Un nuovo disco in uscita che come scherzosamente detto nel titolo farà incazzare i clubber. Niente cassa dritta anzi niente cassa proprio, Lindstrøm cambia e cambia molto quasi tutto nel nuovo disco uscito venerdì scorso: “On A Clear Day I Can See You Forever” su Smalltowm Supersound. In questa chiaccherata i dubbi, le certezze e l’umiltà di chi sa di aver fatto una scommessa sopratutto con se stesso, e per se stesso.
La prima cosa che ho pensato ascoltando il tuo nuovo album è che i clubbers si sarebbero incazzati, non c’è cassa in quattro, non c’è ritmo e non si balla….
Già, temo sia proprio così. Ho voluto fare qualcosa di diverso, a volte sono davvero stanco di ciò che ho fatto in passato o che sto facendo ora. Quando lavoravo all’album ed anche prima, nell’ultimo periodo, ho cominciato a pensare che avrei davvero avuto voglia di fare qualcosa senza cassa dritta, percussioni o beat house e disco. È importante anzi, è molto importante per me non annoiarmi e non avere mai il pensiero di annoiare chi mi segue o mi ha seguito. Sicuramente ci sarà qualcuno spaventato o a cui non interesserà questo nuovo album, cosi come probabilmente ci sarà anche qualcuno a cui piacerà. O almeno spero.
Non penso ci possa essere qualcuno che rimarrà spaventato, propendo più per la possibilità che si rimanga impressionati da questo cambiamento. Io sono rimasto molto impressionato, è come se ti fossi levato gli occhiali da sole che caratterizzavano il tuo mondo disco per metterne un paio da vista e intellettuali. Credo poi non sia stato nemmeno facile il passaggio dal tuo suono precedente a quello di questo nuovo album, che potremmo definire, mmmh, “cosmic ambient”? O “space ambient”?
Non è stato nemmeno troppo difficile. In realtà se ci pensi quelli del nuovo album sono tutti pezzi molto lunghi e lavorandoci sopra ho avuto la possibilità di evolverli ed evolverli sempre più. È un po’ come quello che facevo prima, con la differenza che però ora non ci sono kick e snare e questo mi ha fatto sentite molto più libero. Credo possa continuare a chiamarsi “cosmic music” o cosmic qualcosa, ovviamente non disco, non c’è nulla che abbia a che vedere con il club.
Quando hai cominciato a lavorarci per la prima volta in studio, che suono avevi in mente per questo album? Quello che poi è uscito, o questa è un’evoluzione di un’altra idea di partenza?
Questo è interessante! in passato quando cominciavo a lavorare ad un album – e quindi prima di andare realmente in studio – avevo un’idea chiarissima dei sample, dei beat e dei kick ad esempio. Per questo album è davvero cambiato radicalmente il mio modo di lavorare. Innanzitutto, c’è stato un lavoro in team importante; inoltre per questo album abbiamo lavorato molto sul vibe del momento e sul paesaggio sonoro. Può non sembrare, ma il lavoro di un disco sui beat e sui drums assorbe un sacco di energia; eliminandoli, l’energia che si propaga è molto diversa ed è stato divertente scoprire qualcosa di veramente nuovo.
È un lavoro anche di immagini? Mi spiego meglio, avevi delle immagini in mente mentre costruivi l’album?
Assolutamente! è così, soprattutto immagini che mi sono costruito camminando con le cuffie nelle orecchie, guardando il mare, o i boschi. Non credo che fermandoti ad osservare il mare, la musica che esca dalle cuffie possa essere una canzone disco, per quanto magari oscura ma sempre disco; credo ci sia bisogno di altro, qualcosa di diverso. Penso e sono convinto che sia così, che la colonna sonora di chi guarda il mare o di chi cammina nei boschi non preveda la cassa, la stessa natura non credo abbia molto a che fare con la cassa dritta. Credo che la natura abbia più un legame con suoni che fluttuano in un modo e con una visione differenti.
Credi ci sia un messaggio o un collegamento con l’allarme climatico e con il grido di dolore che la natura in questo momento sembra lanciare ancora più forte? Mentre “Smalhans” o “It’s All Right…” erano lavori che non mi facevano pensare molto ma che mi ricaricavano, questo disco lo ascolto più nei momenti di quiete, magari accompagnando pensieri, non troppo profondi sia chiaro, non sto dicendo sia un disco da meditazione…
Non c’è un messaggio così diretto, o comunque non era mia intenzione mandare un messaggio così diretto. Certo sono molto coinvolto dalla battaglia del cambiamento climatico, è un qualcosa che mi tocca da molto vicino per cui cerco di fare qualcosa penso a tutti gli aerei che prende la gente che fa un lavoro come il nostro che ci porta sempre in giro per il mondo. Non credo che la musica abbia sempre e per forza bisogno di un messaggio diretto; io quando compro un disco non sono uno di quelli che ascoltandolo va a guardare la copertina e a leggere i credits. Mi piace ascoltare un nuovo disco spegnendo la luce, cercando di immergermi nel suono che mi serve anche come scappatoia o come via di fuga dal presente. Non sempre mi interessa il “messaggio” dell’artista, quando ascolto un suo disco. Mi interessa la musica che ascolto, anche perché a volte si corre il rischio di essere molto lontani dal messaggio stesso a dalle idee di un’artista a livello personale. Quante volte quando incontri un artista che davvero ti piace, ti accorgi poi di quanto sia diverso rispetto a come l’avevi idealizzato o immaginato…
Ho letto hai usato solo macchine analogiche, il passaggio dall’usare un laptop e i suoi programmi annessi, alle macchine analogiche può essere letto come il raggiungimento di un traguardo per la tua carriera e quindi anche di una nuova ripartenza? Del resto, non si finisce mai di correre…
Non so è difficile e tocchi un punto difficile. Sicuramente farò ancora club music, capiterà certo, ma ora è diverso. Però se guardiamo al passato logicamente la musica di “Smalhans” è molto diversa rispetto alla musica che ho fatto nel 2017, e la musica che facevo nel 2012 è sicuramente molto diversa da quella che poi ho fatto per “Smalhans”. Non so se si possa parlare di cambiamento o di tappe, credo sia più un discorso di evoluzione stilistica personale e del suono che faccio. Torniamo al discorso della noia di cui ti parlavo prima: per me è davvero molto difficile l’idea di fare lo stesso album o con poche varianti nella logica di uscire ogni anno o ogni due anni, è un discorso di sviluppo capisci.
Ed eccolo il nuovo album di Lindstrom (continua sotto…)
Personalmente alcuni avvertimenti se così vogliamo chiamarli li avevo sentiti anche in “It’s All Right Between Us…”. C’era come un lato scuro che a volte si affacciava nelle tracce del tuo album precedente, ora mi sembra che quel lato abbia preso il largo…
Penso tu abbia ragione sai? C’era dell’oscurità nell’ultimo album che alcuni come te hanno colto. Sicuramente in questo nuovo album c’è della tristezza e della malinconia, e sicuramente non è un album divertente; se tutto questo caratterizza il lato oscuro di cui parli, allora hai ragione. Però anche se non è uno di quegli album cupi scuri scuri per gente che si veste solo di nero (ride ndl) hai comunque centrato il punto: quei tratti oscuri del disco precedente qui ci sono finiti tutti.
Cosa hai influenzato la lavorazione di questo album? Ricordo di aver letto che ti piacevano i Goblin una volta….
Mi piacciono ancora molto e sono ancora una delle mie influenze, naturalmente in questo lavoro mi ha influenzato molto la library music ma non solo. C’è un sacco di Italia in questo disco, conosci Roberto Cacciapaglia?
Sì, certo, non come dovrei ma so chi è…
Lui è stato fonte di grande ispirazione come anche Egisto Macchi…
Come li hai trovati?
Sono sempre stato appassionato di un certo tipo di musica anni settanta anche sessanta ovviamente, tutto nasce da una ricerca sulla musica fatta per determinati strumenti.
Roberto Cacciapaglia è considerato un pioniere della cosmic music. Pensandoci e legandoci al discorso fatto prima, anche questa è un’evoluzione di te stesso come persona: sono passati anni dai tuoi primi lavori e possiamo dire che il ragazzo si è fatto uomo e suona una musica più adulta e non per un ragazzo che va in un club…
Non che io abbia mai fatto musica per ragazzi (ride ndi), ho sempre fatto musica per il dancefloor non so dire se adulta o meno. Certo sono stato fortunato a fare un disco di questo tipo che magari finirà in qualche cesta per crate digger impazziti. Questa è anche la fortuna di avere dietro una label che mi consente di fare quello che mi pare. Questa è una tappa molto importante per me davvero, logico mi è chiaro che non è il tipico disco di Lindstrøm.
Lo sai, con il laptop le tracce sono lì, basta fare un click ma non hai mai la sensazione di suonare veramente la tua musica
È significativo il fatto che sia uscito per Smalltown Supersound…
Loro hanno avuto sempre un interesse moto ampio per un certo tipo di musica, ovviamente credo che anche per la label si possa parlare di evoluzione negli stessi passi e nella stessa maniera in cui posso essermi evoluto io. È importante avere un’etichetta che segue l’artista, così come è importante avere un artista che segue l’etichetta è un rapporto di scambio. Credo che la cosa più importante sia stata trovare un label aperta ad una novità e a qualcosa di strano almeno rispetto a ciò che fino ad ora avevo fatto.
Hai già pensato al live di questo disco…
Sì! Lo suonerò in Norvegia e sarò da solo con qualche macchina modulare. Ci sono un sacco di macchinari da portare in giro per questo live, per cui non sono così sicuro sia possibile suonarlo fuori dalla Norvegia. Certo tutto dipende dall’interesse che susciterà il disco: ovviamente i suoni che hai sentito nel disco sarà molto difficile riproporli live così come sono, sarà qualcosa di diverso ovviamente…
Non credo sia un live facile…
No, non lo è, ma è qualcosa di molto stimolante per me fare qualcosa di difficile e di diverso dallo stare dietro un laptop, non sono un Dj, sono un musicista. Lo sai, con il laptop le tracce sono lì, basta fare un click ma non hai mai la sensazione di suonare veramente la tua musica. Questo nuovo live sarà un’esperienza diversa per me e spero che la gente che verrà a questi live possa capire che è tutto cambiato chi lo sa (ride ndi)
Hai nominato spesso la parola noia, posso chiederti se la noia stessa sia una componente molto difficile da affrontare nel processo compositivo di un producer.
Per me sì. Ogni volta che vado in studio per me è importante ci sia gioia e voglia di fare musica. Non credo potrei affrontare lo studio sapendo di andare lì per fare qualcosa di preciso e definito – magari una canzone pop che non mi piace e non ho voglia di fare. Credo che una delle soluzioni per scappare dalla noia sia quella di andare in studio facendo quello che ci va di fare in quel preciso momento. È complicato da dire o da spiegare perché può sembrare superficiale, ma io credo che ognuno di noi dovrebbe provare gioia nel fare musica; se passa quella, credo diventi difficile ed è una cosa che si può sentire quando un’artista perde la gioia di fare musica.
Anche perché poi secondo me la pressione diventa insostenibile, voglio dire, vivere lo studio come un obbligo, il fatto di doverci andare per forza perché devi far uscir qualcosa, non credo sia qualcosa di semplice…
Non lo è infatti e per me sarebbe insostenibile, credo lo dimostri bene anche questo disco. Sai, non credo ci farò dei soldi con questo album ma era importante farlo per me, per me stesso capisci? Perché significava qualcosa per me, era la mia dimostrazione d’amore per la musica qualcosa che veniva dal cuore. So che fa molto ridere detta così (ride, ndi)
In Italia diciamo che il buon vino si fa pubblicità da solo
Penso di essere d’accordo. Speriamo vada così