Dieci per dieci. Tanta roba. Per la sua decima edizione, Seeyousound si regala infatti una durata “extended” di dieci giorni; e se già in passato il cartellone è sempre stato ricchissimo, quest’anno ancora di più: viene quasi da perdersi, a leggere sul sito ufficiale tutto quello che si dipana a partire da domani 23 febbraio fino al 3 marzo, a Torino.
Ma è un perdersi bellissimo, e un perdersi a cui vi consigliamo di abbandonarvi: perché per nostra esperienza vi possiamo dire che spesso semplicemente “annusando” i titoli in cartellone (per argomento, per nazionalità, per semplice simpatia a pelle) può capitare di imbattersi in vere e proprie gemme. Il lavoro curatoriale del festival è infatti sempre eccezionale, e riesce a coniugare quantità e qualità. E poi, per dire, in questa edizione le prime assolute per il pubblico italiano sono ben trenta. Trenta! Sì. Seeyousound è il luogo delle scoperte.
Poi chiaro, la prima cosa che possiamo fare in queste righe è evidenziare quelle che potrebbero essere le cose più “soundwalliane” in programma: dalla presenza di “Right Here, Right Now”, che documenta il dietro le quinte del secondo mega-rave sulla spiaggia di Brighton, quello del 2002, organizzato da Fatboy Slim (con un successo che fu quasi inquietante, e pericoloso: 250.000 presenze), con la presenza dell’autore Jak Hutcherson a raccontarci il perché e il per come del documentario, fino a “Love Is The Message: A Night At The Gallery” di Luke Poling, che racconta l’epopea della scena dance newtorkese anni ’70, quella dove capeggiava Nicky Siano.
E proprio Siano – che alla sua età resta un drago – sarà di persona a Torino venerdì 1 marzo non solo per presentare il film e parlarne, ma anche per prendere possesso della console (preceduto da Lele Sacchi e Teo Lentini) all’Off Topic, uno degli spazi più belli della città. Poi ancora, scrutinando il programma: occhio ad “After”, film d’esordio di Anthony Lapia, ambientato in un club parigino dove la techno finisce col travolgere emozioni e creare confessioni. E come non citare il documentario di Aaron Trinder – che sarà presente in sala – “Free Party: A Folk History”, che documenta tutta la scena dei “free party” – volete chiamarli rave? – di fine anni ’80 ed inizio anni ’90, fino alla calata di quella scure chiamata Criminal Justice Act.
Non è finita. Da citare tra le cose “nostre” ci sono anche un po’ di appuntamenti al Capodoglio, ai Murazzi, quindi nella sezione diciamo così “off” del festival: Pierfrancesco Pacoda – veterano del giornalismo dedicato a rave, elettronica ed eventi alternativi – che racconta di come i festival trasformano i luoghi che li ospitano, o Andrea Bufalini e Giovanni Savastano condividono la loro monumentale opera di speleologi della disco in Italia con “Ciak si balla! La disco culture proiettata sul grande schermo” mentre il duo Lele Sacchi e Teo Lentini, giorno dopo la sauna notturna con Siano, dissertano il 2 marzo su “Il club e la disco con il cinema sono sempre andati d’accordo?”.
(continua sotto)
Tornando più specificatamente al nocciolo duro del festival, abbandonando sezioni off e dancefloor, e allargando un po’ lo sguardo ma in realtà nemmeno troppo, assolutamente fondamentale secondo noi intercettare “Subotnick: Portrait Of An Electronic Music Pioneer”, perché la figura del compositore di musica contemporanea Morton Subotnick dovrebbe essere cruciale per chiunque si diletti un minimo di musica elettronica. E occhio: l’anteprima italiana del documentario, il 24 febbraio, sarà aperta dal live di Giorgio Li Calzi, Paolo Dellapiana e Sara Berts a nome “Solar Pulsers” arricchito dai visual psichedelicissimi di Giampo Coppa, che promette di essere una esperienza notevole.
Per il resto, a Seeyousound c’è veramente di tutto, ed è un tutto bellissimo a livello di focus ed argomenti: dai Crass, seminale band di art-punk al k-pop di cui oggi tanto si parla, dalla grande musica brasiliana (il sodalizio tra Tom Jobim ed Elis Regina) a Cindy Lauper (il documentario “Let The Canary Sing” a lei dedicato apre ufficialmente il festiva e in sala sarà presenta anche la regista, Alison Ellwood). Lo ripetiamo: una ricchezza inestimabile. Direttore e vicedirettore del festival, Carlo Griseri ed Alessandro Battaglini, con l’aiuto di un team che ogni anno si mette a disposizione con efficacia e sorrisi e immaginiamo sarà così anche quest’anno, hanno compiuto un nuovo miracolo. Seeyousound non ha mai avuto (anche perché non ha mai inseguito…) picchi particolari di glamour: con un understatement per certi versi molto sabaudo, ha sempre pensato fosse sufficiente far parlare i fatti più che l’hype o il marketing, anche quando in giuria sono coinvolti nomi notevolissimi (quest’anno per dire un Carlo Massarini, gli anni passati un Guido Harari, ma gisuto per fare due nomi su tanti). Viene da pensare che se una cosa come Seeyousound fosse fatta a Milano, coinvolgendo gli addetti ai lavori “giusti” che sotto la Madonnina prosperano, sarebbe un evento di dimensioni e di risonanza notevole, almeno nel campo della galassia musicale, molto più di quanto lo sia adesso. Ma in fondo ci va bene Seeyousound così com’è.
(continua sotto)
Anche perché di anno in anno le sale si riempiono sempre di più. La risposta del pubblico non solo s’ingrossa numericamente in modo sensibile (ormai molto consigliata la prevendita) ma – questo è importante – lo fa senza mai, mai, mai perdere un’oncia di consapevolezza, curiosità, competenza. È abbastanza impossibile vedere in coda all’ingresso del Cinema Massimo gente che è lì perché è conosciutiella sui social, o dei social vuole catturare l’attenzione, quindi deve/vuole “farsi vedere” ma in realtà non gliene frega nulla di cosa va a fare, di cosa va a gustarsi. Davvero, è praticamente impossibile.
E la differenza, credeteci, si sente. Soprattutto se si è un po’ stufi dei lustrini e della retorica gigantista ed incensatoria che ha preso il mondo musicale oggi, dove tutti si vantano dei grandi numeri ma in realtà, sotto questa superficie scintillante, tantissimi operatori e tantissimi artisti soffrono, perché non riescono ad adeguarsi a delle regole del gioco costruite su misura più della finanza che dell’arte e del coinvolgimento “dal basso”.
Lunga vita a Seeyousound, quindi: uno degli antidoti migliori in Italia alla fruizione superficiale di tutto ciò che è musica. Lo diciamo a chiare lettere. Quello che accade a Torino una settimana all’anno (anzi: ormai dieci giorni) è l’esatto contrario della superficialità. Insegna quanto la musica non sia solo consumo e numeri in stream, ma sia anche e soprattutto storie, radici, riflessioni, comunità, prospettive. Categorie non misurabili numericamente, o quasi, ma irrinunciabili.