La Eerie Records, etichetta dell’italiano Marco Shuttle, ha un considerevole pregio: riesce a portare all’attenzione del grande pubblico artisti emergenti dotati di grandi personalità che, altrimenti, rischierebbero di rimanere intrappolati nel sottobosco. Restare nell’anonimato dà spesso l’idea di essere più “veri” (mi viene in mente la famosa citazione del collettivo di Detroit Underground Resistence: “True to the game is the only fame I claim”). Se ci fermassimo attentamente a riflettere, ci potremmo accorgere di esserci imbattuti in un già noto cliché. In un ginepraio di pregiudizi e falsi miti. Essere veri non è direttamente proporzionale al bacino d’utenza della propria arte; soprattutto, se si ha un messaggio da comunicare.
Marco Shuttle, con la sua etichetta sembra sempre voler lanciare un amo all’interno di quel ginepraio, raccontandoci lo spazio tra noi, il ginepraio e il mondo esterno.
Serena Butler è il nome dietro ad un’illusione virtuale. Un pensiero transumanista in simbiosi con un ospite umano. S> H / E non è mai nato, S> H / E, è solamente ospite in un corpo maschile, ma per Serena la distinzione dei sessi è abolita. Il non definirsi fa sì che – per definizione – ci sia un distacco da un qualcosa di definito. Questo tipo di atteggiamento, può permettere al soggetto di rimanere in equilibrio.
Vi è mai capitato di pensare che il corpo sia obsoleto? A me sì, è capitato. Ecco. La poetica di questo “digital ghost” mi ha condotta a ri-pensarci. Mi ha fatto riflettere sul fatto che il tema centrale potrebbe essere la liberazione di una nuova coscienza che si estenda però, su tutti i livelli, riplasmandosi in un’ideologia nuova, inedita, futurista. Come se fosse un punto di collegamento con la stessa idea futurista che è stata, in tempi non sospetti, la techno. In fondo, i confini musicali, sono come i confini di genere: servono per fare ordine, ma non sono null’altro che limitazioni mentali.
Mi piace immaginare Serena Butler come pura energia e il suo EP di debutto, me ne dà conferma. “Gynoids Dryads Swim Alone” si snoda su quattro tracce. La prima “You Have Penetrated Me”, costellata di synth e droni, concede al pezzo un duplice significato: è mentale tanto quanto energica. Racconta di una tensione, di una corsa verso qualcosa – qualcosa di migliore? “Oto”, invece, si apre subito trasognante. È il synth presente nella prima parte della traccia a concederle quel sapore genuino. La voce, elemento quasi totalmente costante, accompagna l’ascoltatore fino al momento di scissione nella parte centrale: la drum sparisce per poi riapparire in modo soffocato poco dopo. La traccia sembra come (ri)prendere fiato. “Gynoids”, che da in parte il titolo all’EP, suona diversa dalle altre. Sembra essere quella più sentita. Ha ritmati richiami oceanici, una “ocean-techno” in grado di condurre in profondità. Synth e bassline si abbracciano perfettamente in un incastro armonico, creando un tessuto sonoro ben stabile.
Mentre siamo dispersi nell’oceano è “Bhells” a farci ritrovare la strada: il “bell-synth” ci guida fino alle ultime note. Ed ecco che, lentamente sfuma, lasciandoci il giusto tempo per riavvolgere le nostre emozioni. “Gynoids Dryads Swim Alone” rappresenta insomma sia chiarezza d’intenti che espressione individuale, fuse in unico campo magnetico-digitale. Sarà disponibile su vinile dal 18 ottobre ed è attualmente in pre-ordine su Clone.