios. In your opinion, does this kind of nomadism in some way influence your music creation?
I think this ‘nomadic’ attitude is quite overrated as we had been working in “proper” rental recording studios on almost every album. “Amateur View” and “Hotel Morgen” were mainly recorded at Tobias Levins “Electric Avenue” studios in Hamburg. “Abc123” at Bernd Jestrams (Tarwater) studio. “Speculation” was recorded at the Faust Studios and “Instrument” at “Low Swing” Studios in Berlin. By the end of the nineties we did a lot of remixes ourselves while we were on tour because we were so busy playing shows that there was hardly any time left for to work on remixes, soundtracks etc . Robert was really good with Logic Audio and therefore we could do recording sessions at hotel rooms, after soundchecks and then check the sound on a good P.A. system at the club we were playing. Not the worst way of producing at all.
And how your last album “Instrument” was born? Why for the first time you decided to include a voice? Furthermore not a common voice, but the one of Arto Lindsay. Why did you thought at him?
Instrument. Before we went to Guy Sternberg’s ” Lowswing ” studio in Berlin to start recording on “Instrument”, we had quite a number of previous rehearsal session over a spanning of two years. I think we started developing new material soon after we had finished touring “Speculation”. We wanted the follow up album of ” Speculation” as quick as possible and not again after a four years break. But it took time to develop something new that interested all three of us. Also, our contract with Domino had expired in 2011. Around the same time we started to compile “Rocket Road” and we had to go back to the material we did record in the nineties, which took some time. Meanwhile it needs a fair deal of patience to get the three of us together just as everybody is involved in so many other works. It was Ronalds idea to inculde Arto on the album. On previous albums we have had the chance to be working together with some fantastic guest musicians like Alexander Balanescu and I – Sound on ” Music is hungry ghost”, Move D on “Veiculo” or Joachim Irmler (Faust) on “Speculation” but there has never ever been a singer. As usual the idea to invite a singer has not been a very conceptual one. Maybe it was somehow up in the air. As soon as Ronald had mentioned Arto, we all knew that he would be the perfect voice although we are admittedly not that familiar with all of his recordings. A couple of years ago he came along to see a show of us in New York so we knew that he must be familiar with what we are doing. We knew that we needed a voice that would have a certain presence but not the type of singer who would turn the music into merely backing music. To find somebody who would be able to attain a balance such as this is probably hard to imagine but on the record it went really great. Furthermore i liked the fact that you can easily hear that Arto is selftaught. He wants to sing the way he feels, no matter if other people think he is a good singer or not. At the studio he started working on the lyrics from scratch while he was listening to the music. He chose three songs from five or six which we had played to him. All the lyrics are just his work. He would develop the tunes by singing some guide melodies while he was still writing the lyrics. So, it has been a delicate process that some guide melodies turned into written poetry which eventually became sung melodies. On the fourth day at the studio, we did a lot of improvised recordings. “Sunrise” is an excerpt from this session. As the record is just out a few weeks ago we are still looking forward to playing our first shows with Arto. So, no further ideas at that point.
You’ve always been attentive and curious about new equipment. I remember, for example, that the first Tenori-On in action I’ve seen was during a To Rococo Rot concert. I was about 16 years old and I admit I was really enchanted in front of all those little lights. Do you still use it or does it belong to an outdated era? Have you changed a lot your gear in recent years?
I think that each of us has a very different approach towards using technology. Ronald likes to work with easy to use sampling devices like the “SP 404”. He did great things with an early digital Yamaha keyboard (VSS 30?) that could play just one sample at once but in a different pitch on each key. He did great loops with that machine. I think that half of the backing tracks of “Veiculo” were done with it. This Yamaha sampler could not store any samples so we had to record them live on the spot. Roberg is certaily a person who embraces any new type of technology, no matter if is a new version of Ableton, a new credit card, a new app or a new Mac. I think that i got introduced to a lot of new electronic music equipment through his curiosity. He was given the Tenori-on by Yamaha in 2008 and did a world tour together with Mouse in Mars and Jim O’Rourke to promote it. It was just three gigs in Frankfurt, Berlin and Tokyo that we did as trr on this Tenori-on tour. I quite liked the Tenori on as it was a new concept of an electronic instrument. Very playful to access and not keyboard based. You don’t need to be able to play piano as there is no keyboard nor does it refer to a classic retro machine which most new hardware and software machines in these days do. In this sense i like the experimantal character of it a lot although i have never played it myself. I guess, that Robert likes also the visual appearance of the machine. Everytime he plays it in a concert you can see that people are going for the flashy lights on the display of the Tenori-On.
Let’s conclude talking about your current gear…
When it comes to electronic instruments which i did use for trr, it was mostly analogue synthesizers, like the Novation Bassstation or the Jomox X-Base rhythmachines. On “Amateur view”, “Music is a hungry ghost” and “Abc 123” i did share the electronic section with Robert. Ronald did contribute some of his looped samples as well. Since the production of “Speculation” we decided to rather concentrate on one instrument each of us. So it is predominantly Drums (Ronald) , Bass (Stefan) and Electronics (Robert) which makes it a bit easier to play the studio material on stage. Sometimes it is quicker to play than to program. Both can be fun! We did do all the mixes of “Instrument” ourselves. Robert and Ronald did half of the tracks at Roberts place, i guess. I did the other half at my studio.[/tab]
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