Ipnotico, rappresentativo, fortemente eclettico e, ci sentiamo di aggiungere, volutamente confusionario: il secondo lavoro di Romare per Ninja Tune è un piacevolissimo “back to the roots” su suoni che sembrano uscire, e forse addirittura escono, da una di quelle compile di Soul Jazz Records, se non anche di Studio One (che di Soul Jazz Records è una associata virata al reggae e al dub), in un lavoro che riprende ed evolve il discorso aperto con l’Ep “Love Songs: Part One” uscito al tempo su Black Acre. Dieci nuove tracce, dieci nuove declinazioni dell’amore: dal sesso spinto all’amore religioso, al lato più spirituale della cosa, il tutto analizzato più con mente e intelletto che con cuore e impulso.
Caratterizzato da una ritmica tassativa per semplicità e costruzione, spesso costruito su una cassa secca e compulsiva (dal forte sapore 90’s, con funzionalità giusto di sostegno), l’album è interessante per quello che ci viene costruito sopra: una miscellanea di suoni pescati da ska, blues,vecchio rock steady sound, in cui albergano e villeggiano chitarre, organi e organetti, flauti (sì signori, flauti tipo Jethro Tull) e sample impolverati, in un disco dal forte gusto analogico e meditativo.
Un trionfo della non elettronica in un genere che di elettronico ha solo il vettore con cui (forse) questa musica viene prodotta o suonata live: un discorso ampio, che negli ultimi anni ha portato diversi produttori ad abbandonare freddi Mac Pro e strumentazioni Midi in produzione alla riscoperta di strumentazioni dal suono solido, evangelico (un organo Hammond sarà sempre parola del Signore, ovunque lo piazzi); in Italia un discorso del genere tra gli altri lo fa con ottimi risultati Jolly Mare, nel mondo invece potremmo citare ultimamente Theo Parrish e il suo “American Intelligence” in cui “Love Songs: Part. Two” trova analogie quanto meno nel suono.
Quello di Archie Fairhurst nel suo ultimo lavoro è uno sperimentalismo black nemmeno troppo sensazionale e – va detto – il disco non è un capolavoro: a tratti presenta spigolosità che, sebbene arrotondate (e per questo abbastanza innocue), potrebbero essere mal digerite da chi si aspettava linearità più da ballo che da ascolto. Eppure ci si diverte, calandosi in un mood fatto di sentimentalismo attivo, in cui Romare è un “maestro Cupido” nel decidere di alzare o abbassare temperature e battiti cardiaci. All’interno di questi discorso, “Je T’Aime” ad esempio rimane in testa (e soprattutto nel corpo) per molto più di un attimo, con quello stacco in fine battuta e un crescendo che è amplesso caldissimo; mentre la compulsiva “New Love” sa di amori forsennati e sconosciuti, consumati in un lasso di tempo lungo non più della traccia.
La seconda parte delle “canzoni d’amore” di Romare ci presenta insomma un artista parzialmente lontano dalle dinamiche del clubbing e più vicino a quelle di un ascolto altrettanto fisico ma più meditativo, stanziale e con logiche di coppia (sentito a due funziona davvero, credeteci) in cui, pur mancando pezzi bomba come la “Roots” del precedente disco, ci si appaga a fine ascolto. Nulla di memorabile; non sarà certo Romare ad entrare nei capolavori di Ninja Tune (ammesso che la stessa Ninja Tune abbia voglia di annoverare ancora capolavori nella sua libreria, andando oltre l’idea di fare un disco bello ma non bellissimo, oramai il loro standard). “Love Songs: Part. Two” è un album che di certo promuoviamo con voto alto e lo facciamo anche con una discreta sicurezza, ma per il quale siamo molto distanti dal parlare di capolavoro.