Quando ci occupammo dei Murazzi di Torino, e del modo assolutamente miope in cui vennero chiusi, quel che venne fuori fu uno degli articoli più letti nella storia di Soundwall – decine e decine di migliaia di views. Giusto per farvi capire quanto il problema fosse sentito. Da allora le cose non solo non sono migliorate, nella capitale sabauda (una delle città che ha fatto la storia del club culture in Italia), ma sono addirittura drasticamente peggiorate. Le nostre righe sui Murazzi e sulla “stupidità tutta italiana” le pubblicavamo più di quattro anni fa. Doloroso vedere quanto siano ancora attuali, ancora più doloroso vedere come oggi, nel 2018, dovrebbero essere ulteriormente integrate.
E’ il caso stavolta forse di far parlare le immagini e pochi, semplici numeri, più ancora delle parole: in questo cediamo stavolta la parola a SosTorino. Una pagina dove viene lanciata una petizione e vengono fatte delle richieste molto chiare.
Ora, non vogliamo nascondere che il problema sia complesso. Le esigenze “nostre” di divertimento non possono bypassare come nulla fosse il problema dell’ordine pubblico, del diritto al riposo, della sicurezza. Nessuno chiede questo. Però una cosa si può chiedere: il buon senso. Non c’è nulla di buon senso nel fatto che una città che è stata un incredibile laboratorio culturale per due decenni e passa oggi, improvvisamente, pare possa vivere solo durante le grandi epifanie festivaliere (Kappa FuturFestival, Movement, Club To Club, Jazz:Re:Found) per quanto riguarda un certo tipo di suoni ed attitudini, mentre quello che è il vero “humus” culturale – i club attivi durante l’anno – siano falcidiati senza pietà. Se la risposta è che “…non esistono risposte”, ovvero che non si può tornare indietro (uno) e che non sia possibile fare del clubbing a norma in città (due), beh, scusate, ma non siamo d’accordo. Per un motivo molto semplice: a perderci è la città. A perderci è il suo tessuto culturale ma anche quello economico. A perderci è anche il suo tessuto sociale: perché uscire ed andare in un club non è solo – come vorrebbe la vulgata dei benpensanti e dei professionisti dell’esposto – un bivacco di sballati drogati ma è anche e soprattutto un modo per intessere relazioni, amicizie, confronti, emozioni, nuove idee, nuovi stimoli.
O ci volete tutti tappati a casa a guardare le serie su Netflix o le partite di calcio in pay per view? O al massimo a ordinare bianchetti e cocktail al bar, senza chiedere-pretendere-pensare null’altro? Anche perché, se pure lo voleste, sappiate che prima o poi un certo tipo di energia, di voglia di ballare e di uscire vivendo esperienze intense, rispunterà fuori, ma magari in maniera cattiva, ingovernata, ingovernabile, tagliente. Le esperienze “fuori sistema” (vedi i rave illegali) ci sono e ci saranno sempre, ed è fisiologico che ci siano ed anzi, è gran bene che ci siano; ma avanti di questo passo diventeranno le uniche alternative possibili. E questa no, non è una cosa sana. O almeno: non è una cosa pacifica. E “movida” potrebbe diventare un termine fin troppo blando. Perché davvero, Torino che torna città-dormitorio proprio per scelta sistemica è una sconfitta per tutti. Tutti, nessuno escluso. Anche perché non c’è più mamma Fiat a passare pane e companatico, occhio.