Fa quasi strano. Eravamo abituati agli annunci del Sónar che scandivano regolarmente le stagioni, al massimo ci si divideva fra chi attendeva gli annuncia sonariani per capire come, quando e cosa avrebbe trovato all’Off, e poi all’improvviso è arrivata una pandemia a far saltare per aria le ultime due edizioni, anche in modo faticoso e frastagliato, con annunci-non-annunci, silenzi, rinvii, annullamenti finali: e non certo per impreparazione o avventurismo degli organizzatori, ma semplicemente perché se già lavorare agli eventi sotto pandemia è difficile, farlo per qualcosa che ha una scala mondiale e che attira regolarmente più di 100.000 persone (e migliaia di lavoratori tra tecnici ed artisti, sparsi sulla dozzina di palchi tra diurno e notturno…) è difficilissimo. Difficilissimo. Come manovrare un transatlantico in un porticciolo – e senza la irresponsabile approssimazione di uno Schettino. Anche perché il Sónar ha un profilo altissimo da difendere, costruito in più di due decenni, passo dopo passo: non può fare cazzate.
Insomma: potete iniziare a prendere i biglietti per il Sónar 2022 (ah, oggi tra l’altro ultimo giorno per avere l’abbonamento globale a prezzo ribassato) e ad organizzarvi il viaggio? Sotto varie evidenze, la risposta è: sì. Ci sono gli headliner (citiamo alla rinfusa tra gli “usual suspects” stacca-biglietti: Chemical Brothers, Moderat, Bonobo, Hawtin, Prydz, Zonneveld, Agoria, De Witte, Blessed Madonna, Arca); c’è una concentrazione in soli tre giorni di un mare di act interessanti da mettere alla prova in un contesto così responsabilizzante (Joy Orbison, Helena Hauff, Skee Mask, Avalon Emerson, Oneohtrix Point Never, Tiga che “resuscita” Hudson Mohawke in un progetto collaborativo, Lafawndah, Paranoid London, Tommy Cash, Serpentwithfeet, i “nostri” Nu Genea in versione live… ed è un elenco solo parziale), ci sono i back to back stimolanti (Jennifer Cardini e Perel, Eris Drew ed Octo Octa), ci sono moltissimi nomi che non conoscete o che conoscete poco e che sono la vera ricchezza del Sónar fin dal giorno uno (è un festival che nasce prima di tutto per “scoprire” la musica, e come tale speriamo sempre che rimarrà, pur avendo ora l’obbligo di fare i numeroni), anche dal punto di vista geografico, perché spesso e volentieri si esplorano sonorità non da dancefloor o live meramente occidentale, significativa in tal senso l’ultima ondata di annunci in line up, giusto stamattina. E c’è pure, confermato, confermatissimo, il Sónar +D: la costola “intelligente” del festival nella sua parte diurna, quest’anno anzi ulteriormente implementata con un nuovo palco e una dichiarata intenzione di dare ancora più spazio a talk di spessore.
Gli elementi sono sempre al proprio posto, ecco. La pelle del festival è mutata dalle prime edizioni, ovviamente: ma è uno di quei casi in cui è stupido ed un po’ egoista fare i nostalgici, gli “Era meglio quando eravamo in 300 lì nella chiesetta accanto al MACBA“, perché l’idea di unire in modo organico ed accurato grandi folle e ricerca musicale, raver pedalatori ventenni ed intellettuali vezzosi pluricinquantenni (più tutto quello che ci sta in mezzo), è una utopia meravigliosa, e che per quanto ci riguarda resterà sempre e comunque più meravigliosa – anzi, prima di tutto coraggiosa – di chi invece pensa solo a presidiare la propria “nazione d’appartenenza”, mainstream o underground che sia, per quanto bene e con cuore possa farlo.
Fuori le date: 16, 17, 18 giugno 2022. La città: la solita, Barcellona. Fuori le info: basta andare sul sito ufficiale. Biglietti: qui. Nelle prossime settimane vi forniremo ulteriori approfondimenti. Ma quello che possiamo dire ora è: il Sónar è tornato. Certo, Putin permettendo, o imprevedibili varianti pandemiche permettendo; ma di tutta la “normalità” che vogliamo riguadagnare, questa – per noi appassionati di un certo tipo – è una delle più preziose, una delle più divertenti, una delle più stimolanti. Per poi tra l’altro provare a migliorare le cose anche in casa nostra, magari.