Io amo le liste. Le amo. Giuro. Le amo talmente tanto che al momento di doverne mettere insieme una per Soundwall mi sono bloccato e per ore ho guardato la pagina bianca un po’ come si guarda una mucca che guarda un treno. Perché insomma, mica funziona così, che ti svegli una mattina e cominci a buttare giù una lista praticamente a caso, senza darti un tema, una regola, un filo conduttore da seguire prima di mandare tutto in caciara. E no, non si può. Per cui cari amici prendete le poche parole che seguono come una piccola guida: questa è una nuova rubrica di Soundwall, avrà una cadenza mensile, sarà scritta e redatta dal sottoscritto (Piacere, Emiliano) e avrà il compito di traghettarvi da un mese all’altro mettendo in fila un po’ di cose che magari avete perso e potreste avere voglia di recuperare, oppure anche no. L’obiettivo è solo aizzare la vostra curiosità.
Cominciamo?
[title subtitle=”Tre dischi del 2013, da riscoprire nel 2014 (Ovvero: quell’album che non avete messo nella lista dei dischi dell’anno e che invece era un capolavoro).”][/title]
Fire! Orchestra – Fire!
Matt Gustafsson ha passato il 2013 a suonare in tutti i dischi belli usciti nel 2013 (ok, sono solo tre, ma è comunque una bella media), questo probabilmente è il suo capolavoro: la Fire! Orchestra non è altro che una big bang composta da una ventina di jazzisti svedesi (più Andreas Werlin dei Wildbirds & Peacedrums alla batteria, Johan Berthling al basso e Mariam Wallentin alla voce), che si diverte a suonare e mischiare qualunque cosa. Free jazz, kraut rock, soul, funk, quello che volete voi, qui dentro c’è praticamente tutto. Un vero e proprio disco senza tempo che guarda senza alcuna timidezza ai lavori della Arkestra di Sun Ra o della Charlie Haden Liberation Orchestra. Garantisce il marchio Rune Grammofon.
Black Hearted Brother – Stars Are Our Home
Si sono riuniti gli Slowdive, suoneranno a Londra e al Primavera Sound, ma altre date sono pronte per essere annunciate e questo dovreste saperlo tutti. Quello che non forse non sapete è che, alla faccia della retromania, mentre tutti parlano del passato di Neil Halstead, lui sta continuando a fare cosa egregie. Ora. Nel presente. Oggi. Anzi, adesso (ciao Matteo Renzi, ciao!). Black Hearted Brother è un power trio (con lui ci sono Nick Holton e Mark Van Hoen) che suona space rock come nessun altra band in questo momento. “Stars Are Our Home”, pubblicato dalla Slumberland, è un piccolo gioiellino di genere. Uno di quei dischi da ascoltare esclusivamente a volume alto.
Toy – Join the Dots
I Toy avevano esordito un paio d’anni fa (forse anche tre) facendo gridare al miracolo in ogni parte del globo. Io, non lo dico tanto per fare il fico, avevo ascoltato quel disco con l’espressione tipica dei vecchietti del Muppet Show, un po’ come a dire: “Tutto qui? Davvero vi piace questa cosa? Ma non lo fanno molto meglio i Julie’s Haircut qui da noi?” Eppure i Toy continuavano a venire incensati da chiunque, arrivavano a suonare in Italia, riempivano i locali, mentre io mi convincevo definitivamente di essere uno stupido. E sono rimasto tale fino a pochi mesi fa, quando l’uscita del loro nuovo “Join the Dots” è passata praticamente inosservata. Peccato, perché questa volta l’hype sarebbe stato giustificatissimo: i Toy continuano a mischiare kraut rock, psichedelia e pop di matrice brittanica, ma finalmente cominciano anche ad avere le canzoni. Di quelle che ti ricordi, che ti entrano in testa, e che non ti lasciano più andare.
http://www.youtube.com/watch?v=nI2oeNw-InM
[title subtitle=”Due dischi che invece sono usciti nel 2014 (o che stanno per uscire) e che dovreste ascoltare tipo subito.”][/title]
Thee Silver Mt. Zion Memorial Orchestra – Fuck Off, Get Free, We Pour Lights on Everything
Pura emotività. E calci in faccia. Efrim Menuk rimette in soffitta i Godspeed You! Black Emperor e pubblica il suo disco rock definitivo. “Fuck Off, Get Free…” è urgente, nervoso e pieno di spigoli. Sa di rabbia e rivoluzione, di Swans e Bad Seeds. È l’hardcore di chi non ha bisogno dell’hardcore.
Beck – Morning Phaese
È tornato Beck. Più o meno. “Morning Phase” uscirà solo il 25 febbraio ma vi possiamo già dire che si tratta di un gran bell’album. Invernale al punto giusto, pieno di chitarre acustiche, archi e riverberi. Quello che ci voleva, e che mancava.
[title subtitle=”Tre cose da ascoltare in streaming via Internet.”][/title]
Four Tet – Just Jam 86 2 Hour Dj Set
Ok, questo set è vecchio di un anno. Dovreste averlo già visto tutti, ma volete sapere una cosa: non scade. Le robe belle vanno divulgate e poi vanno ricordate. Ma andiamo con ordine: da un po’ di giorni sappiamo che Four Tet non è Burial e che tutti sono Burial, bene. Ora possiamo tornare con serenità ad apprezzare le robine del buon Kieran. Sì, anche quelle vecchie come questo dj set lungo due ore, solo vinile, e solo di roba psichedelica e stramberie etniche varie. Genera dipendenza e più di una visitina su Discogs. La mia carta di credito ne sa qualcosa (perché Four Tet è cattivo, e mostra i vinili che passa, e tu che li guardi finisce che poi te li compri).
Go Dugong – Coffee, Weed and Happiness mixtape
Go Dugong è uno bravo. Bravo quando produce o scrive canzoni, ma bravo pure quando si diverte con un mixato a base di raggae, calipso, e tutto quello che serve per stare a casa felici e sfattoni davanti una bella tazza di caffè americano.
Tiger!Shit!Tiger!Tiger! – Tweens (Fab Mayday Remix)
I Tiger!Shit!Tiger!Tiger! sono i No Age italiani. Anzi, sono pure meglio. Fanno indie rock, quello bello, provinciale, e per niente incline ai fighettismi. Si sono fatti apprezzare anche fuori dall’Italia, ma mai avremmo immaginati di sentirli in versione disco madchester come in questo remix di Fab Mayday (la mente dietro la Italo Italians records). Irresistibile.
[title subtitle=”Due dischi di cantautorato italiano.”][/title]
Nonvogliocheclara – L’amore finché dura
Ok, è una provocazione: parlare di cantautorato italiano su Soundwall è come bestemmiare al Santuario del Divino Amore. E il cantaurato italiano, oggettivamente, ha più di qualche problema, così com’è ancorato a un immaginario fondamentalmente sciovinista e votato al passato. Figlio di un mondo che inizia con De André e spesso finisce a De Gregori. E allora perché parlarne? Perché non mancano esempi virtuosi, dotati di spessore artistico e personalità. I Non Voglio Che Clara c’erano prima di tutti, c’erano quando la musica italiana era più fico farla in inglese e non hanno mai ceduto di un passo. Sono rimasti fedeli alla loro poetica che era e rimane unica. Questo è il loro album pop, nel senso che contiene grandi canzoni.
Una su tutte: L’escamotage.
Vessel – Le difese
Siamo talmente abituati ad associare Corrado Nuccini ed Emanuele Reverberi ai Giardini di Mirò, che l’ascolto di questo primo album di Vessel potrebbe risultare un piccolo shock. Ecco, in un momento in cui si straparla di cantautorato, i Vessel sono tra i pochissimi a farlo davvero. Nel senso che si muovono nel solco preciso di una tradizione e lo fanno in un modo talmente puro da non avere quasi rivali. “Le difese” è un album crudo, nudo, un “Cristo in croce” (per citare un verso di La spinta).
[title subtitle=”Due serie televisive (una che fa ridere e una no).”][/title]
Brooklin Nine-Nine
In pratica è la “The Office” dei distretti di polizia (niente a che vedere con la serie di Canale 5). La comedy più divertente dell’anno ha Andy Samberg come protagonista, nei panni del detective Jake Peralta, e un manipolo di scalcagnati poliziotti del distretto 9-9 di New York (quello di Broccolino). I personaggi sono costruiti benissimo, le gag non mancano e se siete in cerca di un buon intrattenimento, di quelli veloci (ogni puntata dura al massimo ventidue minuti), questa è la serie che fa per voi!
True Detective
La nuova serie della HBO. La prima vera serie che inaugura ufficialmente il post “Breaking Bad”: atmosfere torbide, ritmi rallentati e due prove d’attore maiuscole, quelle di Matthew McConaughey e Woody Harrelson. La trama parte dal ritrovamento del cadavere di una prostituta (uccisa probabilmente da un serial killer) e si divide in un doppio piano temporale: da una parte il 1995 e dall’altra il 2012. In mezzo ci sono diciassette anni in cui è accaduto di tutto. Siamo arrivati appena alla terza puntata, per cui non vi sveliamo nulla: avete tutto il tempo del mondo per salire a bordo. Fatelo subito.
[title subtitle=”Cinque canzoni cinque da ascoltare tutte di fila.”][/title]
Australia – Hotter than Me
Have a Nice Life – Burial Society
Be Forest – Sparkle
RDGLDGRN – Doing the Most
Bill Callahan – Thank Dub