Ci sono diversi modi di vedere i sample pack: da tool utili e necessari per diffondere sonorità di qualità (quando fatti bene, ovvio), a scorciatoia per ottenere con meno fatica ciò che invece porterebbe via molto tempo, nervi e conoscenza. Sia come sia, è qualcosa che ha sempre avuto una accezione utilitarista, strumentale, molto terra-terra. Quando in realtà si potrebbe fare di più e di meglio, dato che un ecosistema di sample pack che sia qualitativo sì ma anche riconoscibile e in qualche modo identitario è qualcosa che potrebbe dare parecchio valore aggiunto.
Ed è esattamente quello che è successo grazie all’incontro ed alla collaborazione tra il brand Schertler e l’ottima Livia Borzetti, alias Key Clef (o KCLF, se preferite). In pratica: il brand ci ha messo il prodotto (nello specifico, un Arthur F48 o un DYN-UNI-P48), Livia ci ha messo la sua rete di gusto e relazioni per crare un vero e proprio network di creatori di sample pack, come dire?, “DOC”: nella prima tornata Chevel, Visceral Design, RAW M.T. e The Lady Machine, oggi 21 febbraio invece ecco una nuova tornata con Silent Servant, Marco Passarani, Alix Edwards, Marco Shuttle. Non serve spiegare quanto questo elenco sia notevolissimo, vero? E quanto sia distante dagli approcci più banali e standardizzati verso la creazione digitale?
La cosa interessante è che il ricavato dalla vendita di questi sample pack sarà diviso in maniera “comunitaria” tra i vari partecipanti all’operazione: l’idea infatti è quello di creare una comunità stabile – anche dal punto di vista operativo – tra producer che siano in qualche “likeminded”, ovviamente mantenendo sempre sacra l’autonomia artistica di ciascuno (il sample pack è, infatti, qualcosa che sta un passo indietro rispetto all’output artistico vero e proprio). Ecco: ci sembra un’ottima idea. Può diventare un modo per gestire in modo al tempo stesso più orizzontale e più qualitativo quelle che sono le fondamenta meno “sexy” e più pratiche del produrre musica elettronica. E se un brand interviene ed aiuta, come in questo caso Schertler, lo fa assecondando un progetto preciso e pensato, non è un “Ci metto il mio logo sopra, mi raccomando che si veda bene”.