The Dolphins è un progetto che nasce nel lontano 2000 dalle menti di Alessandro Veneri, Cristiano Valentini, Giacomo Doglione. Benvenuti ragazzi, dal 2000 ad oggi di tempo ne è passato, da veterani del nostro clubbing cosa pensate degli anni ’00, cosa è cambiato da quando avete iniziato a fare musica?
Ciao ragazzi…già… di tempo ne è passato e con il tempo anche tante cose sono cambiate in positivo e in negativo; possiamo dire di aver vissuto il passaggio tra l’analogico e il digitale, tra il vinile e l’mp3, e non è cosa da poco. Dieci anni fa era molto più complicato fare musica, trovare una label che ti producesse, avere visibilità mediatica, il che rappresentava una selezione naturale alla base, ma soprattutto si vendevano molti più dischi di oggi e con un’attività musicale i ricavi erano sicuramente maggiori. Oggi avere visibilità è molto facile, travare una label ancora di più, ma non si vendono più dischi come una volta…a voi il giudizio.
Per quanto riguarda la situazione clubbing in Italia pare vada sempre peggiorando e come tutti sappiamo oggi i club veramente underground sono sempre meno, a vantaggio dei club da champagne, ma non potrebbe essere altrimenti in una nazione dove non esiste una cultura e una proposta musicale diffusa che esuli dai vari eroi da reality piuttosto che dai teenager strappalacrime che diffondono amore per le radio.
Quando si parla della situazione dei club italiani, si parla spesso di programmazioni esterofile e di grandi intoccabili?Cosa ne pensate?
Da buoni esterofili, la tendenza da qualche anno è quella di fare grandi i personaggi stranieri e tenere nella penombra gli Italiani, perché fa figo venire da Berlino e non da qualche provincia italiana. Questo sicuramente è il limite più grande della scena nazionale e pensiamo che l’unico risultato sia stato quello di anientare una generazione, quella venuta dopo i grandi nomi storici, vedi Alex Neri, Coccoluto, Ralf, Vannelli, Farfa che – nel bene o nel male – hanno riempito i locali per 10 anni. Da li in poi il vuoto – o quasi – a livello nazionale (parlando di grandi numeri e locali sold out con artisti nazionali) a parte qualche caso di italiani che hanno comunque più successo all’estero che in patria. I talenti non mancano di certo, manca solo la voglia e la possibilità di farli esibire. Speriamo che comunque prima o poi cambi qualcosa. Di conseguenza i locali e le situazioni più cool possono solo essere riempite dai quei pochi nomi intoccabili che vengono pubblicizzati e sponsorizzati a rotazione costante come dovrebbe essere fatto per tanti altri che se lo meriteribbero in questo paese dove la meritocrazia spesso non esiste….e non solo in campo musicale. La situazione è quasi drammatica…
Nella vostra carriera siete usciti su label estere come Sci+Tec (la label di Ali Dubfire), ma anche su label storiche italiane come Ocean Trax. Cosa ha giovato di più per la vostra carriera, la fama in casa o il prestigio estero?
Sicuramente uscire su Sci+Tec ha più eco che uscire su una label qualunque italiana o estera perché comunque significa lavorare insieme ad un mostro sacro come Dubfire, ed entrare a far parte del mood che ne sta intorno. Essere stati i primi italiani ad essere contattati e invitati a lavorare per Sci+Tec da una persona speciale come Dubfire ci ha riempiti di orgoglio. La cosa non è esattamente paragonabile oggi a Ocean Trax, ma possiamo solo dire che nel 2005-2006 uscire con Ocean Traxx era un buon punto d’arrivo poiché la label in quel periodo era tra quelle più seguite e importanti in Italia; tempi diversi e soddisfazioni diverse…
Il mese scorso Beatport ha promosso un’iniziativa benefica nei confronti del Giappone, donando tutto il ricavato dei download di Lunedì 21 Marzo ad associazione no profit che operano nel sol levante. Questa iniziativa, nobilissima, è l’ennesima prova che il mercato “che conta” è quello digitale. Come avete visutto la digitalizzazione della musica, lo considerate un bene o un male?
Prima di tutto, massimo rispetto per l’iniziativa benefica a favore del Giappone, sperando che il tutto sia andato a buon fine e non come spesso accade, e come è accaduto per altre iniziative benefiche destinate all’Abruzzo qualche mese fa.
La digitalizzazione della musica è stato ed è tutt’ora un passaggio che ha rivoluzionato il sistema musicale nel bene e nel male. Nel bene perché ha semplificato tutto, rendendo le cose più immediate e aprendo il mercato a tutti quelli che con un computer iniziano a fare musica; nel male perché questo ha significato un aumento esponenziali di produttori, labels improvvisate, e dj che si possono spendere come tanti grazie alle chart di beatport e dei tantissimi portali on line, saturando un’offerta che diventa poi controproducente. Prima della rivoluzione digitale era tutto più difficile e in una dimensione più contenuta, dove arrivare nelle chart di riferimento era molto più difficile ma anche più gratificante forse. All’oggi con la pirateria si parla di un 10 % di musica venduta e di un 90 % scaricata illecitamente…un dato che parla da solo.
Infine, le domande classiche: quali sono i vostri progetti futuri e cosa consigliate a chi si avvicina al djing?
Abbiamo sviluppato un progetto interessante con la rock band italiana Velvet, lavorando su un loro pezzo “Confusioni s Best” in collaborazione con Beatrice Antolini, e realizzando 2 versioni dance unendo le nostre sonorità alle loro con un risultato molto interessante che e a breve sarà pubblicato. Questa collaborazione avrà un ulteriore sviluppo nei prossimi mesi.
Detto questo stiamo comunque lavorando a diversi ep e rmx che usciranno nei prossimi mesi su Sci+Tec, Opossum, BluFin, Affin e altre labels….stay tuned. Per chi si avvicina al djing poche significative parole: pazienza, costanza, personalità, impegno e soprattutto originalità e talento…..facile nooo ???
Grazie ragazzi…grazie per averci ospitati….un abbraccio dai Delfini & enjoy !!!