Chi l’avrebbe mai detto che scrivere questo pezzo sarebbe diventato una delle cose più difficili che mi sia capitata. Chi l’avrebbe mai detto che a distanza di pochissime ore io sia carico come un bambino che ha voglia di mostrare ai suoi amici l’ultimo regalo che gli ha fatto la nonna? Nessuno. Tantomeno io, che qualche giorno fa ero ancora incredulo di aver accettato l’invito per partecipare al Sensation. Ma la storia è molto più lunga di così.
La nostra avventura inizia un paio di settimane fa, quando riceviamo un invito ufficiale per partecipare al Sensation, la prima, storica, edizione italiana. Roba che fino a quel momento, anzi, fino a ieri prima dell’evento per noi era un argomento off limits. Un tabù interno che condividevamo con altri mille scettici, molti dei quali probabilmente staranno leggendo questo pezzo.
Cos’è che ci faceva guardare di traverso così tanto il Sensation? Una line up che non rispecchiava i nostri gusti musicali (oggettivamente una cosa piuttosto personale, quindi trascurabile…), la paura di vedere l’ennesimo festival straniero sbarcare in Italia con un decimo del fascino rispetto all’originale? Non lo so di preciso, ma so che le righe che seguono spiegano perché abbiamo cambiato opinione, su tutti (o quasi) i dubbi che avevamo inizialmente.
Io e Marco arriviamo a Bologna alle 18.30, tempo di arrivare in albergo per l’incontro con gli altri blogger e le rispettive figure di riferimento (si, perché Sensation è anche un animale di marketing pazzesco e i main partner dell’evento hanno invitato gli “esperti” dei rispettivi settori. Quindi c’era di tutto, dalla fashion blogger agli appassionati delle quattro ruote). La time schedule è serratissima: ore 19 albergo, 19.20 ristorante (ovviamente vestiti di bianco), ore 21.00 navetta per la fiera, ore 21.30 conferenza stampa, ecc…
Ci avviamo verso il ristorante, sembriamo una comitiva di santoni, ce lo fanno capire anche gli sguardi dei bolognesi che non si spiegano per quale motivo strani personaggi vestiti di bianco hanno invaso la città. Una volta a tavola, scopriamo che siamo seduti a fianco di due ragazzi che scrivono per un sito di macchine, la domanda mi sorge spontanea: voi di cosa scriverete? E’ così che nasce una discussione infinita sulla partnership tra Citroen e Sensation, che poi diventa territorio per i loro scambi su motori e allestimenti. Discussione che io e Marco abbandoniamo in fretta, per tuffarci in una chiacchierata molto più “piacevole” con la compagna di uno dei due. E’ una discussione che ci fa capire perfettamente cosa sia Sensation, ma in generale il nostro mondo, agli occhi di un profano.
La ragazza ci chiede se siamo felici di essere li, perché a lei sembra un evento bellissimo. Dice di non essere un’appassionata dell’elettronica (passategli il termine…), ma ha curiosato su YouTube tra i video delle edizioni olandesi e si domanda perché non ci siano Tiesto o Armin Van Buuren ad inaugurare la prima volta dell’evento in Italia. Evitiamo di spiegargli certe logiche e rispondiamo semplicemente che siamo dubbiosi, perché un evento (scusate un maxi evento) che viene importato in Italia spesso diventa una delusione totale, paragonato alle meraviglie che vivono i nostri amici fuori dai confini italiani. Finita la cena e il glorioso siparietto dove (tra le tante) l’amica ci confessa di conoscere bene solo David Guetta, ci tuffiamo nella navetta che ci avrebbe fatto raggiungere l’evento.
L’Unipol contiene circa 14 mila persone e al suo esterno la situazione è quella che si sviluppa nella maggior parte dei festival italiani: bagarini, chioschi con gadget e maglie tarocche, gente “euforica” e party improvvisati tra una macchina e l’altra nel grande parcheggio adiacente alla struttura. Ovviamente, come già detto, tutto rigorosamente tinto di bianco. Entriamo e raggiungiamo Thom Bartelse nella saletta per la press conference. Thom è il marketing manager dell’evento, ci spiega che sta lavorando alla tappa italiana da ormai tre anni e che è stata una sfida interessante. Ci racconta di quando un anno fa durante l’IPM di Roma (l’International Promoters Meeting) gli erano stati posti dei dubbi sul portare un evento del genere da noi, per via della difficoltà di produzione, dei costi, ecc.. dubbi a quanto pare fugati, visto che Thom ha tenuto particolarmente a fare i complimenti all’Italia, a detta sua: “una delle produzioni con meno problemi, il secondo party in termini di velocità di sold out, seconda solo all’edizione newyorkese”. Insomma un successo a tutti gli effetti (anche se eravamo a pochi minuti dall’evento e Thom era visibilmente nervoso). Qualcuno gli chiede come mai la scelta sia caduta su Bologna e la risposta è scontata al 60%: “Bologna è al centro, permette ai nostri fan di raggiungerci da tutta Italia, ma soprattutto ha l’unica struttura adatta a questo tipo di evento. Voi italiani siete fortunati, il vostro clima vi permette di avere stadi scoperti, ma a noi servono strutture coperte per la scenografia…”. (Per noi ci sono due tipi di letture: A – Le vostre strutture costano troppo. B – Non avete strutture adeguate, cazzo.) Ma andiamo oltre, Thom ci ricorda che l’evento sta per iniziare, ci invita a divertirci e ci saluta con il solito “grazie” impacciato dello straniero simpaticone.
Da questo momento in poi, tutto quello che avevamo sempre pensato dalla prima volta che avevamo sentito parlare di Sensation Italy si è polverizzato. Ci è bastato scostare la tenda che ci separava dall’arena per rimanere a bocca aperta davanti alla situazione che ci avrebbe tenuto in ostaggio per il resto della serata.
L’impatto visivo è devastante. Il palazzetto è irriconoscibile, sembra di entrare in un’altra dimensione. Ci sono quattro facce enormi a fare da guardia ad una sfera gigante che troneggia al centro della pista. Le dimensioni della scenografia sono paurose, sembra di essere in un film di fantascienza. Ma soprattutto sono le stesse che abbiamo visto nei video olandesi e questo è il primo grande sollievo della serata. Ma siamo solo all’inizio.
Neanche il tempo di abituarsi a quello che avevamo davanti agli occhi che inizia la famosa intro che accompagna gli appuntamenti Sensation, ogni anno con un tema diverso, quello attuale è la luce (“l’elemento da cui siamo nati tutti quanti”). Le grandi facce asettiche prendono vita, mentre l’onda bianca del palazzetto si illumina di piccoli led. Circa 10 mila persone rivolgono i loro smartphone verso l’alto per catturare e fare per sempre loro un’istante di quella favola che stanno vivendo. La voce narrante introduce il tema, mentre le maschere ruotano e si dispongono sui quattro lati della pista, sembra di essere nella basilica di Santa Sofia ad Istanbul dove i grandi mosaici ai lati della cupola ti seguono con lo sguardo ovunque tu vada. Al centro rimane la vera “source of light” che ospita la consolle rotante che caratterizza ogni party in white (“al Sensation il pubblico deve sempre rimanere a contatto con il dj, che ruota, per permettere a tutti di godere dello spettacolo”). La grande sfera si illumina lentamente, segue la narrazione ed esplode in tutta la sua maestosità tra fuochi d’artificio e flash, introducendo la musica di Mr. White, padrone di casa, volto e personaggio del Sensation. Insomma una tamarrata, ma di quelle fatte bene, che ti rapiscono e ti fanno tornare ad essere bambino. Basta guardare il video qui sotto, vedere per credere.
Siamo ancora increduli e la prima ora di musica passa quasi in secondo piano, mentre esploriamo in tutta la sua grandezza l’arena e i corridoi superiori: i punti di ristoro sono tanti e ben organizzati. Niente cash, ci si deve armare di token per bere o mangiare. Esatto, MANGIARE, perché dentro l’evento è previsto anche il cibo. Panini, taglieri ma anche sushi e altre pietanze per garantire a tutti di scegliere il proprio piatto preferito. Il prezzo del biglietto è alto, ma una volta dentro si capisce che è ben proporzionato all’offerta e al servizio. Sono le 22.30 e siamo già nel vivo della festa. Siamo nella parte superiore, quella dove ci sono le tribune, lo spettacolo è fantastico. Mentre Mr. White ruota dentro la sfera, la pista è un’onda che assume i colori dei raggi di luce della scenografia. Ci era stato detto che la lineup era stata costruita in crescendo, per permettere alla serata di salire di tono al passare di ogni ora e infatti White è morbido e si muove tra house veloce e musica più commerciale senza mai sfociare in quella che avrei sempre considerato LA musica del Sensation, la trance.
E’ tempo di cambiare e sul palco sale il nostro Riva Starr. Nostro perché è italianissimo e se qualcuno in pista non lo sapeva, lui ha sicuramente trovato il modo per esternarlo. Il primo disco che suona è infatti “Orizzonti” il suo ft. con i Sud Sound System, provocando il nostro mal di pancia e un boato pazzesco in pista. Riva Starr guadagna qualche posizione in più nei nostri confronti quando decide di inserire nella sua selezione “Thrill Me” di Junior Jack per riperderla poco dopo quando sceglie di chiudere la sua performance con “Alba Chiara” di Vasco Rossi. Luci semi accese, gente in delirio e un canta tu che si sarebbe ripetuto poco dopo con Mark Knight, che si è divertito a fare la stessa cosa, ma con un altro brano. Mi è sembrato di tornare ad avere 14 anni e di essere all’Olimpico di Roma a vedere Vasco. Però i tempi sono cambiati, non ci sono gli accendini accesi, ma solo gli smartphone a riprendere quello che sarebbe diventato uno dei gesti più discussi sulla fan page dell’evento. Se non era chiaro prima, Riva Starr è italiano e gli piace farlo notare.
Entra in scena quello che si sarebbe catapultato nei nostri cuori come il mattatore della serata. Dal soffitto piovono palloncini che il pubblico fa rimbalzare mentre in sottofondo scorre “Jump Around” degli House Of Pain. Mark Knight rapisce la pista con un susseguirsi di perle: “Body Language” di Booka Shade e MANDY, “Insomnia” dei Faithless e un mashup di “Spastik” e “Jaguar” che gli stessi Hawtin e Rolando avrebbero apprezzato. C’è tempo anche per la parte più easy, con un remix di Florence And The Machine e una seconda tornata di canta tu con “Sweet Dreams”. Ma la poesia arriva quando dal potente impianto escono prima “The Man With The Red Face” (ovviamente la versione di Knight e i Funkagenda) e “Born Slippy” degli Underworld. La serata continuerà fino all’alba, ma noi scegliamo di salutare l’Unipol insieme a Mark Knight, stanchi dell’esperienza vissuta nei giorni precedenti ad Elita.
Le considerazioni fatte dopo essere usciti da quella realtà parallela sono in grado di spaccare l’opinione in due. Quelli che come noi erano scettici e prevenuti su quello che sarebbe significato avere Sensation in Italia devono vedere con i propri occhi quello che abbiamo visto noi: gente che si divertiva, ragazzi e ragazze di ogni età diventare parte integrante dello spettacolo. Senza troppi zombie in giro e con un rispetto, ed un’educazione sempre più rara in eventi di questo tipo. Tante ragazze e una cura del dettaglio quasi maniacale. Ci saranno quelli che diranno il contrario, è normale. Ma Sensation non è un party per gli amanti della ricercatezza, delle sette underground, degli hipster da club. Sensation è stupore, divertimento allo stato puro, ed è per questo che l’organizzazione ha sempre detto che la musica è fondamentale, ma il pubblico lo è ancora di più. Sensation è al 90% gente, sorrisi, condivisione, voglia di sentirsi vivi. E questo l’hanno capito o lo sapevano già quelli che hanno polverizzato i biglietti ancora prima di sapere quale fosse la lineup italiana. Quelli a cui davamo dei pazzi fino a ieri, fino a quando non siamo rimasti a bocca aperta anche noi, con lo smartphone in mano per cercare di rubare briciole di uno spettacolo che è difficile da spiegare anche con tutte le foto del mondo. Briciole che oggi ho fatto vedere alla metà dei miei amici per dirgli: “Non sono diventato pazzo! Ho visto la luce!”. I gusti musicali poi sono un altro discorso, un discorso che dovrebbe fare ognuno di noi e che farebbe prendere mille strade diverse a questo report. Noi la nostra l’abbiamo detta, ma se 10 mila e passa persone cantano a squarciagola un pezzo storico di Vasco, che sfuma su una cassa in 4/4, chi ha ragione? Riva Starr o noi? E allora facciamo un passo indietro, divertiamoci e godiamoci una delle poche situazioni che arriva in Italia e non perde niente del suo fascino originale.
Thom, ragazzi, i complimenti ve li facciamo noi. Ci vediamo in Olanda, o forse (nuovamente), in Italia.