Se per una volta nella vita vi è capitato di vivere un amore a distanza o un amore nato on line, sarà molto facile perdersi e ritrovarsi nei testi e nella musica del nuovo sorprendente disco di Shura. Sorprendente per come lei stessa racconta il suo amore nato in una chat e vissuto a distanza. Sorprendente, almeno per chi scrive, ascoltare perfettamente incastrati i temi di un amore difficile perché lontano, descritto in maniera assolutamente barocca, classica, che si fonde con temi come religione, sessualità e lotta all’omofobia. Abbiamo avuto la possibilità di parlare con Shura e farci descrivere da lei queste sensazioni e tanto tanto altro.
Era molto difficile superare il tuo album d’esordio, ma tu ci sei riuscita, personalmente questo album mi piace ancora di più del primo, tu che ne pensi?
È difficile, sarebbe come scegliere il figlio preferito. Se proprio dovessi sceglierne uno, allora scelgo sempre l’ultimo che ho fatto, perché in qualche modo rappresenta quello che sto vivendo ora. Sono molto orgogliosa del mio lavoro; lo sono anche del precedente ovvio, ma c’è qualcosa riguardo a questo nuovo disco che amo da impazzire. Penso di essermi messa in gioco creativamente, sia come producer, che come autrice, e penso di essermi spinta in quello che per me è il livello successivo. Non so se sia così anche per chi ascolta, su questo sono sincera.
Anche la differenza di musicalità secondo me riflette uno stile ancora più personale.
Sono d’accordo con te. La parola che userei per definire questo disco è “tattile”: penso che si possa davvero toccare l’amore che c’è dentro, la fisicità, per esempio nelle tracce con il pianoforte. È un disco molto umano.
Sì, penso anche io che sia molto organico.
Sì, organico è la parola giusta.
Sei d’accordo con chi dice che questo disco ha un sound molto anni ottanta?
Ho letto anche io questa cosa, penso piuttosto che il mio primo disco possa essere ispirato agli anni ottanta, lui sì. Credo invece che al limite questo lavoro si ispiri di più agli anni sessanta e settanta. Spesso quando le persone riconoscono qualcosa nella musica che ascoltano l’associano agli anni ottanta. Capisco questo riferimento, ma per me suona diverso. Ci sta ad ogni modo che la gente possa trovare degli elementi in comune con il disco precedente.
Qual è l’approccio che hai avuto quando ti sei messa a scrivere il nuovo album: sentivi la pressione del successo del primo disco? Sai che si usa dire che il secondo album è quello sempre più difficile da realizzare…
Sì, è un’espressione comune quella di definire il secondo album come il più difficile io ovviamente sono molto consapevole che sì, può essere difficile. Ti dico che se fossi ancora nello stato mentale e sentimentale del primo album, quindi se fossi ancora single e sotto pressione, allora sarebbe stato difficilissimo scrivere un secondo album perché avrei dovuto attingere dallo stesso bagaglio di esperienze del primo. Credo però di aver già dato il meglio di me riguardo quei sentimenti: quindi sono molto grata per aver vissuto una tale esperienza, e averla vissuta in maniera così particolare, come l’essermi innamorata on line ed avere una relazione a distanza. Ho vissuto una serie di sentimenti legati a situazioni che non avevo mai vissuto prima nella vita. Per me questo non è il “difficile secondo disco”, perché questo per me è piuttosto il mio primo disco sull’innamoramento, sull’amare e l‘essere amata, È anche anche il mio primo album su Secretely Canadian; in definitiva, questo album è un primo album sotto vari aspetti.
Hai mai avuto alla sensazione che per ingannare il tempo che mancava a rivederla, l’amata, fosse necessario buttarsi sul nuovo disco in maniera quasi frenetica?
In realtà è esattamente così che ho vissuto la mia vita per un anno. Prima che ci incontrassimo avevo già cominciato a scrivere su come mi sentivo. “Religion” è la canzone che parla di come stavo prima che ci incontrassimo; poi ho cominciato a passare del tempo con lei, me ne andavo a New York magari per due settimane, a volte anche per un mese, e poi tornavo a casa e mi mettevo al lavoro ed era tutto quello che facevo. Mi sono ritrovata o ad essere insieme a lei e a vivere a pieno la mia relazione, oppure ero a casa a scrivere del tempo passato con lei. Quando scrivo una canzone parlo di quello che mi coinvolge di più in quel momento: e in quel momento ero coinvolta da lei. Avevamo una specie di regola per cui, quando ci vedevamo, decidevamo esattamente quando ci saremmo riviste la prossima volta, anche quando non avevamo i soldi per comprare il biglietto dell’aereo. Penso che quando vivi lontano dalle persone che ami, devi sempre sapere quanto tempo passerà prima di vederla ancora. Era una cosa che vivevamo in maniera molto positiva, anche quando ci ritrovavamo senza soldi per l’aereo.
Proprio parlando di “Religion”, posso chiederti cosa ci fosse di religioso nel vostro primo approccio, in un approccio che comunque non era tattile ancora…
Ho scritto “Religion” pensando alle allegorie tipicamente religiose, se ci pensi molto spesso sono ispirate all’amore. Quando siamo innamorati il nostro amore è così puro, incondizionato e grande che le parole usate per descrivere l’amore e la devozione religiosa risultano adatte anche per descrivere un amore terreno. Il concetto stesso d’amore o il parlare d’amore è un concetto di fede; alla fine, non sappiamo bene cosa sia né se esista davvero, alcuni di noi scelgono di crederci – e questa è una forma di fede, è esattamente come decidere di credere in Dio. Inoltre, ho voluto affrontare questo tema anche per parlare di sesso, conciliare sesso e religione è difficile, soprattutto se si tratta di un amore queer. Per me l’amore è una cosa molto seria, ogni volta che mi innamoro per me è per sempre, ogni volta ho fede e convinzione che durerà per sempre anche se la vita mi ha smentito molte volte.
ed eccolo l’album di Shura (continua sotto)…
Pensi ci sia un approccio differente alla religione per chi fa parte della comunità lgbtq?
Ci sono persone che riescono a conciliare il loro essere gay con la religione, personalmente mi sono sempre interessata alla religione ma dall’esterno. Tutto sta nel come le persone interpretano umanamente i testi sacri: un conto è che tu non trovi in nessun passo della Bibbia un esempio omosessuale e allora ti senti costretto a pensare che sia sbagliato, un altro è concentrarsi sul fatto che Gesù fosse un dispensatore d’amore incondizionato, che amava tutti senza nessuna distinzione. Come interpreti i testi sacri dipende molto da come sei tu, insomma. Certo, storicamente la relazione tra omosessuali e religioni non è mai stata delle più facili.
È un disco che parla d’amore in maniera molto positiva anche se insicura, mi ha colpito molto il testo di “The stage” quando dici “I am so romantic and so pathetic”, un po’ ti capisco, spesso mi capita di rileggere vecchie conversazioni o vecchi sms che ho mandato alla mia compagna e mi sento patetico anche io. Posso chiederti, senza invadere troppo la tua privacy, cosa pensa la tua compagna del tuo disco?
Ma certo: ho fatto un intero album su questa relazione per cui non ci sono problemi. Se le canzoni fossero state sciocche o noiose, sicuramente lei me lo avrebbe fatto notare dicendomi “…ma che razza di canzoni sono, che brutte!”. Invece, le adora. Inoltre, alla fine non è che queste canzoni riportino fedelmente le conversazioni avute tra me e lei: sono in qualche modo solo ispirate alle nostre conversazioni, ma sono valide ed esistono anche indipendentemente dalla nostra relazione. Quando io e lei le riascoltiamo ridiamo sulla sensazione che abbiamo ascoltandole, perché in fondo potrebbero anche non parlare affatto di noi due. Il mondo di questo album è un mondo a sé, in fondo. Una volta che poi l’album è pubblicato le canzoni diventano di tutti, non sono più solo il mio ricordo personale di certi momenti. Sono come dei figli, con la loro personalità e indipendenti; li hai fatti, sono tuoi, ma non li puoi controllare per sempre.
Secondo me parlare d’amore in un disco è un atto di liberazione, non tutti riescono liberamente dei propri sentimenti, la tua musica può essere uno strumento per comunicare i propri sentimenti che tu regali a tutti…
Sì, come dicevamo prima non è sempre cool ammettere di essere innamorati, confessare il proprio amore o dire ti amo, perché in realtà essere innamorati non è per niente cool. La cosa bella del parlare d’amore attraverso l’arte è che invece riesce a farti sembrare cool mentre parli d’amore: puoi farlo per esempio mettendolo sul piano della sensualità. Semplicemente, non dovremmo essere così imbarazzati quando parliamo d’ amore.
Credo tu abbia ragione, pensa che pochi giorni fa notavo insieme alla mia ragazza che qui a Milano le coppie spesso non camminano nemmeno più mano nella mano, raramente si scambiano gesti d’affetto in pubblico…
Secondo me c’è anche un altro aspetto rispetto a ciò che dici: abbiamo perso proprio l’abitudine di vivere il momento. Non saprei dirti quanto le persone siano in grado di viversi appieno una gioia: la nostra vita è così filtrata da internet o dallo smartphone, così come la percezione che noi abbiamo delle altre persone e che le altre persone hanno di noi. Passiamo troppo poco tempo a vivere la nostra vita. Come avrai capito dal disco, io sono una persona molto romantica nel vero senso della parola: io cammino per strada tenendo la mano della persona che amo, baciandola, magari solo discretamente visto che nella mia condizione devo esce ancora più attenta quando manifesto il mio amore. Tutto ciò è anche uno dei motivi principali per cui ho fatto il disco che ho fatto: ho voluto raccontare una storia romantica nel senso più classico della parola, pur raccontando un contesto che è assolutamente contemporaneo insomma noi ci siamo conosciute online.
Spesso usi le città come spazi di definizione del tuo amore. Pensi sia più facile vivere l’amore a Brooklyn piuttosto che a Londra o a Parigi?
Mi sento a mio agio in ognuna queste città e in generale nelle città che conosco, ma ogni tanto succedono cose. Se ti riferisci al fatto che sono gay allora è molto facile che anche a Londra, quando passeggio mano nella mano con la mia ragazza, io senta dire qualcosa. Oggi leggevo un articolo su Anna Calvi sull’Independent in cui raccontava di quanto lei sia sempre molto attenta quando è in pubblico con la sua ragazza. Lei dice che vorrebbe concedere a chiunque il beneficio del dubbio e pensare che nessuno dica nulla, ma poi quando succede si rende conto che forse non ne vale la pena. Io quando sono nelle città che hai nominato faccio sempre il suo stesso ragionamento: devo dare a queste persone intorno a me il beneficio del dubbio? A volte la paura delle conseguenze mi trattiene dal tenerle la mano. Di recente a Londra sono avvenuti episodi anche piuttosto violenti, due ragazze sono state picchiate violentemente su di un autobus
Credi sia facile nel 2019 essere gay? Ti senti libera di essere gay?
A volte sì e volte no. Vivo in una città in cui è particolarmente facile esserlo rispetto ad altri posti, ma ci sono giorni in cui la realtà ti ricorda che non è affatto facile comunque. Ci sono ancora persone che vogliono ucciderti perché sei gay; persone che probabilmente non incontrerò mai, ma ci sono. Per fortuna viviamo in un periodo in cui ci sono moltissimi artisti e musicisti queer. Ma nel complesso non mi sento di dire che sia facile. Sempre nell’intervista di cui parlavamo prima, leggevo di quante cose anche piccole ti succedono tutti i giorni solo ed esclusivamente perché sei gay. Le persone, senza nemmeno accorgersene, si pongono in maniera diversa. Oggi leggevo su Twitter una domanda posta da un utente: “Cosa fareste voi donne se tutti gli uomini, nessuno escluso, andassero a letto alle nove di sera?”. Qualcuna ha risposto che potrebbe finalmente andare a correre con le cuffie di sera, e molti uomini le hanno chiesto perché non lo stesse già facendo. La risposta è che non è una cosa sicura essere da sole di notte con le cuffie. Il mio punto è che gli uomini non si pongono neanche il problema mentre per le donne è fondamentale. Penso che la stessa cosa accada con i gay, cioè se non sei gay non ti poni nemmeno il problema.
Se avessi la possibilità di compiere un singolo atto di rivoluzione per cambiare tutto ciò che mi hai descritto cosa faresti?
Non so cosa farei, ma nella canzone “Flyin’”, c’è almeno un verso in cui spiego come mi sento cantando: “Do you hate me just because I am in love?”. Quel verso in parte è dedicato alla mia ragazza poiché le scrivevo troppo, ma in parte è anche rivolto alle persone omofobe. Quando le persone ti chiedono della tua sessualità, se rispondi loro che sei gay di solito per prima cosa pensano all’atto sessuale, e qui viene fuori tutto il retaggio religioso della gente o di un certo tipo di gente, per le quali il sesso che non può procreare è una vergogna. Purtroppo, le persone spesso dimenticano che l’amore omosessuale è in primo luogo amore ed è uguale ad ogni altro amore. Per me amare il verbo più importante del mondo. Per rispondere alla tua domanda: la cosa che vorrei di più è che le persone ricordassero questo che l’amore è amore, anche quello omosessuale, e che l’omosessualità non è in primo luogo legata alla persona con cui vai a letto.