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[tab title=”Italiano”]Vi avevamo già parlato di Ruede Hagelstein nel 2013, quando firmò la compilation numero 13 per Watergate. Due anni dopo, lo ritroviamo impegnatissimo su diversi fronti. Se volete scoprire da dove nasce un’idea, come si articola il processo creativo dell’eclettico artista berlinese e tante altre sue curiosità, non perdetevi questa interessante intervista.
Il tuo nuovo EP e la collaborazione con Martin Eyerer avanzano nelle chart di Beatport, su Watergate Records è appena uscito il tuo album (tra l’altro, il primo LP solista nella storia della label), sei in partenza con un lungo tour mondiale e la tua faccia è sulla copertina di Mixmag Germany di aprile/maggio. Sta accadendo “tutto in un sol colpo”? Come ti senti e che aspettative hai?
Al momento va tutto alla grande e sono contentissimo di ciò che mi sta capitando. Tuttavia, cerco di non avere delle aspettative. Mi concentro sulla musica, sono felice di poter ingrandire il mio studio, il tour sta andando bene ed ogni giorno posso dedicarmi a quello che amo fare: la musica.
Partiamo dalla tua infanzia, dove dici di non essere cresciuto in una famiglia musicalmente dotata. A posteriori, ritieni che la mancanza di formazione accademica in tenera età sia stata per te un ostacolo, oppure un vantaggio che ti ha permesso di intendere la musica senza preconcetti?
Alcuni mesi fa, mia madre mi ha detto che le dispiace non avermi mandato a lezioni di pianoforte da bambino. Forse ci avrei messo meno tempo con il mio primo EP e con questo album. Ho 35 anni ora. Certo, la maggior parte dei giovani artisti che conosco hanno ricevuto una buona formazione musicale durante l’infanzia. Io mi sono limitato a cantare nel coro e suonare il flauto, ed ero pure abbastanza svogliato in ciò. Stessa cosa con la chitarra. I miei genitori mi hanno dato tanto affetto e libertà nel poter fare quello che più mi piaceva: questa è la cosa che conta davvero! Non sono mai stato sicuro di diventare un musicista nella mia vita, ci ho impiegato anni ed avevo un piano B sempre con me. Così ho lavorato come redattore e per un periodo ho studiato filosofia. Anche queste attività mi hanno richiesto del tempo.
Sei un creativo a 360°. Per molti anni hai infatti lavorato come redattore per FLYER Magazine Berlin, esprimendoti attraverso la scrittura. Paradossalmente, sei poi entrato all’interno del mondo della musica elettronica, che per antonomasia è privo di parole. Cosa ti ha portato verso quest’ultima strada?
Scrivere non è mai stato così importante per me, era un lavoro. La musica, invece, è più una passione. FLYER Magazine mi ha dato il giusto appiglio per intrufolarmi nella vita notturna berlinese: era un rinomato brand in ambito di musica, feste e lifestyle. Quando mi sono trasferito a Berlino, mi ha aiutato ad entrare nella scena, ad incontrare le persone giuste.
Che consigli daresti ai giovani creativi che vogliono scoprire come e dove poter sfruttare al meglio il loro talento?
Svegliatevi presto. Incontrate persone. Lavorate sodo. Questo è tutto quello che posso consigliar loro. Amo far feste, e da giovane mi piaceva ancora di più. Ma allo stesso tempo, ho lavorato tanto.
Nel 2003, tu e i tuoi amici avete fondato un sito internet-forum non convenzionale dedicato ai party, chiamato Restrealitaet, che ancora oggi gioca un ruolo importante nella scena underground berlinese. Ci puoi spiegare meglio di cosa si tratta?
Fondamentalmente, è una enorme community senza alcun tipo di pubblicità. Per poter accedere, bisogna conoscere qualcuno che sia già al suo interno. Gli utenti parlano di musica, di party, della quotidianità, e c’è anche una sezione sugli eventi a Berlino. Esiste da più di 10 anni e siamo in sei persone a gestirla. È un hobby impegnativo. Lo facciamo soltanto per divertimento ed esperienza.
La copertina è sicuramente parte integrante dell’EP e di “Apophenia” (in entrambi i casi, sono ad opera di Yugo Hasegawa). Nel trasmettere un messaggio artistico tramite la musica, quanto pensi incida l’aspetto visivo? Vi siete confrontati insieme oppure gli hai lasciato carta bianca?
Ho incontrato Hugo mentre stavo producendo e gli ho passato la mia musica. Lui si è messo a dipingere ascoltandola. Io avevo un’idea concreta di ciò che volevo: ero molto ispirato dall’arte aborigena australiana, in particolare dalla pittura su corteccia – opere minimali e mistiche. Sapevo che lui è un grande artista. Da quel punto di vista, ha avuto carta bianca. Penso che la copertina sia fondamentale: se fa schifo, non vado a sentire il contenuto. È il primo approccio con il cliente. Deve essere profondamente collegata con il “sound” in questione. Sono felicissimo che Hugo abbia azzeccato in pieno.
Prima di giungere a “Soul Dynamic EP” e l’album “Apophenia”, hai sperimentato tantissime sonorità: dalla disco-electro, alla minimal, fino alla techno più melodica. Senti di poter dividere il tuo percorso artistico in tappe e periodi?
Ho tanti gusti diversi e mi vedo più come un producer che come un artista che rappresenta un unico genere. Farò sempre quello che mi sento di fare. Dipende da ciò che ascolto e da ciò che provo nel momento in cui compongo musica. Dipende da quello che suonerei quando mi esibisco e da quello che ascolto a casa. Comunque, cerco di non concentrarmi mai sugli stili musicali che al momento vanno e vendono bene.
Che influenza hanno avuto le tue produzioni passate sul tuo sound attuale?
Penso che non ci sia un’influenza ben definita. Le mie tracce partono sempre da zero: a crescere sono solo “gli attrezzi del mestiere” e la conoscenza, ed è così per ogni nuova produzione.
“Soul Dynamic EP”: originale più tre remix con una chiara impronta da club. Ha un filo conduttore con l’album? Hai trovato stimolante sentire la tua traccia re-interpretata da altri artisti?
“Soul Dynamic” è stata una delle prime tracce che ho composto con l’idea in testa di realizzare un album. Alla fine non l’ho inclusa nella tracklist perché segue una direzione diversa rispetto al concept di “Apophenia”. Non è una traccia da ascoltare a casa. Amo suonarla quando mi esibisco: ho ricevuto un ottimo riscontro dal dancefloor e da altri artisti. Ad esempio, ho avuto sin dall’inizio dell’EP il supporto dei Catz’n’Dogz. Abbiamo deciso di far uscire questo EP prima dell’album per renderlo parte del progetto “Apophenia”. “Soul Dynamic” è stata remixata da grandi artisti come Kenny Larkin, Fur Coat e Douglas Greed. Hanno dimostrato tanto interesse ed hanno potuto esprimere le loro qualità: sono soddisfatto di ogni loro lavoro.
Arriviamo al tuo album. “L’apofenia è definibile come il riconoscimento di schemi o connessioni in dati casuali o senza alcun senso.” Lasci libera interpretazione ad ogni ascoltatore oppure c’è dietro una storia che hai voluto raccontare?
Credo che il termine “apofenia” riassuma perfettamente il mio modo di fare musica. La maggior parte delle idee mi vengono mentre sto improvvisando. Creo suoni in modo casuale, ne scelgo alcuni e ci lavoro su. Io le cose le sento, e le vedo. È una sorta di pittura freestyle: ecco un buon modo per paragonare la fase iniziale del mio processo di composizione musicale. Solitamente non esiste una visione a priori. L’improvvisazione è un qualcosa di caotico e privo di senso, ed io tiro fuori le idee dal caos. Basta pensare a quando si scorgono figure nel mondo della natura, nelle nuvole, sulla luna, ovunque… Per me, è un processo che coinvolge l’uso della fantasia.
“Life Is A Beach”, “Let It Happen”, “Pareidolia”: titoli che inneggiano alla casualità. Ti senti un po’ un “musicista dadaista”? Tra l’altro, siamo vicini al centenario dalla nascita di questa avanguardia…
Interessante. Non ci avevo mai pensato! “Pareidolia” ha praticamente lo stesso significato di apofenia. “Let It Happen” è un titolo collegato al testo della canzone, che parla di sesso. “Life Is A Beach” è un’immagine che si è creata nella mia mente quando stavo componendo la melodia: ero in una sorta di spiaggia astratta. I titoli raccontano più o meno il contenuto delle tracce. Se non ci sono parole al loro interno, possono essere più dadaiste. “Love Me Tender” è Dadaismo puro. Perciò sì, direi che sono abbastanza ispirato all’idea dadaista.
Tanti featuring importanti (tra cui PillowTalk, Hollis P. Monroe & Overnite, Justin Evans, C.A.R.). Qual è stata la collaborazione, il cui risultato finale ti ha “sorpreso” maggiormente?
Ogni collaborazione è stata sorprendente. Ho inviato le basi agli artisti, lasciandoli liberi di decidere cosa e come cantarci sopra. Forse il featuring con PillowTalk è il più particolare. Non ho mai lavorato con quella tipologia di vocale “soul” ed il talento di Samy mi ha davvero colpito.
Sei DJ resident al Watergate dal 2006 e ora stai per iniziare un lungo tour con date in tutto il mondo. Preferisci esibirti con un opening set oppure essere l’headliner dell’evento?
Beh, essere l’headliner è molto più impegnativo: sei l’artista di punta dell’evento. Ciò è gratificante e si ottiene un’esposizione maggiore. D’altro canto, amo esibirmi in apertura: sono io a dover “far crescere” la serata. È un ulteriore compito da dover affrontare, e un DJ scadente può rovinare l’intero evento. Al Watergate l’opening set dura almeno 3 ore, quindi arrivi verso la fine con un dancefloor molto affollato. Ma se suoni solo un’ora prima di mezzanotte, che senso ha?
Qual è il tuo disco preferito per far scaldare la pista? E quello per far “esplodere” il dancefloor?
Dipende da troppi fattori. Pubblico, orario, club…
Recentemente ti sei esibito per la prima volta a Roma, al Circolo degli Illuminati (Minù), mentre giorni fa eri a Varese, all’Andy Live Music (This Is Not). Cosa ne pensi dei clubbers italiani?
Sono dei veri amanti della musica. È sorprendente che esistano realtà professionali che propongono ottima musica techno e house in piccole città come Varese, dove sono appena stato. In Germania è molto più difficile trovare serate interessanti fuori dai grandi centri, e penso che ciò stia peggiorando ulteriormente. Ogni giorno, sempre più cazzate commerciali ovunque… Qui, invece, non mi sono mai trovato male. Viva l’Italia.
Inizi la tua biografia dicendo di essere “un figlio di Berlino”. Inoltre, nel 2009 hai prodotto un CD di sample per Ueberschall dal titolo “Sound of Berlin – from the city that shaped Electronic Music”. A tuo avviso, che ruolo ha oggi Berlino nella musica elettronica? Quanto e cosa è cambiato negli ultimi anni?
Certo, la mia bio racconta da dove provengo. Berlino mi ha influenzato parecchio e penso che non sarei diventato ciò che sono senza aver vissuto qui. Ma la gente mi etichetta come “quella roba di Berlino”. Il CD è stato prodotto per una grossa azienda: loro hanno deciso il nome, io ho creato i loop e i sample. Mentre lo realizzavo, non ero a conoscenza del titolo. Cerco di non utilizzare Berlino come uno strumento di marketing. Sì, è una città con molta vita notturna, DJ, studi di registrazione e media: ovviamente ciò influenza la mia vita e l’intera scena techno. Però penso che oggi abbia meno rilevanza rispetto agli anni ’90. Forse abbiamo i club techno più importanti e spesso la gente cerca “il sound unico di Berlino” – beh, la verità è che non esiste![/tab]
[tab title=”English”]We have already told about Ruede Hagelstein in 2013, when he mixed Watergate’s compilation No. 13. Now, he is really busy since he is working on many fronts. If you want to know more about the development of an idea, how the Berliner artist conceives his creative process and lots of other curiosities, don’t miss this interesting interview.
Your brand-new EP and your featuring with Martin Eyerer are climbing up the Beatport’s charts, your first LP has just come out on Watergate Records (moreover, this is also the first “solo album” of the label), you are starting a long world tour and your face is on the cover of Mixmag Germany April/May. Is it happening all at once? How do you feel and what are your expectations?
It works out good at the moment. I’m very happy about all things happening. But I try to not have any expectations. I focus on music, I’m happy to have my studio growing, my tour is doing good and I can do what I love to do every day: music.
Let’s start from your childhood. You say that you didn’t grow up in a musically gifted family. In retrospect, do you think that the lack of classical music education and academic training at a young age has been an obstacle for you, or a benefit which has allowed you to perceive music without preconceptions?
My mother told me some month ago, that she is a bit sorry to not sent me to piano lessons, when I was a kid. Maybe I would have been faster with my debut EP and this album. I’m 35 now. Most young artists that I know had some more musically education in the childhood, for sure. I was just singing in the choir and I was playing flute, but pretty lazy with that. Same with guitar playing. My parents gave me much love and freedom to do things my way and I think this counts more. To become a musician was never sure in my life, it took years and I was always taking care about plan b. So I was working as an editor and I studied philosophy for a while. This took some time, too.
You are a creatively well-rounded artist. For many years, you have been working as editor for FLYER Magazine Berlin and you’ve expressed yourself through writing. Paradoxically, then you moved inside the world of electronic music, which is void of words par excellence. What led you to this choice?
Writing was never that important for me, it was more a job. Music is more passion. FLYER Magazines gave me a proper start into Berlin’s nightlife, it was a well known and respected brand for parties, music, lifestyle. When I moved to Berlin it helped getting into the scene, meet the right people.
What could you suggest to young creative people that want to discover how and where they can make the most of their talents?
Get up early. Meet people. Work hard. This is all I can say. I love to party and I loved to party even more when I was younger. But I was working hard at the same.
In 2003, you and your friends founded a non-commercial party-forum called Restrealitaet, which up till today is playing an important role for the sub-cultural scene in Berlin. Could you explain us what it is?
Basically it is a huge closed community and it’s without adverts and marketing. You need to know someone inside to get in. People are talking about music, parties, life, there is a Berlin party listing as well. It’s existing since more than 10 years and we are 6 people running it. It’s an hungry hobby. We do it just for fun and experience.
Artworks are surely an integral part of the EP/LP (in both cases, made by Yugo Hasegawa). In communicating an artistic message through music, how much is the figurative language relevant? Did you share your visions each other or did you give him free rein?
I met Hugo while producing and I gave him my music. He was painting while listening to my music. I had a concrete visions of what I want. I was inspired by Australian bark paintings – Minimalistic, Mystical Art. I knew that he is a great painter. From that point he had free rein. I think the cover is very important. If the cover is shitty I don’t check the music. It is the first contact for customers. It needs to have a deep connection to the sound. I’m more than happy that Hugo hit the spot.
Before coming to “Soul Dynamic EP” and to “Apophenia”, you experienced a lot of music styles: from disco-electro, to minimal, up to more melodic techno. Is it possible to divide your artistic growth into steps and periods?
I have lots of tastes and I see myself maybe more as an producer than as an artist who is representing one style. I will always do what I feel. It depends on what I hear and what I feel at the moment when doing music. It depends on what I would play as DJ and listen at home. But I never try focussing on what is selling or hot at the moment.
How much did your “old compositions” influence your current sound?
I think there is no clear influence. Every track starts from scratch, just the technical equipment and knowledge is growing and it’s relevant for every new production.
“Soul Dynamic EP”: your original version and three more remixes which are clearly club-oriented. Does it have a link with the album? Did you find stimulating to hear your track re-interpreted by other artists?
“Soul Dynamic” was one of the first tracks I composed with an album in mind. In the end it didn’t make it to the playlist because it has a different drive compared to the other album tracks. It’s not a track to listen at home, for me. I enjoyed it playing live and got great feedback from the crowd and some other artists. Catz’n’Dogz were supporting it from the beginning, for example. We decided to release pre-album EP to make this track part of the whole Apophenia-project. With great remixers like Kenn Larkin, Fur Coat and Douglas Greed. I’m happy with every remix, the guys were showing off their great passion and skills.
Let’s talk about your album. “The term ‘Apophenia’ is the experience of seeing meaningful patterns or connections in random or meaningless data.” Do you leave a free interpretation to your listeners or maybe there is an hidden story that you wanted to tell?
I think “Apophenia” describes my way of making music in a special way. Most of my ideas are turning out while I’m jamming. This is like seeing things, you create sounds randomly, catch sounds and release them. I hear things. I see things. It’s like freestyle painting in the early stage of making a track. Mostly there is not a priori idea. Jamming is somehow chaotic and meaningless and I pick ideas out of the chaos. Like you see pictures in nature, clouds, the moon, everything… It’s a process which involves fantasy for me.
“Life Is A Beach”, “Let It Happen”, “Pareidolia”: these titles exalt randomness. Do you feel a sort of Dadaist musician? Besides, we are close to the centenary of the birth of this avant-garde…
Interesting. Never thought about this! “Pareidolia” has basically the same meaning as “Apophenia”. “Let It Happen” is what the lyrics are about: sex. “Life Is A Beach” is a picture which showed up in my head while composing the melody. I was on an abstract beach. Titles are more or less telling what the track is about. If you don’t have lyrics it could be more dadaistic. “Love Me Tender” is pure Dadaism. So, I would say I’m slightly inspired by the dadaistic idea.
There are a lot of important featurings in the LP (like PillowTalk, Hollis P. Monroe & Overnite, Justin Evans, C.A.R.). Which is the featuring whose result have surprised you most?
Every single featuring was surprising. I sent out all layouts and let the artist decide what to sing or perform on. Maybe the PillowTalk track became the most special. I never worked with that kind of soul vocals and Samy was impressing me with his skills pretty much.
You have been a resident DJ at Watergate since 2006 and now you are about to start a long tour with gigs all around the world. Do you prefer to perform with an opening set or to be the headliner of the event?
Well, headlining is far more challenging. You are the man of the night. This is very pleasing and you have more publicity. But on the other hand I love playing the beginning of the night. You build it up. It’s a premium job and a bad DJ can mess up a whole night. At Watergate the warm up is minimum 3 hours set, so you have a crowded dancefloor in the end. But if you play just one hour before midnight, it could get very meaningless.
What is your favourite track to warm up the audience? And the one to “blow up” the dance floor?
It depends on too many things. Crowd, time, club…
Recently, you performed for your first time in Rome, at Circolo degli Illuminati (Minù), while some day ago you were in Varese, at Andy Live Music (This Is Not). What do you think about the Italians clubbers?
I think there are passionated music lovers. And it is special that you have professional clubs with good techno and house music even in smaller cities like Varese, where I was last week. In Germany, it gets much harder to have good parties on the “countryside” and I think it’s getting worse. More commercial shit everywhere, everyday… I never had a bad gig here. Viva Italia.
You started your biography by saying that you are a “child of Berlin”. Furthermore, in 2009 you created a sample CD for Ueberschall entitled “ Sound of Berlin – from the city that shaped Electronic Music”. In your opinion, what type of role has Berlin in the electronic music today? What and how much has changed in recent years?
Yeah, my bio tells from where I am. Berlin was influencing me much and I think I would have not become what I am without living here. But people branding me with all that Berlin stuff. The sample CD was produced by a big company: they set the name, I delivered loops and samples. I didn’t know about the title while doing it. I try to not involve Berlin as a marketing tool. But yes, we have so much nightlife, DJs, studios and media here and that it is absolutely affecting my life and the whole techno things. But I think Berlin is less important compared to the 90ies. We have maybe the most techno clubs. People asking a lot for the special “Berlin Sound” – this is not existing.[/tab]
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