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[tab title=”Italiano”]Ospite di questa intervista è Oliver Dene Jones, vero nome del dj, produttore e live performer di Croydon, noto ai più come Skream. Il suo percorso musicale inizia con l’amico Benga tra i vinili impolverati e il piano superiore del negozio Big Apple Records, nel quale insieme al mentore Artwork, usavano ritrovarsi. Tutto il resto è storia: il loro prolifico trittico, infatti, sarà tra coloro che lanceranno uno stile di musica elettronica che noi tutti, oggi, usiamo etichettare come dubstep. Da allora nelle line up di grandi festival quali Pukkelpop, Glastonbury e Hideout, figurerà spesso il nome del duo dubstep Skream & Benga. Tuttavia le sorprese non finiscono qui perché l’eclettico Skream porta avanti nel mentre anche un percorso da solista che lo vede cambiare repentinamente stile, per un approccio nei set (prima) e nelle produzioni (poi) che cede il passo a sonorità più incentrate sui ritmi disco, house e techno a cui non era del tutto novizio. Dalle sue risposte si può facilmente dedurre che tornerà presto a stupirci tanto per rimarcare che tutto ciò che ha combinato dagli anni 2000 ad oggi è solo la punta di un enorme iceberg pronto a riaffiorare in superficie da un momento all’altro e a entrare in rotta di collisione con le nostre, fin troppo prevedibili, aspettative. È solo questione di tempo.
Guardando per un attimo al passato, quando eri ancora adolescente, hai iniziato a lavorare nel negozio di dischi Big Apple Records nella tua città natale, Croydon. Dopo aver abbandonato gli studi in così ”tenera“ età come hai capito che la musica sarebbe diventata la tua strada?
Ad essere sincero, stavo già facendo musica quando avevo quattordici anni. Sono stato veramente fortunato perché mi proposero un lavoro al negozio di dischi Big Apple Records, quando stavo ancora studiando e fu tutta una questione di coincidenze penso, dato che, quando decisi di lasciare la scuola ho ottenuto subito il lavoro.
In che modo questa esperienza lavorativa ha contribuito al tuo sviluppo artistico?
Lavorare nel negozio Big Apple Records non ha contribuito tanto nel mio sviluppo artistico quanto in quello sociale. Penso che alla fine sia il motivo per il quale ho veramente capito l’importanza delle diverse influenze musicali e di comprare della musica in un negozio di dischi. Mi ha donato la mentalità di un collezionista di musica, non solo quella del fan. Anche incontrare tante persone differenti ogni giorno, penso che mi abbia aiutato in un certo modo.
Tra le altre cose, in questo negozio è nata anche la collaborazione con Benga e Artwork sotto il nome di ”Magnetic Man“. Parlaci delle sue origini.
Arthur ”Artwork“ aveva uno studio sopra il negozio di dischi, ed io e Benga, quando eravamo adolescenti andavamo spesso a comprare dischi. Stavamo già facendo musica insieme da qualche anno e Artwork ci fece da mentore. All’incirca 6/7 anni fa c’era un concorso per un progetto live e ci offrirono l’opportunità di metterlo in pratica. Abbiamo fatto un tour come Magnetic Man prima di fare l’album. Dopo lo show c’era così tanta domanda che abbiamo deciso di pubblicare un album, il quale avrebbe portato lo stesso nome del progetto.
Cosa ne pensi del ritiro di Benga dalla scena musicale?
Non ho opinioni a riguardo, in quanto non ho ancora parlato con lui della questione.
Al contrario, quali dischi eri solito acquistare in quel periodo?
Quando ho iniziato a fare il disc-jockey e a produrre musica, ho incominciato a comprare molta UK garage e lì è chiaramente dove affondano le mie radici. Materiale molto underground a quel tempo, artisti come El-B, Zed Bias. Ricreando i dischi che eravamo soliti ascoltare, abbiamo realizzato un nuovo stile che fu presto soprannominato come dubstep.
Come hai saputo coniugare il tuo stile originale a quello di differenti produttori/musicisti con i quali hai collaborato?
Ascolto così tanti stili di musica e non mi sono mai fossilizzato su un unico genere, mi ha sempre eccitato l’idea di lavorare con persone provenienti da diversi background musicali. Sono pur sempre cose che sento nel mio cuore con le quali posso lavorare. Ciò succede, anche se si tratta di un amico, come Benga, e andiamo in studio insieme e abbiamo cose in comune anche al di fuori della musica, come ad esempio il cibo. Qualsiasi persona con la quale lavoro, tendo a stabilirci costantemente una buona relazione.
All’attivo risultano due album come solista: ”Skream!“ (2006) e ”Outside The Box“ (2010). Come è cambiato il tuo approccio nella produzione lungo gli anni? Mi riferisco in particolare all’aspetto tecnologico.
Il processo produttivo è il medesimo. Ho sempre lo stesso equipaggiamento in studio come per esempio software: Fruity Loops etc. Secondo me, adesso, è più una questione di trovare del tempo per produrre. Quando stavo facendo il mio primo album ”Skream!“ avevo un’infinità di tempo mentre per il secondo album avevo molto meno tempo poiché stavo producendo nello stesso frangente anche l’album ”Magnetic Man“. Il processo di scrittura è lo stesso, quindi è più un fattore mentale, trovare del tempo per andare in studio rilassato e mettersi a proprio agio senza ansie inutili.
L’album ”Outside The Box“ è composto da quattordici tracce con stili molto diversi tra loro. A quale immaginario di riferimento ti sei ispirato e quale obiettivo ti eri posto di raggiungere?
Eravamo solo io e moltissima UK garage, drum’n’bass, materiale old school e jungle. Questo LP mi ha dato la possibilità di non fare un lavoro basato prettamente su una sola texture ed ecco il perché per esempio della cover hip hop con Murs. Inoltre ho visto anche l’opportunità, anche se è stata dura, di dimostrare alle persone che sono più di uno stile musicale e per me era, in effetti, un periodo in cui non volevo fare esclusivamente un album dubstep, desideravo comporre di tutto. Il mio obiettivo era proprio questo: fare un album che contenesse tutte le influenze musicali che avevo intercettato fino a quel momento.
Hai partecipato a numerosi festival e questa estate ti vedremo all’Hideout. Quali sono i pro e i contro dell’esibirsi per questi grandi eventi? Non ti manca l’intimità che si crea con un pubblico più ristretto di un club?
Si. Decisamente. Attualmente, oserei dire che preferisco show più ristretti perché mi piace vedere gli occhi della gente in pista. Alcune volte è anche più divertente perché puoi suonare una traccia che normalmente non metteresti durante un festival e puoi constatarne la reazione. L’aspetto positivo ma anche negativo del suonare in grandi eventi è l’emozione di stare di fronte a un enorme folla di gente rivolta verso di te e che ti guarda mentre stai suonando. Nel caso in cui mi esibisco in un festival, infatti, ho un approccio molto più d’impatto.
Chi ti seguiva sarà rimasto sicuramente meravigliato dal tuo cambio di rotta dopo il tuo tour come Skreamizm e la compilation per InTheHouse Records. Questo repentino cambiamento di stile costituisce un punto di partenza o di arrivo nella tua crescita artistica?
Direi che è un punto di arrivo nella mia crescita artistica perché mi ci sono voluti tre, quattro anni per raggiungere questo cambiamento nel mio stile. Adesso che ci sono riuscito, sento che la mia carriera è iniziata di nuovo, in un’altra direzione e credo che ciò rappresenti anche un soffio di aria fresca nonché un nuovo inizio nel mio percorso.
Ultimamente ti abbiamo visto spesso in b2b al fianco di Jackmaster. Com’è nato, invece, questo sodalizio?
Io e Jackmaster siamo buoni amici da tempo. È venuto con me in tour in America e mentre suonavamo musica con il computer abbiamo notato che avevamo influenze simili e una sera in un club ci siamo detti: ”che importa, perché non suoniamo b2b per il resto della serata?“. Anche lui ha lavorato per un periodo in un negozio di dischi a Glasgow. Abbiamo avuto una lunga conversazione sul nostro percorso musicale. Forse questo non porterà ad una release perché Jack non produce ma in ogni modo ci divertiamo sempre insieme ed è quello ciò che conta.
Ora parlando di futuro, cos’altro possiamo aspettarci da te?
Sto aspettando di veder completato il mio nuovo studio. Al momento sono pronto per produrre nuova musica con sonorità più disco, house e techno. Non vedo l’ora. E poi sto cercando di far sapere sempre a più persone che il mio stile è cambiato, quindi suonerò a diversi eventi. Lavoro, lavoro e ancora lavoro. Per il futuro prossimo, adesso che ho cambiato stile, penso di attenermi a quello per il momento, ma in fin dei conti chi può saperlo cosa succederà da qui a dieci anni.[/tab]
[tab title=”English”]Host of this interview is Oliver Dene Jones, real name of the dj, producer and live performer Croydon based, known to most as Skream. His musical journey began with his friend Benga among the dusty vinyls and the upper floor of the Big Apple Records store, where alongside their mentor Artwork, they used to reunite. The rest is history: their prolific triptych in fact will be among those who will launch a new style of electronic music that everybody today use to call dubstep. Since then the line-ups of massive festivals such as Pukkelpop, Glastonbury and Hideout will often show the name of the Skream & Benga dubstep duo. But the surprises are not finished yet because in the meanwhile the eclectic Skream brings forward a solo path that has recently seen a suddenly change of style, an approach to sets (before) and productions (later) founded more on disco, house and techno sonorities to which he wasn’t novice at all. From his answers, one can easily deduce that he will return soon to amaze us just to point out that everything he has done since the 2000s until today is just the top of an enormous iceberg ready to appear on the surface at any moment and collide with our own, predictable, expectations. It’s only a matter of time.
Back in the days, when you were still an adolescent you started working in the record store Big Apple Records, in your hometown, Croydon. So after leaving school at the ”tender“ age of sixteen how did you understand that music would have been your way?
Honestly, I was already making music when I was fourteen. I was really lucky beacuse the record shop I used to work in, Big Apple Records, I was signed to them previously when I was still at school and it was almost all a matter of luck, I had the job effectively once I left school.
How has this work experience contributed to your artistic development?
Working in the Big Apple Records shop has not contributed so much to my artistic development. It has contributed, instead, to my social development, which I think, at the end, that’s why I really understood the importance of buying music in a record shop. It gave me the mentality of a music collector and not just the one of a music fan. Also meeting different people every day and all different types of customers, I think it help me to grow in a way.
Among other things, in that place was born the collaboration with Benga and Artwork under the name ”Magnetic Man“. Explain us the origins of this project.
Arthur Smith “Artwork” used to have a studio upstairs, above the record shop, and Benga and me when we were teenagers we were going there and buying records. We were making music for years together and Artwork was like a “mentor” for us and about six/seven years ago there was a project contest for a live performance. The British Arts Council offered us a chance to do the idea we had, he offered us the money to do that. After the show and the tour there was so much demand that we actually decided to make an album, bearing the same name of the project.
What do you think about Benga’s retirement?
I can’t really think about that beacuse I haven’t spoken yet to him about it.
Which type of records did you use to buy back then?
When I first start to djing and making music, I used to buy a lot of UK garage and that was indeed where my roots began. A lot of very underground stuff: artists like El-B, Zed Bias. Through trying to recreate their records that we usually listened to, we eventually made a new style and that soon became dubstep.
How have you been able to combine your style to that of different producers and musicians with whom you cooperated?
I listen to so much different styles of music, I‘ve never focused myself on just one music, it’s always exiciting me the idea of working with people of all over the universe. It’s always something I feel in my heart I could work. Even if he is a friend, like Benga, and we go to the studio together and have things in common such as music we listen to, food. Everybody I work with I tend to have a good relationship with.
You have released two solo albums: “Skream!” (2006) and “Outside The Box” (2010). How has changed your approach in music production over the years? I refer in particular to the technological development.
It‘s the same process, I used to have the same equipment in studio, softwares like Fruity Loops and so on. Now, it’s more about finding time, giving oneself the time to do it. When I was doing my first album ”Skream!“, I had a lot of time, whereas the second one I had less time, I was making the ”Magnetic Man” album at the same time. The writing process is exactly the same, so it’s more about the mental process actually relaxing, and be comfortable in the studio.
The album “Outside The Box” consists of fourteen tracks dealing with different styles of music. Which imaginary inspired you and what purpose you wanted to achieve with this LP?
It was me and just a lot of UK garage, drum’n’ bass, old school house, jungle. This LP gave me the possibility to not do a one textured album and yes that’s why there is also an hip hop cover with Murs. It shows me the opportunity, even if it’s hard, to demonstrate people that I’m more that one style and for me it was a time when I didn’t want to make just a dubstep album I wanted to make everything. In fact my purpose was to release an album with all the influences I listened to until that time.
You took part in numerous festivals and this summer we will see you at Hideout festival. What are the pros and cons to perform for large festivals? Do you miss the intimacy, created with a more restricted audience of a club?
Yes. Definitely. Now, I would say I prefer smaller shows, I like to see everybody’s eyes on the dancefloor. Sometimes It’s more fun, and you can play a track that you wouldn’t normally play in a festival. The cons but also the pros to perform for large festivals is just the feeling of standing in front of a huge crowd that is staring you playing. If I play in a festival show it would be a lot more impact, a lot more party based.
People, who were following you, would have been amazed by your sudden change of style after your tour as Skreamizm and the compilation for InTheHouse Records. Is this change of style a point of departure or a point of arrival, in your artistic growth?
I would say that is a point of arrival because it took me three or four years to achieve this change in my style. Now I feel that my career is began again. It’s my takeover and I believe it’s also a new breath, it gives yourself a new beginning in your musical course.
We’ve often seen you alongside Jackmaster playing back to back. How was born this collaboration behind the consolle?
Jackmaster and me have been very good friends. He came with me on a tour across America and we were playing music on laptops, we noticed that we had in common similar influences in music and one night in a club we thought: ”just who cares, why don’t we play b2b for the rest of the night?” He used to work in a record shop in Glasgow too. We had a very big, long chat about our taste in music. Maybe this wouldn’t lead to a release because Jackmaster doesn’t produce, he’s just dijing but it’s funny anyway.
Now talking about the future, what else can we expect from you?
I’m waiting to my new studio to be built, and I’m going to produce some new music at the moment: more disco, techno and house stuff. I’m really looking foward to that. I’m just letting people know that my style is changed, so I will play at more different parties. Just working really. For the near future, now that I changed my style of music, I think that this is it currently, but who really knows in ten years what would probably happen.[/tab]
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