Il network di amici si è subito attivato: sono stati in tanti nell’arco di una mezz’ora a farci arrivare questo post di Minor AM, una agenzia di booking olandese piuttosto rilevante e strategica per quanto riguarda un certo tipo di scena più ricercata, e il messaggio è piuttosto chiaro, non serve che stiamo qui a tradurre:
Non è (solo) questione di esporre Ortigia Sound System – festival che abbiamo coperto e sostenuto più volte – alla gogna pubblica. Se è secondo noi il caso di dare risalto a questa notizia, è prima di tutto per ricordare che fare festival non è un gioco. Non. È. Un. Gioco. La proliferazione di festival – anche bellissimi ed intelligentissimi nella line up, eh – che c’è stata in Italia negli ultimi anni potrebbe far pensare che, in fondo, non è così difficile farne uno: dalle nostre parti abbiamo dei bei luoghi, di buona musica si può essere esperti, allora fai due più due e oplà, ecco il boutique festival che non può che andare bene. O almeno, farti arrivare molti complimenti. Perché qualcuno si nutre solo di quelli.
Non è così. La progressiva professionalizzazione del nostro ecosistema ha portato ad un aspetto positivo: è sempre più difficile vivere “alla giornata”, soprattutto fra chi si è affacciato da poco al mercato, visto che viene richiesta sin da subito una solidità ed affidabilità che spesso si traduce in una richiesta di anticipi al 100% per quanto riguarda i cachet, cachet che vengono versati obbligatoriamente in chiaro, quindi con nemmeno la possibilità di farci sopra del nero, facendo da “lavanderia” per chi ha la necessità di averne una. Su questo, l’Italia è diventata un paese molto (più) affidabile e serio.
Al tempo stesso questa professionalizzazione implica che sia diventato sempre più difficile e sempre più rischioso fare qualcosa “dal basso”: perché ormai anche “dal basso” ti vengono appunto chiesti gli anticipi al 100% (ed è un dramma, a livello di liquidità, se non siete straricchi di vostro), vengono fatte richieste tecniche e logistiche di un certo tipo, ci sono pretese che assomigliano sinistramente tanto a quelle che girano nel mainstream. E, in generale, si tende a tirare la corda: esattamente come fanno le agenzie grosse, quelle giga-commerciali, solo però su ordini di cifre più limitati. Le dinamiche tuttavia sono le stesse. D’altro canto tutti vogliono vivere di musica, e chi ci vive già vuole viverci meglio, vuole viverne di più, perché vede che i soldi girano: la conseguenza è che siamo diventati un ecosistema complesso che per procedere ed operare ha bisogno dell’intermediazione. Ergo, delle agenzie. Ergo, di moltiplicare dei passaggi che creano a loro volta dei margini.
Risultato? Il gioco però di tirare sempre più verso l’alto i costi per rosicchiare più margine possibile (…per sé, e per gli artisti che si rappresentano) non è più solo un fenomeno che riguarda il mainstream, ma ormai anche scenari molto più “off” come quelli in cui opera un Ortigia Sound System, che evidentemente per garantire una line up che fosse di livello si è trovato strutturalmente a fare il passo più lungo della gamba già da vari anni – il post di Minor AM parla chiaro in tal senso.
Si potrebbe chiuderla qui, si potrebbe fare un po’ di razzismo spicciolo come in alcuni tristi commenti sotto il post sull’onda del “Eh, in Italia succede sempre così” (nota a margine: no, dirlo è una cazzata, è un luogo comune sorpassato da anni), si potrebbe indicare Ortigia Sound System come una truffaldina pecora nera da allontanare dal pascolo ed amen. La verità è che l’ecosistema dei festival, sia mainstream che di ricerca, sia ultra-commerciale che underground, sono anni che scricchiola. La musica è sempre più ostaggio della necessità di far tornare i conti; e i margini per farli tornare sono sempre più esosi, nervosi e faticosi. Di tutto questo alla gente interessa zero, quello che conta è andare al festival più sciccoso possibile, quello che ti fa fare bella figura fra gli amici “saputi” quando ti geolocalizzi.
Non va bene.
Ad Ortigia auguriamo di regolarizzare in pieno la sua posizione. A Minor AM di prendere i soldi che le spettano, girandoli agli artisti di competenza. È un peccato che si sia arrivati a questo. Non bisogna mai arrivare a questo.