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[tab title=”Italiano”]Alcuni dj lavorano una vita per imporsi e fanno della musica la loro ragione di vita quasi fin dalla nascita. Per altri il colpo di fulmine scatta in seguito a circostanze quasi casuali ma che finiscono con sconvolgere la vita. E’ accaduto così anche a San Soda, ormai una realtà nella scena internazionale, ma la cui esplosione definitiva si è in realtà concretizzata in questi ultimi due anni, rafforzata dai feedbacks sempre più positivi su di lui dietro una console o alla prese con hardwares in studio. Abbiamo ripercorso con lui i primi passi verso quello che è diventato il suo mondo e la sua ragione di vita, scavalcando ogni altro hobby e abitudine.
Sei nato e cresciuto con l’influenza musicale dei tuoi genitori, prima i Beatles poi i Queen. Un’adolescenza passata tra la radio locale e qualche festicciola tra ragazzi, poi la svolta a diciotto anni grazie a Tyree Cooper. Cosa precisamente ti ha fatto innamorare di questo tipo di musica, abbandonando così le tue radici più mainstream?
Direi che non ho rinunciato a nulla, ma dopo aver sentito dj come Scott Ferguson, Tyree Cooper, Mike Grant in un club vicino casa sicuramente ho aperto gli occhi e ho notato che c’era molto altro da scoprire. L’idea di essere coinvolto ed interessato a musica che non avevo mai sentito prima era nuova per me, fino a quasi l’età di 20 anni pensavo che il dj suonasse le canzoni che tutti volevano sentire.
Una grossa mano per la tua crescita l’hai avuta tramite internet, grazie al quale hai scavato più a fondo nelle radici della house made in Usa, tra Chicago e New York diventando le tue principali influenze, un mix tra deep, soul, hip hop and funk. Cosa hai imparato ascoltando le produzioni di gente come Theo Parrish, Jus Ed ed Omar S?
Quello che mi ha colpito di più quando ho ascoltato la musica di Theo e Omar S per la prima volta è stato il fatto che il ritmo, melodie e frequenze giocavano un ruolo diverso rispetto alla musica pop che avevo sentito fino ad allora. La maggior parte della musica che sentivo era basata su strutture, melodie e ritmi che si potevano facilmente aspettare e persino predire, mentre invece Theo e Omar si sono allontanati dai soliti schemi e questo ha aperto loro un mondo di possibilità. A mio parere è proprio questo ciò che contraddistingue la musica di un sacco di artisti di Detroit e Chicago.
Con il tuo amico e collega Red D hai avuto un rapporto fin da subito speciale, sfociato poi con la nascita della vostra etichetta We Play House. Da cosa è scaturita questa vostra decisione? Siamo arrivati ormai a cinque anni dalla prima release, se dovessi fare un bilancio ti ritieni soddisfatto?
Siamo molto soddisfatti del modo in cui le cose si sono evolute con l’etichetta. E’ in costante crescita. Dopo che mi sono trasferito a Berlino, è stato in gran parte Bart (Red D) a prendersi cura di We Play House Recordings e in questi cinque anni è riuscito a presentare un ampio repertorio di musica elettronica di qualità. L’ultimo progetto è un esempio perfetto: 4 EP con brani di artisti importanti come Juju & Jordash, Jakob Korn eccetera, che si avvicinano molto al genere musicale per il quale noi in Belgio siamo molto fieri: New Beat.
Con il tuo album hai poi concretizzato diverse idee senza importi limiti legati esclusivamente al genere house, ma mantenendo sempre quel tocco deep che ti contraddistingue…vuoi spiegarci con le tue parole quale impronta hai voluto dare all’album e quanto tempo hai dedicato?
Per me era più una raccolta di tracce piuttosto che un album vero e proprio. Rappresentava una grande istantanea di dove mi trovavo in quel momento: alla scoperta del mondo della musica e della produzione. Posso collegare alcune tracce al periodo in cui ho imparato a lavorare con Reason, altre tracce che ho fatto unicamente con MPC e in qualcuna in cui era molto presente la mia Juno 106. La maggior parte delle persone sa che io raramente suono la mia roba perché penso sempre di poter fare meglio o di avere tracce migliori nella mia borsa di dischi. Ora per me sarebbe una grande sfida scegliere alcune tracce e rifarle in un modo che abbia più senso combinando diversi arrangiamenti e hardwares.
I buonissimi responsi in seguito all’album e una serie di ottimi remix tra Freerange, Trunkfunk, Composite, hanno incrementato la tua visibilità. In poco tempo hai avuto l’occasione di metterti in luce in club come Panorama Bar e in festival come il Sonar, quali sono state le tue sensazioni prima e dopo di suonare in questi eventi?
La preparazione per una data è molto importante per me. Se si conosce bene il posto e la gente, tutto diventa più facile, ma se non lo si fa, scegliere i dischi giusti può richiedere più tempo. Il 2013 è sicuramente stato un anno incredibile e amo fare il dj più della birra belga. Spero comunque di trovare un po’ più di tempo per concentrarmi in studio. Suonando 2/3 volte a settimana si ha davvero poco tempo ed energia per altri scopi, perciò uno dei miei obiettivi in questo 2014 sarà quello di trovare un certo equilibrio.
Anche tu come la maggior parte dei dj europei hai deciso di trasferirti a Berlino. Hai affermato che comunque si tratta di un trasferimento temporaneo nel senso che non pensi di starci troppo tempo ma neanche di partire troppo presto. Ecco, quali sono i fattori per cui diresti “rimango” e quali per cui diresti “parto”?
Difficile da dire, mi sono appena trasferito in un nuovo appartamento che amo e che ha uno studio seminterrato, quindi direi che qui potrei rimanere un po’ di più.
Oltre alla musica sembra che tu abbia una predilezione per il cibo (con apparizioni in programmi culinari in Belgio) e per il calcio (sei stato un calciatore professionista fino a qualche anno fa)…trovi ancora tempo ogni tanto per poter fare qualcosa al di fuori del djing?
Come ho detto prima, fare sport, bere birra belga e imparare a suonare il pianoforte sono alcune alternative che mi piacerebbe vedere di più d’ora in avanti.
Concentriamoci sulla selezione. So che sei abbastanza scrupoloso e compri moltissimi dischi ogni settimana per creare una selezione sempre diversa in ogni tua data. Quali sono le caratteristiche specifiche che solitamente ricerchi in un disco per le quali dici “Sì, questo lo compro e lo suonerò certamente”?
Non credo che sia qualcosa che si potrebbe qualificare, l’unica domanda che personalmente mi pongo sempre è: “Questo disco lo suonerò il prossimo weekend o lo ascolterò a casa nei prossimi mesi?”
Hai avuto un’estate piuttosto movimentata, abbiamo visto il tuo nome comparire al Dimensions, Boiler Room due volte, Warehouse Project, Trouw, Panorama Bar, Tomorrowland, Unknown, senza trascurare poi anche la tue presenze allo Space per le serate Sankeys. Occasioni diverse che richiedono anche un tipo di set diverso, come sei solito preparare la tua musica?
La scelta di mettere un determinato disco in borsa o lasciarlo a casa è davvero difficile. Di solito si va insieme a un sacco di djs nella sala e si immagina come suonerebbe un certo disco alla festa insieme ad altre tracce. Anche io ho imparato molto, a volte è bene non pensarci troppo su e semplicemente portare i dischi che si desidera davvero sentire senza farsi influenzare dagli altri, anche se si pensa che alcuni di essi non siano completamente adatti per la serata. Di solito, si fa in modo che lo siano.
Come sempre terminiamo l’intervista chiedendoti quali news dobbiamo aspettarci da te in fase di nuove uscite o remix…
Ho alcune releases in scaletta, uno o due remixes per etichette più piccole, dopodichè mi fionderò nuovamente nel mio nuovo studio per lavorare a nuove tracce![/tab]
[tab title=”English”]Some djs immediately fall in love with electronic music. For others, the lightning strike triggered due to random circumstances that changed their lives. It happened also with San Soda, now a reality in the international scene, but whose final explosion has actually materialized in the past two years, reinforced by the increasingly positive feedbacks about him behind a console or struggling with hardwares in studio. We talk with him about his first steps towards electronic music, that has become his world in his everyday life, climbing over each other past hobby and habit.
We start to know you from the beginning. You were born and raised with the musical influence of your parents (Beatles, The Queen, etc). Then you joined a local radio station during your teenage becoming a DJ playing bigger mainstream functions and local youth parties. The turning point when you were eighteen years old, and we could say thanks to Tyree Cooper. What exactly made you fall in love with this kind of music and give up with the mainstream scene?
I wouldn’t say I gave up anything but hearing dj’s like Scott Ferguson, Tyree Cooper, Mike Grant and local dj’s in this tiny venue definitley opened my eyes and showed me there was a lot more to discover. The concept of being moved by music you hadn’t heard before was new to me, until I was about 20 I thought djing was about playing the songs that everyone wanted to hear.
The internet allowed you to explore new music and pretty soon you discovered the roots of house made in the USA (from Chicago to New York) which become your main influences with a mix between deep house, soul, hip hop and funk . What did you learn by listening to the productions of people like Theo Parrish, Jus Ed and Omar S?
What struck me the most when hearing music by Theo and Omar-S for the first time was the fact that rhythm, melodies and frequencies play a different role than in the pop music I had heard until then. While most of the music I had heard was based on structures, melodies and rhythms you could easily expect and even predict, those guys went away from what you thought was supposed to happen and this opened a world of possibilities. For me, this is what makes music by a lot of artists from Detroit stand out.
With your friend and fellow Red D you had a special music relationship from the start, with him you ran up your label “We Play House Recordings”. How the decision of running a new label was born? After five years from the first release,are you satisfied? Is there anything you wanted to do with your label but you were not able to realize yet?
We’re very happy with the way things evolved label wise. Growing steadily rather than exponantially made for a solid foundation. After I moved to Berlin, it’s been mostly Bart taking care of We Play House Recordings and it’s safe to say that in those 5 years he managed to present a broad spectrum of qualitative electronic music. The latest project is a perfect example: 4 EP’s with tracks by relevant artists today (Juju & Jordash, Jakob Korn etc.), giving their take on the musical genre us Belgians can be very proud of: New Beat.
With your album “Immers & Daarentegen” without imposing limitations related exclusively to the house genre, but always maintaining that deep and warm touch that marks you… If you want to explain us the idea and your thoughts behind this album, how much time you spent for it and all the things people do not know about it, what would you say?
For me, it was more a collection of tracks rather than an actual album. I think it became a great snapshot of where I was at that time: discovering the world of music and producing. Some tracks I can link to the period where I learned to work with Reason, others I did solely with my MPC and clearly in some my Juno 106 is very present. Most people know I rarely play my own stuff because I just think it I can do better or have better records in my record bag. It could be a great challenge for me to pick some tracks and remake them in a way that makes more sense to me now combining the different methods or hardware I would use today.
Good feedbacks after the album and excellent remixes from Freerange, Trunkfunk, Composite, have increased your visibility. In a short time you had the chance to play in the most important clubs of European scene, like Panoramabar and in top festivals such as Sonar, what were your feelings before and after these gigs?
Preparation for a gig is really important for me. If you know a place or a crowd well, it makes it a lot easier but if you don’t, picking the right records for the job can take some time. 2013 has definitely been an amazing year and love djing even more than Belgian beer but I also hope to find some more time in the new year to focus in the studio. Playing 2/3 times a week really leaves very little time and energy for anything else so a healthier balance is one of my goals in 2014.
As most of the European djs, you decided to move to Berlin. You have said that in any case it is a temporary move, youare not planning to stay here for years, not planning to leave either. What are the factors why you would say “I stay here” and what would you say that “I leave”?
Hard to say, I’ve just moved into a new apartment that I love and that has a basement studio so I would say this could possibly keep me here a little longer.
In addition to the music you seem to be food (in Belgium TV cooking shows) and football (we know you are a really good football player) addicted… Now that you play every single week, do you find time to do something outside of DJing?
Like I mentioned before, finding some more time for sport, Belgian beer nights and learning to play the piano are some of the alternatives I’d love to see more of in the new year.
Let’s focus on your music selection. I know you buy a lot of records every week in order to create a different selection in each of your gig. What are the specific features that usually you are looking for a record for which you say ” Yes, I will buy it and play it for sure”?
I don’t think it’s something you could qualify, the only question for me is exactly: “will I play this next weekend or will I listen to it at home in the next few months?”
Your dj schedule is completely full, we saw your name at Dimensions (also twice live for Boiler Room), Warehouse Project, Trouw, Panorama Bar, Tomorrowland and for Space in Ibiza. Different occasions that require a different type of set, how did you usually prepare your music?
The choice to put a certain record in your bag or leave it home is a really tough one. Usually it goes along with a lot of djing in the living room and imagining how it would sound at the party or how it would sound together with other tracks you are taking. Also I’ve learned sometimes it’s good not to think too much about it and just bring the records you really want to hear yourself, even if you think they might not completely fit that night. Usually, you make them fit.
Many djs express their preference for long and extended sets and it could fit also with you, right? Why do you prefer extended sets?
It just allows you to tell your story better. Usually it takes me a bit of time to get into the right groove and it would be a shame to have to stop once you found the one you want to pursue.
As always the final question is about your news from upcoming releases or remixes…
Got a few things lined up, one or two remixes for smaller labels and after that I’m really excited to get going in my new studio and finish some tracks of my own again![/tab]
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