Ogni atto rivoluzionario deve, per definizione, sconcertare e disorientare chi non ne è l’autore, chi si trova a osservare il nuovo con gli occhi ancora intrisi di vecchio. Lo scardinamento dell’ordine e delle categorie preesistenti turba chi non coglie la necessità di un nuovo linguaggio trincerandosi dietro le barricate del “questa non è arte!”. Probabilmente “questa non è musica!” è il miglior complimento che un rivoluzionario musicale possa ricevere: chi è dotato del “terzo orecchio” – concedetemi il misticismo – ed esplora l’universo del suono senza i limiti del proprio tempo, spesso deve attendere anni o decenni prima di ottenere il riconoscimento che merita ma probabilmente poco gli importa, anzi, è un segno che la strada è quella giusta.
Credo poco importasse a Mika Vainio, il gigante finlandese improvvisamente scomparso a soli cinquantatré anni lo scorso 13 aprile. Credo poco gli importasse del successo e dei riconoscimenti quando iniziò a porre le basi di quel suono maestoso e minimale, devastante e purificante che ha influenzato un’enorme fetta dell’elettronica degli ultimi vent’anni.
La storia di Mika è indissolubilmente legata a quella dell’altrettanto monumentale e rivoluzionaria Sähkö Recordings, dimora di buona parte della sua prolifica carriera discografica. In finlandese Sähkö significa elettricità: difficile trovare un’etichetta che abbia saputo cantare la poesia dell’elettricità con la stessa potenza e la stessa ispirazione; il logo, un’onda di corrente alternata, con la sua elegante forma sinusoidale, è oggi un’icona, marchio dell’estetica asciutta e innovativa che permea il pur vasto ed eterogeneo catalogo della label.
Sähkö nasce nel 1993 da un’idea di Mika Vainio e Tommi Grönlund: il primo suonava come dj nei club finlandesi, con selezioni di impronta industrial e hip hop, il secondo lavorava come architetto e designer. Si incontrano nel 1989 a Turku, città della Finlandia sud-occidentale, in occasione dei primi rave illegali che in quegli anni prendevano piede nel paese, warehouse party il cui unico verbo era l’acid house. Curioso pensare che i fondatori di Sähkö si siano conosciuti al ritmo di dischi Trax, meno sorprendente invece scoprire che il loro sodalizio sia nato all’insegna dello spirito DIY che animava quelle feste e che permeerà ogni produzione targata Sähkö.
Nello stesso contesto Vainio conosce Ilpo Väisänen: nel 1993, insieme a lui e a Sami Salo (che però avrebbe lasciato il progetto tre anni dopo) forma i Panasonic, noti come Pan Sonic a partire dal 1998 a causa di intuibili controversie legali con l’omonimo colosso industriale giapponese (la “A” eliminata sarebbe diventata il titolo di un disco del ’99 uscito su Blast First).
Sähkö diviene quindi la piattaforma di riferimento per le produzioni techno di Vainio con gli alias Ø e Philus e per le prime incursioni sperimentali dei Pan(a)sonic, rimanendo comunque una piccola label underground, con base a Turku. In una piccola cittadina finlandese, decisamente off the radar, un cerchio ristretto di artisti e amici crea musica forte, rivoluzionaria, il cui eco non tarda a raggiungere le capitali musicali europee, rimanendo però semi-sconosciuta in patria. La techno, come genere e movimento, emergeva proprio in quegli anni ma niente suonava come Sähkö: una creatività tanto libera da sembrare ingenua, un minimalismo rude, una costante opera di sottrazione che lascia spazio ai dettagli, alle crepe, alla microstruttura del suono. Il principio del less e l’estetica grezza e austera, tra autoproduzione artigianale ed essenzialità industriale, impregnano anche il design delle prime uscite: dischi con sleeve vergini, senza titolo o altra informazione, piene di piccoli fori (ispirati a Boyd Rice), fatti presumibilmente con un trapano, per multiple possibilità di suonare il disco fuori asse; CD racchiusi in copertine di cartone da imballaggio, con il solo logo timbrato a mano.
Con un solo anno di vita, Sähkö inizia a produrre artisti internazionali, estranei al circolo Vainio & friends: Wolfgang Voigt con lo pseudonimo Mike Ink, Kirlian aka Abe Duque, Sil Electronics, Fred Giannelli.
L’ingresso fondamentale è però quello di un altro finlandese, che ha bisogno di ben poche presentazioni: nel ’94 Jimi Tenor esce con l’album Sähkömies, entrando così a far parte del core del progetto. Il contributo di Tenor – artista per il quale l’aggettivo poliedrico è riduttivo per la quantità di generi, strumenti e linguaggi musicali esplorati – è cruciale nel determinare l’apertura dell’etichetta a sonorità diverse dal gelido minimalismo avanguardistico dei fondatori. Nascono così le sublabel di Sähkö: prima fra tutte Puu, gestita dallo stesso Tenor (che proprio qui pubblica Sähkömies) con la consueta libertà e con un catologo che abbraccia future jazz, dub, folk, rock e deep house senza troppe formalità. Nel ’99 vede la luce Keys Of Life, etichetta invece spiccatamente house-oriented (sulla quale tra l’altro sono uscite quelle due chicche acid house di Tin Man, “Keys Of Life Acid” e “Love Sex Acid”). Più recente è invece Jazzpuu, sublabel specializzata in ristampe di jazz scandinavo.
Continuando a disorientare gli ascoltatori e a disintegrare l’idea di prevedibilità, anche l’offerta di Sähkö è stata ampliata negli anni con le release firmate da nsi. (Max Loderbauer + Tobias Freund), Madteo e Atom™ ma l’artista chiave della label rimane Vainio, che pure traccia il proprio percorso artistico anche al di fuori della stessa Sähkö, continuando ad oscillare tra vibrazioni eteree e meditative e il noise più estremo. Le sue produzioni da solista vengono pubblicate su altre label – Staalplaat, Touch, Raster Noton, Editions Mego per citarne alcune – mentre i Pan Sonic trovano nella britannica Blast First (sublabel di Mute) la propria dimora discografica già a partire dal ‘95. Vainio intreccia diverse collaborazioni con altri mostri sacri: con Charlemagne Palestine, Fennesz e John Duncan da solo, con Keiji Haino, Merzbow, Alan Vega dei Suicide e Stephen O’Malley dei Sunn O))) come Pan Sonic. Nel ’96 remixa un pezzo di Björk, che l’anno dopo lo intervisterà per la BBC. Lavora persino con coreografi e scrive musiche per istallazioni museali.
In questa carriera incredibilmente prolifica, costellata di riconoscimenti sempre più “in alto”, per Vainio Sähkö è rimasta comunque la base, la “casa d’infanzia” dove gli strumenti si costruiscono a mano riciclando gli oggetti più assurdi. È chiaro che oggi Sähkö sia un’istituzione, in Finlandia e nel mondo, e l’universo musicale nel quale si muove sia ben più vasto di quello degli inizi. Ma la sua identità più pura è tutta nell’atmosfera anarchica della sua fondazione, nel desiderio irrefrenabile di abbattere i confini di ciò che allora poteva considerarsi musica.
Jimi Tenor – che naturalmente è anche film-maker – ha raccontato il nido degli analogue freak di Turku in un documentario culto: “Sähkö The Movie” è stato girato nel ’95 e distribuito in pochissime copie VHS da Blast First. Eccetto i pochissimi proprietari della cassetta, il documentario ha avuto ben pochi spettatori e la morte di Vainio ha probabilmente dato un input affinché Boiler Room in collaborazione con ICA lo riportasse alla luce. “Sähkö The Movie” sarà in streaming su Boiler Room TV a partire dal 10 agosto.
In una nota di presentazione lo stesso Tenor dice: “potrete vedervi una marea di strani strumenti che vengono costruiti e quindi usati, sono una parte vitale del sound di Sähkö. Come potrete vedere le registrazioni di Sähkö si svolgono in circostanze molto primitive, così ho pensato che il film dovessere essere fatto secondo lo stesso principio”. Sono sicura che vederlo farà venire a molti di noi un’incredibile nostalgia della Finlandia dei primi anni novanta come se ci avessimo passato l’adolescenza. E sono altrettanto sicura che vedere il Mika degli albori e pensare che non c’è più, sarà un colpo al cuore. Trovo difficile immaginare la musica senza di lui. Chissà se Grönlund porterà avanti il cammino di Sähkö senza il suo partner in crime, lo spero. Ma se anche questo cammino dovesse concludersi, la sua musica elettrica è eterna e la sua assordante eredità continuerà a massaggiare e frantumare timpani ancora per molto.