Apolide aveva già dovuto adattarsi, trovando nell’Area Naturalistica Pianezze, vicino a Vialfrè, Piemonte una nuova casa dopo la sua nascita ad Alpette. Un bosco dove poter diventare un qualcosa di speciale nel panorama dei festival, attirando sempre più persone e facendo l’exploit lo scorso anno con una line up di alto livello. Un contesto peculiare, immerso nella natura, in grado di creare attività partecipative oltre ai concerti, come il campeggio o il trekking. Un approccio e una cura dei dettagli che lo rendeva unico, e che ha messo i presupposti per un edizione 2023 molto ambiziosa con tanti nomi internazionali. Rendeva, appunto. Bisogna usare il passato visto che quest’anno il festival ha dovuto improvvisare e snaturare il proprio ecosistema a poche settimane dall’inizio.
Lo slogan del festival è “Apolide, or life in the woods”. Dal 26 giugno quel “or” è sbarrato, con un “no” in rosso scritto a mo’ di correzione scolastica, diventando “No life in the woods”. Perché Apolide ha perso il suo bosco a Vialfrè. Gli è stato tolto, come gli organizzatori hanno raccontato in una nota stampa diffusa proprio quel giorno intitolata “Apolide perde la sua casa”. Se volete capire bene cliccate sul link incorporato. È una vicenda lunga 11 mesi, parallela all’organizzazione di un festival forte di un’iconografia precisa e convinto di poter avere luogo come al solito grazie alle rassicurazioni di tutti. Ma ha dovuto lottare per sopravvivere con un muro fatto di burocrazia che ha usato un pretesto per negare ad Apolide, e non solo, la possibilità di regalare altri quattro giorni di magia e amore al suo pubblico. Sudare per lavorare nel rispetto delle regole e trovarsi infine la porta di casa chiusa, per poi “appoggiarsi a casa di un amico”, ovvero il Parco della Certosa di Collegno, poco fuori Torino. Un luogo troppo grande e dispersivo per Apolide, non solo senza un bosco ma senza neanche un albero. Una soluzione necessaria, che fa perdere le basi su cui si fonda questo festival ma che sembra un salvataggio in extremis per concedere quantomeno le giornate di grande musica promesse.
Dover cambiare i piani e arrangiarsi a poche settimane dall’inizio del festival è una cosa “non bella”, come ci ha spiegato Salvatore Perri, fondatore di Apolide. Perché “quando visualizzi un progetto particolare come Apolide il contesto è l’ingrediente principale“. Con la perdita dell’Area Naturalistica Pianezze, che ha ospitato per 9 anni il festival dopo il trasloco da Alpette, si è perso proprio il contesto per cui Apolide ha preso vita. “È stato costruito pezzo per pezzo con tanta pazienza, attività pensate per il pubblico, attenzione maniacale. Solo per questo va tutelato. Ora è cambiato tutto, abbiamo perso il bosco, e abbiamo avuto la fortuna che il nostro partner Hiroshima Mon Amour ci ha aiutato trovando nel Parco della Certosa di Collegno un letto da occupare”.
Basta natura. “Apolide nel 2023 è costretto a emigrare in un contesto urbano“, continua Salvatore, “non c’è neanche un albero, portando via delle colonne portanti come il campeggio, le attività sportive e il trekking. L’approccio partecipativo creato per il pubblico viene a mancare. Restano solo i concerti, che sono solo una parte dell’idea dietro Apolide. Un grande dispiacere che tutto questa accada proprio a 20 anni dalla nascita della manifestazione”. Un compleanno importante rovinato.
Ma per fortuna la passione e la voglia di portare a casa questa edizione hanno prevalso. “Ci siamo trovati a onorare i contratti con artisti e fornitori dovendo però cambiare tutto un mese prima dell’inizio della manifestazione”. Quella dei contratti già firmati, del lavoro di mesi, di una macchina in corsa che comporta gravi perdite economiche fermare non in tempo è una dinamica che spesso chi deve prendere decisioni sulle tempistiche per dare l’ok non comprende appieno. In un periodo dove si guarda spesso con sospetto a eventi che radunano tante persone, il disturbo della quiete pubblica è il primo pretesto per mettere veti (pensiamo al decreto anti-rave) ignorando la competenza messa in gioco. “Parliamo di un evento finanziato da Ministero della Cultura, Camera di Commercio e Regione Piemonte. Non è una macchina semplice. Questa cosa non è stata compresa. In maniera paradossale, oltretutto, perché non si è voluto trovare una soluzione per far combaciare contesto culturale e ambientale. La cosa che ci è stata detta è: fate pure, ma non accendete impianti”. Una vicenda che sa di presa per i fondelli, nonostante il rispetto. “La politica non ci ha dato contro, anzi hanno sempre detto che bisognava trovare una soluzione. Ma si è voluto trovare un pretesto“.
Ed è ironico che il pretesto per far saltare un festival che vuole far convivere natura e cultura sia stata la sensibilità ambientale, ridotta a “beghe di paese” come continua a spiegare Salvatore. “La sensibilità sull’ambiente sta fortunatamente cambiando. Le basi dei discorsi sono mettersi a cercare soluzioni anche come studio e ricerca per far combaciare due contesti, uno culturale e l’altro ambientale, entrambi complessi e delicati. Non è stata studiata la tematica culturale da parte di chi ci ha negato la soluzione. Tutto per una cosa molto piccola, con la giunta completamente a favore del festival, ma che si trova contro una singola persona che si è messa ad attaccare il sindaco per ogni cosa negli ultimi anni. Purtroppo era arrivato il turno di Apolide. Si è impelagato, perché disturbato dal rumore, nel trovare un problema ambientale facendo il burocrate e ottenendo man forte da funzionari fondamentalisti“.
“Un ecosistema naturale va tutelato, ma anche Apolide è un ecosistema, ed è stato sabotato da soggetti che dovrebbero sapere cosa vuol dire la tutela di certe manifestazioni. Ho ovviamente rabbia, evitando di fare polemica, perché sono convinto che loro non sappiano che cosa abbiano combinato, delle risorse e i valori sociali che sono in gioco con Apolide”.
Non sono bastati tanti sforzi, tanta pazienza e tanta competenza richiesta per far capire che lo svolgimento di Apolide non avrebbe compromesso nulla per la fauna locale. “Il vento su queste tematiche sta cambiando, c’è professionismo all’ennesima potenza nel rispetto della legge. Non siamo pirati, se le regole cambiano bisogna agire. Non mi fa arrabbiare che altri festival continuino a esistere, mi fa arrabbiare non conoscere le regole d’ingaggio visto che non siamo andati a caso ma in un luogo predisposto per gli eventi, dove sono cambiate le condizioni da qualche anno. Ma se chiedi come sono cambiate e cosa fare per coesistere nessuno te le sa dire o non le conosce preferendo il gioco della burocrazia con i suoi tempi esasperanti“.
Un approccio scoraggiante, molto poco rispettoso del lavoro altrui. “Se avessi capito che la reputazione di Apolide stava scendendo nel bosco di Vialfrè mi sarei fermato prima. Invece tutti sanno della fatica e gli sforzi fatti per la tutela, dall’impianto a pannelli solari alle zero emissioni di CO2. Ma la cosa che da fastidio è il volume, per 4 giorni all’anno in un comune da 250 abitanti, mettendo di mezzo la fauna locale nonostante gli studi dicono che non c’è nessun disturbo”.
Scoraggiante è la parola chiave di questa storia, ma a questo punto bisogna mettere da parte questo stato d’animo per l’inizio del festival. Per quanto impoverita dal trasloco dell’ultim’ora, la proposta artistica di questa edizione ha puntato su nomi internazionali importanti, cercando un trasversalità musicale lodevole e per tutti i gusti. Ci sarà il viaggio elettronico dell’immortale Jeff Mills insieme ai musicisti Jean-Phi Dary e Prabhuo Edouard che metteranno in scena “Tomorrow Comes The Harvest”. Il suono in grado di mescolare musiche eclettiche orientali e elettronica di Omar Souleyman e quello della giovanissima artista isrealiana Noga Erez. Il nu jazz di Theo Cross. Il cantautorato folk di Xavier Rudd. Il punk dei Deadletter e dei Millais Flower Honey. E poi Lucio Corsi, Bruno Belissimo, Kerala Dust, Avalanche Kaito e Bulgarian Cartender.
Una ricerca di tante sonorità differenti. Un festival che dal piccolo ha guardato ai modelli internazionali lavorando sul concetto esperienziale e costruendo un proposta il più variegata possibile. “Avevamo già portato ospiti internazionali come Alice Merton, e in più le line up dei festival sono tutte uguali ultimamente. Per non perdere unicità, cavalcare l’exploit dello scorso anno e celebrare i 20 anni di Apolide abbiamo fatto questo scatto, aprendo al panorama internazionale consistentemente. Tanti generi. Elettro-pop, medio oriente, rock&roll glam, post punk, con ospiti che hanno un tiro internazionale. Abbiamo cercato un identità più pronunciata in termini artistici”.
“Il festival cambia“, continua Salvatore, “andiamo in un’area più grande. Nel parco abbiamo due palchi, il main stage e un palco sui generis dove si intervalleranno gli artisti emergenti. Il palco club lo abbiamo spostato in città, ai Murazzi di Torino, dentro il Magazzino sul Po. Lì ad alternarsi ai dischi ci saranno dj come Gambo, Lollino e Topper“.
Un vero peccato che questa line up si esibirà in un contesto tutto nuovo per Apolide. “Una configurazione che smembra il festival, necessaria per salvare tutto quanto. Ovviamente c’è stata la finestra di rimborso con il cambio di location a causa di questo smembramento, ma eravamo in dovere di portare a casa la manifestazione. Purtroppo non è il luogo per Apolide”.
Questa è la storia di un’anima chiara e trasmessa al suo pubblico, che si è dovuta scontrare con l’incomprensione di cosa rappresenta. Ma non si ferma. E merita di farci un salto. Si parte giovedì 20 luglio e si conclude domenica 23. Trovate i bliglietti qui. Già l’anno scorso qui su Soundwall vi avevamo consigliato di farvi tutti i giorni se potete. Quest’anno vi consigliamo altrettanto, per motivi diversi. Progetti culturali del genere meritano sempre supporto, e Apolide mai come quest’anno. È una storia che scoraggia e ha inciso molto sul sistema e la magia del festival. Noi ci goderemo questa edizione per andare oltre una trama grottesca e per tornare a sognare, sperando che Apolide possa ritrovare una nuova casa congeniale e perfetta come lo erano Alpette e Vialfrè dal prossimo anno.