Se dovessi introdurre la parte seconda di “Visions From The Basement”, ripeterei in maniera spiccicata le parole usate da Carlo Braidotti per elogiare il lavoro svolto fin qui da Roy Gilles precisando che l’esterofilia musicale che caratterizza la scena elettronica degli ultimi anni altro non è che un limite culturale, e che di materiale valido ce n’è anche in casa nostra. Sarebbe tutto facile se non fosse che nel mondo del clubbing nostrano aleggia una sorte di gelosia, a tutti i livelli (che spinge a cercare il buono altrove piuttosto che terra propria): partendo dalle organizzazioni fino ad arrivare ai singoli produttori/dj’s, al punto che non è stupido, né banale, pensare in che col passare degli anni la disgregazione sociale si faccia sentire anche nella musica.
In queste righe ci piacerebbe dare un input nel senso opposto, in direzione di uno spirito critico più accogliente nei confronti di chi coltiva la propria passione con sacrifici e sudore – sottolineando questi due concetti – riuscendo a raccogliere i frutti, che sia il vicino di casa o il tipo della facoltà che “fa le uscite” su etichette importanti; Roy, in questo discorso, può essere considerato come uno dei tanti punti d’aggancio che la nostra scena musicale ha partorito.
L’Ep, il nuovo su Blackrose Records, è composto da tre tracce originali, “Still Glum”, “Dirty Needle” e “Forgotten Dreams”, e i remix di queste ultime due, affidati alle mani di Summed & Dot (che rientrano appieno nel discorso sopra esposto) e a quelle di Rio Padice, che considero la punta di diamante della scena elettronica italiana da tempo (“Ragga Fonda” su Mosaiko vi dice niente?). Sta di fatto che entrambi i remix sono davvero degli ottimi prodotti, soprattutto il lavoro di Dario che estrapola il meglio da “Dirty Needle” tagliando fuori quel campione dei Gazebo un po’ fuori luogo, mentre Summed & Dot imprimono uno stampo raw-house al remix di “Forgotten Dreams”. Il risultato finale è una traccia dalla carica adatta a far saltare in aria il dancefloor. Sonorità differenti sono presentate nei lavori originali; come dicevo, la costruzione di “Dirty Needle” ruota attorno al sample di “I like Chopin” tenendo fedeltà alle sonorità disco della traccia originale, senza troppi stravolgimenti. “Still Glum”, invece, risente dell’influenza degli elementi spaziali e dei suoni lunghi artefici del senso di fluidità della struttura ritmica. Chicca finale è “Forgotten Dreams”, una sventagliata di chord dai toni sfavillanti spezzano l’atmosfera opaca generata dal giro di basso, la struttura della traccia è ben studiata, prima gli hat che salgono lentamente, poi il nebbioso stringpad; tutto si fonde in un’atmosfera dalle sonorità soffuse in cui è facile rimanere incastrati. Piacevolmente incastrati.