La notizia è apparsa in queste ore, ed è un meritatissimo premio per una delle menti più interessanti della scena elettronica italiana (anzi, a questo punto basta recinti: lo è di quella internazionale tout court), Raffaele Costantino alias Khalab. Ovvero: la sua prossima creazione musicale uscirà per una delle label più prestigiose che possiate immaginare, la Real World di Peter Gabriel. Ed è pure una creazione con una storia particolare e molto significativa.
Khalab infatti incrocia le armi creative col M’berra Ensemble, un collettivo maliano (creato da lui per l’occasione) di musicisti Tuareg ed arabi con cui si è ritrovato nel campo profughi di M’berra, in Mauritania. Un progetto reso possibile da una Onlus italiana, la INTERSOS, che si spende quotidianamente per assistere persone che vivono in condizioni difficili a cause di guerre, conflitti civili, calamità ambientali.
Tutto questo ci permette di ripescare una delle release più interessanti del 2020, e siamo veramente contenti di farlo. Anzi: ci rimproveriamo anche di non averlo fatto prima. “Welcome To Uhuru Republic”, uscito per La Tempesta Dischi a nome Uhuru Republic, è un altro lavoro che incrocia la creatività di alcuni artisti italiani molto legati all’elettronica e in generale alla musica di qualità (Giulietta Passera, già con Mangaboo, Sweet Life Society, Istituto Italiano Di Cumbia; il bravissimo FiloQ; Raffaele Rebaudengo, colonna dell’interessantissimo Gnu Quartet). Incoraggiati e sostenuti dall’Ambasciata Italiana a Dar Es Salaam, in Tanzania, si sono lì trasferiti per uno scambio creativo e culturale che, davvero, si è rivelato di enorme spessore.
Spessore non solo musicale, perché attorno a “Welcome To Uhuru Republic” si è costruito un immaginario grafico assolutamente splendido, grazie alle idee ed al segno di Nicola Alessandrini e Lisa Gelli (ed alla serigrafia artigianale di Filippo Basile del collettivo Press Press. Il risultato finale è classe assoluto. Ipnotico, colorato, avvolgente, molto intelligente e ben poco “da cartolina”, senza per questo perdere nulla in gradevolezza e fluidità.
Potete controllare subito se il nostro entusiasmo è giustificato; dopo l’embed, però, fateci spendere qualche ultima parola.
La storia di queste due release (e il materiale sonoro che c’è già) raccontano di come la musica possa e debba essere (anche) un’esperienza di vita. L’avvento di software e tecnologie da un lato va benedetto sempre, perché ha davvero democratizzato il processo creativo, ma come ogni cosa bella ha anche sempre con un sé un potenziale aspetto poco positivo: in questo caso, spingerci a stare solo nelle nostre camerette e nei nostri home studio, in maniera solipsistica, al massimo ospitando qualche socio ed amico (o qualche tizio famoso suggeritoci dal nostro management, dalla nostra label, dalle chart di Spotify, dal cugino che ci fa da social media manager). Invece viaggiare e fare esperienze importanti è fondamentale. Serve davvero per sfidare e sfidarsi creativamente – ed umanamente. Che poi, le due cose vanno molto facilmente di pari passo. Molto, molto facilmente.