[tabgroup layout=”horizontal”]
[tab title=”Italiano”]Lasciato alle spalle il progetto Minilogue Sebastian Mullaert continua il suo percorso solista di sperimentazione e trascendenza. Profondo ma allo stesso tempo essenziale e concreto si approccia alla musica secondo l’insegnamento Zen del fare e dello sperimentare, per diventare tutt’uno con l’esperienza stessa. Dopo i numerosi successi e una carriera ormai consolidata, Sebastian Mullaert non interrompe il suo percorso e cerca ora la rinascita a una nuova vita artistica. Curiosi e attenti, abbiamo cercato di approfondire e trovare la chiave di lettura di una figura carismatica che ha scelto la techno e la danza come strumento principe per collegarci con l’universo.
Come e quando hai scoperto la musica elettronica e cosa ti ha fatto decidere di diventare un compositore?
Wow, sono davvero tante domande in una! La primissima musica elettronica, ad esempio Pink Floyd o Tangerine Dream fa parte della mia infanzia perché la ascoltava mio padre. A casa avevamo anche degli organi elettrici e dei sintetizzatori. Prima dei 16/17 anni m’interessava principalmente la musica classica (violino e piano) e vari gruppi pop. A 16/17 anni sono andato al mio primo rave e la commistione di musica e danza ha avuto un impatto fortissimo. Ci ho messo alcuni anni prima di iniziare a comporre ma la danza e la cultura rave diventarono una parte importante della mia vita. In merito al diventare compositore, ho ricordi molto vividi in merito alle varie fasi della mia infanzia in cui ho cercato di comporre musica in vari modi, diciamo che era già nell’aria.
Le ripetizioni sono utilizzate in varie discipline per creare uno stato di trance, separare il corpo dalla mente e lasciar fluire l’energia; siccome sono una parte fondamentale anche della tua musica, le utilizzi in modo simile? Cosa t’ispira così tanto nelle ripetizioni?
Le ripetizioni di frasi molto brevi che si evolvono e cambiano sono alla base della maggior parte della musica che faccio. Voglio creare dei panorami sonori e ritmici in cui gli ascoltatori e i ballerini possano entrare e connettersi con la loro parte interiore per esplorare e percepire quello che accade nel Qui e Adesso di quella particolare esperienza. La stessa semplicità m’ispira in tutto il resto della mia vita: natura, arte, fotografia, ombre, modelli e così via. Semplici ripetizioni sono un modo per accedere a tutto questo.
Usi un setup analogico costituito da macchine che cerchi di far essere il più umano possibile, è davvero fattibile? Una macchina si può collegare a un flusso di emozioni?
In tutti gli strumenti analogici, il suono è sempre creato al momento, sia si parli di un sintetizzatore o di una drum machine. Sento che le sonorità analogiche, le frequenze ci toccano profondamente, così quando siamo aperti e sperimentiamo con questi suoni, anche loro influenzano come e cosa suoniamo. Nel flusso l’illusione del dualismo si dissolve e l’Uno diventa ovvio. Può sembrare stupido quando qualcuno ne scrive o ne parla ma provarlo è ovvio, chiaro e bello, puoi chiamarla l’esperienza della verità.
Vivere a stretto contatto con la natura è una parte fondamentale della tua ispirazione, perché è semplice e aiuta il tuo processo creativo nel lasciare fluire le emozioni e ti permette “semplicemente di essere”. Qual è il significato di “semplicemente essere” e come puoi tradurlo in musica?
Chiudi gli occhi, senti che sei, sei consapevole e questa coscienza arriva prima di tutto, tutto quello che accade è sperimentato attraverso questa consapevolezza. Questa consapevolezza è l’Adesso; nudo, puro e semplice. Prima di tutto il resto, tutto è nato in questo. Siamo tutto questo e farne parte significa “semplicemente essere”.
Nel tuo processo compositivo hai detto che è importante cominciare dalle fondamenta per sentirti sicuro, prendersi una pausa, pulire la mente e poi partire con la fase espressiva. Puoi parlarcene in maniera un po’ più approfondita? Perché hai bisogno di sentirti sicuro? Non è un comportamento controllabile più vicino a quello delle macchine che a quello umano?
Non mi sento sempre sicuro e come dici tu, i momenti d’insicurezza sono molto importanti da affrontare, anche nel processo creativo. Per avere la forza di affrontare ed esprimere tutte le emozioni, anche quelle che normalmente non amiamo affrontare è importante stabilirsi su una base e sentirsi sicuri. La base non è la verità, non è la risposta, come tutto il resto cambia ma per un momento quella base può essere il luogo per esprimersi e danzare, e in questo esprimersi e danzare si può sperimentare la verità. Mi piace vedere queste fondamenta come strutture temporanee che creiamo per aiutarci a esprimerne la mancanza. Quando percepiamo il flusso la base di partenza o la struttura che abbiamo creato si dissolve e se ne abbiamo bisogno lentamente una nuova ne prende il posto, aiutandoci a dissolverci ancora una volta e ancora e ancora. La parte difficile è non rimanere fermi su queste strutture perché non sono la verità, sono solo guide temporanee e se ci fissiamo o crediamo siano la parte fondamentale non ci aiuteranno e non potremo continuare a esplorare e esprimerne la mancanza.
Hai detto che “la verità non è fare tutto quello che vuoi ma essere libero nel momento in cui fai qualcosa” e anche che raramente percepisci la libertà quando le opzioni sono illimitate, usare un setup analogico è una precisa scelta per avere dei limiti?
Si. In qualsiasi momento sei in una specifica espressione della vita che offre possibilità e anche limiti. La libertà è esprimere quello che hai nel modo più completo possibile.
Cosa ti affascina di più del Buddismo e qual è il collegamento con la tua musica?
Pratico il Buddismo Zen che una forma radicale, focalizzato sul praticare la meditazione. Lo Zen non è parlare, Zen è fare, devi affrontarlo. La danza è uguale, non puoi parlare di come sia danzare e cosa si prova, l’unico modo per provare cosa vuol dire danzare è danzare.
Essere parte dell’evento, viverlo appieno ed esprimerlo è la chiave del tuoi live show, come fai a creare una connessione con la pista, i ballerini e allo stesso tempo farne parte?
Con la danza. Cerco anche di essere connesso con ogni suono, in modo da percepirne appieno la presenza.
Hai deciso di sospendere il progetto Minilogue con Markus Heriksson e Son Kite per focalizzarti sulla carriera solista. Lavorare da solo ovviamente non ha limitazioni e non necessita compromessi, quali pensi siano stati i principali cambiamenti nella tua musica e nel tuo approccio artistico?
Onestamente non lo so. Quando faccio una cosa in modo diverso cerco di non pensare per lasciare che il cambiamento avvenga nel modo più naturale possibile. Oltretutto lavorare da solo e con un nuovo nome è una nuova sfida che penso mi aiuti a rompere gli schemi e a uscire dalla comfort zone in cui ogni artista rischia di cadere.
Qual è l’idea dietro la label e l’alias Wa Wu We? Cosa significa Wa Wu We?
Wa Wu We sono tre cerchi. Wa significa cerchio e pace in giapponese, Wu è la parola che indica il vuoto nello Zen cinese (il vuoto di separazione di ogni fenomeno, ossia ogni cosa è connessa). Anche Wu è disegnato come un cerchio (Il famoso cerchio Zen). We significa noi in inglese, spesso simbolizzato da un gruppo di persone che si tiene la mano in cerchio. L’alias Wa Wu We è la mia espressione più profonda e sperimentale. Spesso quando ho finito una traccia o un remix come Sebastian Mullaert faccio velocemente un nuovo take o lo mixo in modo strano e diventa il Wa Wu We Mix. Wa the Wu are We?
Qual è la tua release preferita e perché?
Non so se ti riferisci alle mie o quelle di altri, ad ogni modo è troppo difficile rispondere perché c’è davvero tanta bella musica, bella in tanti modi diversi.
Andando sul tecnico, qual è il componente più importante del tuo studio, quello che fa parte delle fondamenta di cui abbiamo parlato prima?
Il mixer. Buona parte della mia musica è abbozzata sul mixer, lo uso come uno strumento, un po’ come facevano i vecchi produttori dub. Al momento uso un Toft ATB32 canali, suona benissimo ma è il layout è un po’ confuso.
Cosa ci dobbiamo aspettare nei prossimi mesi dai tuoi vari progetti?
Ci sono tante release in uscita quest’anno. Questo mese (maggio) usciranno due remix su Cadenza e Traum; il prossimo mese (giugno) arriverà un nuovo EP che si chiama “Windmaker” su Hypercolour con un remix di Vakula e anche un nuovo EP Wa Wu We che si chiama “Travellers” su Kontra Musik. Sento che sarà una bella estate. Poi ovviamente c’è il mio nuovo EP appena uscito su Drumcode ltd in vinile con Patrick Siech che si chiama “Rivers Will Turn”, perciò non siate pigri e correte a comprare immediatamente il magico oro nero. Grazie per la bella intervista, spero di vedervi presto in Italia.[/tab]
[tab title=”English”]Left behind the project Minilogue Sebastian Mullaert continues his solo path of experimentation and transcendence. Deep but at the same time essential and concrete he approaches the music according to the Zen teaching of doing and experimenting, to become one with the experience itself. After the numerous successes and a long-standing career, Sebastian Mullaert not stop his journey and now seeks rebirth in a new artistic life. Curious and attentive, we tried to investigate and find the key to understand a charismatic figure that chose the techno and dance as the primary tool to connect with the universe.
How and when did you discover electronic music and what made you want to become a composer?
Wow, that was quite a few questions in one! Early electronic music such as Pink Floyd and Tangerine dream was part of my childhood as my father listened to this music. We also had electric organs and different synths at home. But my main musical focus until I was 16/17 years was first classical music (violin and piano) and later different pop bands. At the age of 16/17 I went to my first techno/rave parties and the music and dance in a combination had a strong impact on me. It took a few years before I started to focus on composing electronic music but the dance and rave culture became an important part of my life. About wanting to be a composer, I have strong memories from different phases of my childhood where I tried to compose music in different ways, somehow it was in the air all the time.
Repetitions are used in different disciplines to create a state of trance, separate the body from the mind and let the energy flow; they are a fundamental part of your music too, are you using them in a similar way? What do you find so inspiring in repetitions?
Repetition of short phrases, organically evolving and changing is the core of most of the music I make. I want to create a soundscape and rhythm that the listener and dancer can rest in so he or she can connect with him/herself and explore and feel what’s happening Here and Now in this experience. The same simpleness inspires me in always everything else in life: nature, art, photography, shadows, patterns and so on; simple repetitions being the gateway into this moment.
You use an analog setup basically made of machines that you try to behave as human as possible, is it really possible to do so? Can a machine be connected with the flow of emotions?
In all analogue instruments sound is being created in this very moment, it’s no different with an analogue synthesizer or drum machine. I feel that analogue sounds and frequencies affect us very deeply and when we’re open and jamming with these sounds they also affect how and what we’re playing, in the flow the illusion of dualism dissolve and One becomes obvious. It might sound stupid when one talk and write about it but the experience of it is obvious, clear and beautiful, you can call it the experience of truth.
Living in strict contact with nature is a fundamental part of your inspiration, because it’s simple and helps your creativity process to let the energy flow and so you can “simply be”. What is the meaning of “simply being” and how can you translate it into music?
Close your eyes, feel that you are, you are conscious, and this consciousness comes before everything, whatever happens is experienced by this awareness, This awareness is the now; naked, clear and plain. Before anything else, everything is born in this. We are all this, and resting in this is ”simply being”.
In your composition process you’ve said that it’s important to start with a foundation to feel secure and then take a break, clear the mind and then start with the expressive phase. Could you elaborate this a bit more? Why do you need to feel secure? Isn’t this a controllable behavior more keen to machines than human?
I’m not feeling secure all the time, and insecure moments are like you say very important to face, also in the creative process. But to have the strength to face and express all feelings, also the ones that we normally don’t dare to face it’s important to rest on a foundation and feel secure. The foundation is not the truth it’s not the answer, it is like everything else changing, but for a moment the foundation can be the place for expression and dance, and in this expression and dance the truth can be experienced. I like to see these foundations as temporary frames that we create to help us express the frameless. When we feel the flow the foundation or frame dissolve, and slowly a new frame take place, when we need it, helping us to dissolve again and again and again. The tricky thing is too not hold on to these frames because they are not the truth, they are just temporary guides and if we hold on to them or believe that they are the Thing they will not be able to help us and we will not explore and express the frameless.
You’ve said that “freedom is not to do whatever you want but to be free doing what you do” and also that you rarely feel freedom with endless opportunity, using an analog setup is a precise choice to be in the field of these limitations?
Yes. You are always in a specific life expression right now. This moment holds possibilities and is also limited. Freedom is to express this fully.
What fascinates you most of all in Buddhism and what is the link with your music?
I practice Zen Buddhism which is a radical form of Buddhism, focusing on the actual doing, the meditation. Zen is not talking about it; Zen is to do it, to face it. The dance is the same: you can’t talk about how it is to dance and experience the dance, the only way to experience the dance is to dance.
Being part of the event, experience it and express it is the key of your live show, how do you manage it to create a connection with the dance floor, the dancers and became part of it?
To dance. I’m also trying to be close with each sound I’m playing, letting it remind me about the presence.
You’ve decided to momentarily stop Minilogue with Markus Henriksson and Son Kite to focus on your solo projects.
Working alone obviously gives you no limitations and no need to make compromises, what do you think have been the main changes in your music and in your artistic approach?
I don’t exactly know. I try not to think about doing something different but let change take place naturally. It is also a new challenge to go solo and work under a new name, I believe this challenge is good and important for me. I think it helps me to break patterns and move away from the comfort zone, that an established artist easy can get trapped in.
What is the main idea behind the label and the alias Wa Wu We? What does Wa Wu We stands for?
Wa Wu We is three circles. Wa means circle and peace in Japanese,Wu is the term emptiness in Chinese zen (meaning all phenomenas emptiness of being separated, everything is connected) Wu is also illustrated as a circle (the famous zen circle). We mean us in english, often symbolized as a group people holding hands and forming a circle. Wa Wu We is my deeper and more experimental expression. Often when I’ve made a Sebastian Mullaert track or remix I make an extra take really quick or just mix it really strange, this becomes the wa wu we mix. Wa the Wu are We?
Tell us you favorite release and why.
Don’t know if you mean my own or others, anyway it’s too hard to answer as there is so much good music / good in different ways.
Talking about technical stuff, what is the most important piece of kit in your studio, the one that is part of the foundation we’ve talked before?
The mixer, most of my music is jammed on the mixer. I’m using the mixer as an instrument, a bit like old school dub producers. At the moment I use a Toft ATB32 channel, it sounds great but is a bit messy.
What news shall we expect in the next month from your projects?
There are many upcoming releases this year: this months (may) two remixes coming out on Cadenza and Traum and next month (June) a very special solo EP called ”Windmaker” coming out on Hypercolour with a remix by Vakula and a new Wa Wu We EP called ”Travellers” coming out on Kontra Musik. I feel it will be a good summer. And then of course my new EP together with Patrick Siech called “Rivers Will Turn” just released on Drumcode ltd. vinyl only so don’t be lazy and go get the magic black gold right away. Many thanks for this great interview and hope to see you in Italy soon.[/tab]
[/tabgroup]