E insomma, questa la notizia: nella serata creata dalla veneranda label PAN al Berghain, il prossimo 27 ottobre, un venerdì, ci saranno in line up non solo i “prevedibili” Bill Kouligas (ovviamente), Objekt, Crystalmess, Amnesia Scanner ed altri usual suspects che è normale vedere collegati alla label o comuqnue al suo ecosistema stilistico, ma ci sarà pure – udite udite – Skrillex.
Skrillex? Sì, lui.
Ora, facciamo un test semplice semplice: chi si scandalizza per Skrillex al Berghain è molto spesso, l’avete notato?, qualcuno parecchio convinto che il Berghain ormai sia un circo commerciale e persuaso che chi ancora lo considera un “tempio” sia una specie di ingenuo turista dell’elettronica “vera”, uno che si fa abbacinare dal mito di un posto che in realtà non è più quello-di-un-tempo. Una narrazione molto forte. Legittima. Ed anche convincente: visto che il Berghain da best kept secret per i pochi introdotti che arrivavano a Berlino nel 2005 e pagavano 5 euro per entrarci è diventato ormai invece un vasetto di miele attira-mosche per “easyJet ravers” di tutto il mondo, che ora sganciano 30 euro per entrare; e in più, gli artisti del giro Berghain sono diventati in fretta delle stelle o semi-stelle sul sempre più costoso mercato del booking dei dj. Quindi, è facile per chi ha una visione molto partigiana e barricadera delle cose e della musica elettronica considerare oggi il mega-club di Am Wriezener Bahnhof come qualcosa di ascrivibile al “nemico”: un ingranaggio perfetto della club culture diventata una macchina da fatturazione e del plusvalore capitalista e non più una esperienza “pura”, quindi un totem da combattere o disprezzare.
Ecco. Sentire ad un certo punto che Skrillex – per molto ancora il “barbaro” per antonomasia rispetto all’elettronica “vera” – sia finito all’interno del club berlinese è la dimostrazione euclidea di come ormai il club suddetto abbia venduto se stesso, e ormai non abbia niente di realmente valido e controculturale.
Boh.
A parte il fatto che la serata “PAN 15” è di venerdì, non quindi nel sabato del Panorama e delle Klubnacht propriamente dette, il punto è che se si vuole dire che il Berghain non è più quello di una volta (pochissimi turisti, ingresso a 5 prima e 8 euro poi) va anche bene, ci mancherebbe; ma farlo passare come attuale “Impero del Male” e propagatore delle peggio dinamiche commerciali è comunque un po’ eccessivo.
Sì: il cambio di rotta c’è stato, soprattutto nel momento in cui è scaduta la vantaggiosissima convenzione con le autorità municipali di Berlino (per dieci anni, gli spazi del Berghain sono stati dati in affitto a 1 euro all’anno – si avete letto bene – in cambio dell’impegno a rivitalizzarli, impegno decisamente mantenuto). Da lì sempre più si sono visti segnali di, come dire?, attenzione alle economie, e progressivi rincari del biglietto d’ingresso e dei servizi accessori (vedi la fee per il re-entry). Contestualmente, succedeva quello che spiegavamo già: il Berghain era in qualche maniera vittima ed artefice del suo stesso successo, diventando cioè senza nemmeno volerlo un’icona globale e rendendo “desiderabile” sul mercato tutto ciò che in qualche modo lo riguardava – e questo nonostante il locale abbia sempre mantenuto un profilo bassissimo dal punto di vista del marketing (…avete mai visto delle sponsorizzate sui social del Berghain? E la pagina Instagram, come vi pare? La gente ride abbastanza, quando si mette in posa?).
In effetti il “vero intenditore”, quello che odia gli hype, non può che essere sospettoso e abbastanza ostile verso l’isteria che si è creata attorno alla idea-Berghain (l’interesse morboso attorno alla selezione alla porta, i racconti fuori controllo e spesso lontani dalla verità su quello che succede dentro, in generale una marcata isteria da hype alimentata da chi il Berghain non l’ha capito e, forse, manco c’è mai stato). Ok. Ma bisognerebbe anche essere abbastanza maturi ed oggettivi da notare che il Berghain è tuttora un locale dove non ci sono tavoli e tavolari, dove non ci sono i recinti in cui si può radunare la “bella gente” e/o gli amichetti dei dj in line up quella sera, dove i prezzi al bar non sono artificialmente gonfiati, e dove soprattutto negli anni le line up hanno mantenuto una integrità e una direzione ben precisa, piacesse o meno. Certo: ad un certo punto questa direzione è diventata molto “hype”, tutti la imitavano, tutti la volevano, ma ora che le traiettorie si sono spostate di nuovo – oggi è molto di più il Circoloco a fare da trend setter, da king maker del mercato – il Berghain non si è messo ad inseguire, ma ha continuato tranquillamente per la sua strada, senza concessioni facili, senza inseguire sguaiatamente il mercato o tentando affannosamente di metterci in eterno il cappello sopra.
Insomma, se ad un certo punto, causa enorme successo, certa gente ha iniziato a straparlare del Berghain e a fare di tutto per entrarci, la domanda è: fino a che punto è colpa del Berghain? Cosa doveva fare? Far entrare solo gli amici che dimostravano che nel 2003 si facevano le birrette sulla Sprea con Moritz Von Oswald e Dj Pete parlando di Deleuze e Guattari?
Se dà fastidio tutta questa “aura isterica” commerciale e commercializzata attorno al Berghain, che c’è ed è comprensibile dia fastidio, probabilmente la strategia migliore per se stessi e per (ri)portare le cose nel verso giusto è: non alimentarla.
Skrillex va al Berghain? Boh, va bene, stop: vediamo che tipo di set farà, e amen. Vediamo se sarà solo una mossa paracula della PAN (può essere), o il contenuto artistico offerto dal dj/producer americano sarà all’altezza (ehi: è possibile anche questo). Stracciarsi le vesti per questa cosa, di chi fa il gioco?
Se veramente ci dà fastidio che la musica elettronica abbia delle dinamiche ormai intrise di hype artificialmente gonfiati (ed è così), forse davvero la cosa più astuta da fare è iniziare a sgonfiare questi stessi hype trattandoli più con indifferenza che con ostilità. Ignorandoli, ecco. E tornando alla domanda delle domande: ok, ma la musica? La musica sarà buona, valida? Nel caso di Skrillex al Berghain nella serata PAN 15, ancora nessuno lo sa. Di sicuro Skrillex ha i mezzi tecnici e la conoscenza per offrire qualcosa di interessante, almeno potenzialmente: chi lo nega è rimasto fermo al lato mega-commercialone di Skrillex, e dimostra – lui sì – di vivere più di luoghi comuni che di conoscenza reale delle cose.
Se vogliamo evitare che il clubbing diventi definitivamente una “collezione di figurine”, come rischia di fare, iniziamo noi per primi che siamo contro questa deriva a non cadere nello stesso errore. Perché ogni tanto si fa in fretta a passare – per eccesso di manicheismo – dalla parte della ragione a quella del torto peggiore, e più stantio.