L’8 novembre di ventiquattro anni fa, a New York, ci lasciava all’età di soli trentotto anni Lawrence Philpot, meglio conosciuto come Larry Levan. Anche i meno esperti, quelli che con la musica da ballo hanno sempre avuto un rapporto superficiale, non faticano ad identificarlo come “il dj”, l’artista in grado di rendere mitica per un’intera comunità la figura di chi mette i dischi nei club.
Il suo stile unico e la sua classe nel mixare, peculiarità che sono tutt’oggi tramandate insieme alla leggenda del Paradise Garage, hanno fatto sì che le sue movenze dietro al mixer, rigorosamente rotativo, diventassero icone di un’arte a cui molti suoi colleghi hanno ambito negli anni dopo la sua morte, partendo spesso e volentieri dalla stessa strumentazione: due giradischi e un rotary.
Oggi che la passione per il suono vintage sta facendo la fortuna di alcuni dei più virtuosi dj del mondo (Motor City Drum Ensemble, Jeremy Underground, Theo Parrish, Marcellus Pittman su tutti), la mania per i lavori prodotti tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’90 non poteva che tradursi nella ricerca del mixer più performante e dagli standard qualitativi più alti. Il tutto per avvicinarsi quanto più possibile al mitico Larry.
Il maggior interesse da parte del pubblico non poteva che tradursi nella crescita della domanda, portando le case produttrici a lanciare sul mercato una vasta gamma di soluzioni differenti. Il mixer rotary, insomma, da qualche tempo non può più essere considerato un prodotto di nicchia.
Chi mastica con una certa dimestichezza questi argomenti sa bene che, anche in questo caso, ci sono case produttrici che cavalcano l’onda della moda cercando un “pacchetto” che sia il più possibile attrattivo, anche correndo il rischio di anteporre l’estetica e la bellezza del mixer alla miglior resa possibile. Fortunatamente tutto questo ha ben poco a che spartire con il boom di mono-cuffie, quelle caratterizzate da brillantini e serigrafie di dubbio gusto, che presero piede ad inizio anni Duemila, quasi a voler fare il verso ai modelli utilizzati (ancora oggi) dai mastri americani. DJ Harvey vi dice qualcosa?
Tutte queste considerazioni non possono che tradursi con un unico, definitivo quesito: ma qual è il mixer rotativo migliore? Oggi proviamo ad illustrarvi le caratteristiche di alcuni dei modelli più richiesti dai dj nei loro tech-rider.
Il DJR 400 nasce come mixer portatile. Piccolo e compatto, è dotato di quattro canali line di cui due sovrapponibili in phono, ha due knob delle frequenze, basse e alte per ogni canale e tre filtri e isolatori che agiscono sul master. Questo gioiellino di casa Electronique Spetacle è stato concepito da Jerôme Barbé e Dj Deep ed è assemblato in Francia a mano. La qualità audio è altissima (Hunee e Motor City Drum Ensemble ce lo potrebbero confermare), ma l’assenza di gain su ogni canale non aiuta durante le fasi di mixaggio e una sola fila di led non può indicare se la puntina sta suonando in stereo o no. Lungo 280mm e largo 210mm, pesa poco meno di tre kilogrammi ed è dunque un ottimo compromesso per chi viaggia molto e ha bisogno a tutti i costi di usare un rotary o per chi ama questa tipologia di mixer ma non ha abbastanza spazio. Infatti considerando le dimensioni importanti di questi modelli, il DJR 400 è tra le scelte migliori. Chi ne vorrà uno, oltre ad avere soldi da spendere, dovrà avere anche pazienza visto che la lista d’attesa è lunga, nonostante il prezzo parta da circa €2300.
L’MP2015 è un mixer prettamente da club, composto da quattro canali, con la gestione delle tre frequenze principali e un gain per ognuno di essi. In alto è situato l’isolatore a tre bande che ha un range da meno infinito a 10db. Da sottolineare sono sicuramente le linee e l’estetica: la parte centrale nera si sposa bene con le fiancate in legno che danno al tutto quel tocco rétro che certamente non guasta. Durante il lancio del prodotto, Rane aveva affermato che questo modello avrebbe avuto una resa perfetta per chi lo avesse utilizzato con i vinili e tantissima dinamica per chi lo avesse utilizzato con file digitali. Nonostante la qualità sia palpabile, è anche vero che tra dire e il fare c’è di mezzo il mare. Infatti molti audiofili, ma anche tanti dj più o meno famosi, dopo questa dichiarazione e dopo aver testato l’MP hanno un po’ storto la bocca riguardo alla resa digitale del suono. Anche se questo modello ha ricevuto qualche critica, rimane comunque un oggetto eccellente e lo possiamo trovare, sempre più spesso, nelle consolle dei migliori club e festival. Questo significa che è comunque usato da alcuni dei migliori dj, e qualcosa vorrà pur dire. Entrare in possesso di questo mixer sarà più facile e veloce rispetto al DJR, ci vorranno però almeno €2900.
Questo rotary di casa Allen&Heat è uno di quei modelli economicamente più abbordabile tra tutti quelli presenti attualmente sul mercato. Con circa €850 sarà possibile acquistarne uno nuovo e proprio per questo molti “puristi” lo avevano già bocciato prima di testarlo. La forma è quella classica e rettangolare, distribuita per larghezza, che richiama i vecchi mixer del passato. Infatti l’S2 è rivolto principalmente ai locali per essere installato e incassato nelle console. Per chi ne mastica poco, Allen&Heat ha sempre fornito degli oggetti fantastici sia per il mondo dei dj che per i live o per gli studi di registrazione, però molti si sono convinti che in questo caso avrebbe potuto fare di meglio. Lo spazio per muovere le mani e gestire tutto è abbastanza limitato rispetto ad altri rotativi e quando viene staccato il filtro dal pulsante si può sentire spesso il classico “tac” che si verifica anche su altri modelli della casa prodotti fino a qualche anno fa. Sia chiaro, il filtro Allen&Heat “pulisce” le frequenze in modo impeccabile, peccato però che manchi un isolatore generale che agisca sul master, elemento caratteristico e distintivo dei rotary. Considerata questa “mancanza” e il prezzo, per alcuni possono essere anche dei punti a favore, specialmente per quelli sono alle prime armi e che vogliono iniziare la propria avventura con un rotativo.
Recentemente Master Sounds e Union Audio hanno unito le forze e hanno tirato fuori questo nuovo rotary a due canali, dotato di un filtro hi-pass per ognuno più un aux send/return per poter integrare effetti esterni e un EQ/isolator a tre bande. È piccolo ma c’è tutto, o quasi. Mancano comunque i knob per gestire le frequenze indipendentemente su ogni canale e il VU meter, nel 2016, può tornare un po’ scomodo. La scelta costruttiva però è stata fatta in base al target e il Radius 2 è completamente analogico perché la casa madre sostiene che oggigiorno i dj vogliono suonare i loro dischi come negli anni ’70 e ’80, mantenendo invariato il tipo di suono. Per far fronte a queste esigenze è nato questo mixer, anch’esso assemblato a mano, e definito prodotto premium per gli amanti della musica. Sarà disponibile in due colorazioni, nera e silver con un prezzo di partenza di 1200 sterline.
Con l’intento di prendere il posto ai leggendari Urei, o comunque per offrire un prodotto ai clienti che non riescono a trovarne uno di vecchia generazione, l’Alpha Recording System ha ideato il Model 6700. La casa giapponese ha creato questo rotativo a sei canali con un isolatore per ognuno, e lo ha progettato per i puristi, inserendovi solamente le caratteristiche essenziali. Dotato di un equalizzatore a cinque bande, il Model 6700 è comunque troppo grande per le esigenze degli studi domestici, essendo stato ideato per essere installato nei club, al pari dell’X:ONE S2. Oltre a tutto ciò è anche di più difficile utilizzo, perché nonostante le sue peculiarità, questo mixer ha alcuni elementi in più rispetto a gli altri già citati e ha una sensibilità completamente diversa. Il design minimale ha già fatto battere un bel po’ di cuori…cuori destinati comunque a rallentare la loro corsa perché, al cambio con lo Yen, il prezzo di partenza in Euro è di circa 6500.