Le persone che hanno lasciato il segno nel 2016 scelte e spiegate da Antonio Fatini, Emiliano Colasanti e Dimitri Quintini.
BEYONCÉ
L’anno per Beyoncé inizia con il botto: pubblicazione del singolo “Formation” ed esibizione al 50° Super Bowl. Tutto in 48 ore, chiaro. Lo spettacolo crea qualche polemica, la coreografia di Queen B infatti strizza l’occhio alla rivoluzione afroamericana dei ’70/’80. Si inizia ad intuire che Beyoncé non punta solo a dominare ancora le classifiche, vuole dire la sua. La conferma arriva due mesi e mezzo più tardi quando un film/documentario di un’ora è la scusa per lanciare “Lemonade”, sesto album in studio per la cantante. L’album tocca temi precisi, che Beyoncé aveva già affrontato, ma mai in modo così chiaro ed autobiografico. Dopo l’album parte il tour, le classfiche sono dalla sua parte, che si parli di Billboard o dei brani più ascoltati su Spotify. Beyoncé è sempre Beyoncé, ma da oggi i suoi messaggi saranno sempre più personali e sempre più politici. – Antonio Fatini
CARL COX E PEPE ROSSELLÒ
Nell’anno della chiusura di uno dei locali simbolo come lo Space, non potevamo non citare i due che, di fatto, sono stati tra i simboli dell’isla bianca, del locale stesso e quindi anche dell’universo del clubbing edonista e vacanziero. Carl Cox e Space si può dire fossero una cosa unica, il dj inglese qui teneva i party più importanti e, guarda un po’, tra i più frequentati e imprescindibili dell’isola, Pepe Rossellò era il boss del locale di Playa d’en Bossa, uno degli artefici del successo mondiale ibizenco e del suo modello di discoteca, esportato un po’ ovunque, simbolo universalmente riconosciuto di discoteca. I due perciò non possono non essere inseriti tra i personaggi del 2016, anche perché la chiusura dello Space, a vantaggio del vicino Ushuaia, rappresenta “de iure” la svolta di Ibiza verso sonorità decisamente più commerciali e verso un pubblico decisamente più standard rispetto al passato. – Dimitri Quintini
COSMO
Cosmo è l’emblema di un certo tipo di artista che fino a ieri conoscevano in pochi e che oggi si sente nominare in radio più volte del segnale orario. Uno degli artisti di quella scena che è diventata definitivamente mainstream e che ha riportato al grande pubblico i sintetizzatori anni 80, il timbro vocale e lo stile di un certo tipo (da Vasco e Carboni a Jovanotti) ma soprattutto la cassa, non quella delle produzioni che rincorrono il suono Major Lazer, ma quella de “L’Ultima Festa”. Perché se Vasco e Jovanotti sono riferimenti a cui la gente è ormai abituata, i testi e le basi di Cosmo alle otto del mattino su una radio di punta sono il segnale che il 2016 è stato l’anno della consacrazione. Lo dice anche Le Monde. – Antonio Fatini
DONALD GLOVER
Questo tizio a 33 anni ha già fatto tre dischi, un sacco di mixtape, recitato in una serie tv di culto (Community), scritto, diretto, interpretato e prodotto quella che probabilmente è stata la vera novità della stagione televisiva americana (“Atlanta”, serie dedicata alla scena south-rap-trap cittadina, una cosa a metà tra il dramma e la commedia). Cosa deve chiedere Donald Glover (meglio noto come Childish Gambino) al 2016 che il 2016 non gli ha già regalato? Quest’ultimo è stato senza dubbio il suo anno, chiuso alla grande con “Awaken, My Love!”, l’album con cui si è allontanato dal rap per diventare una specie di crooner soul/funk tornato indietro dal futuro e con le radici ben piantate nel passato. Tutti lo vogliono e tutti lo cercano: avrà un ruolo da co-protagonista nel prossimo spinoff di Star Wars, quello dedicato ad Han Solo e i late night show se lo contendono come ospite tra i più ambiti. Se tutto continua ad andare così stiamo assistendo alla nascita di una nuova superstar. Il prossimo Will Smith. – Emiliano Colasanti
FRANK OCEAN
L’attesa nei confronti del successore di “Channel Orange” aveva fatto talmente tanto il giro da essere diventata un meme. Frank Ocean è praticamente passato dall’essere il nome nuovo su cui tutti scommettono a diventare una superstar globale praticamente senza fare nulla. Soltanto scomparendo e lasciando parlare gli altri. In un’epoca regnata dalla sovraesposizione mediatica costante, la sua parabola fa ancora più effetto e così, dopo essere stato annunciato la prima volta per il 2015 ed essere stato pluri-rimandato, finalmente il suo secondo album è arrivato e – SORPRESA – non era un album solo ma addirittura due. E se “Endless”, un visual album bizzarro e dai tratti musicali davvero inafferrabili e policromi, è stato preso da tanti come un trucco per liberarsi da un contratto – quello con la Def Jam – che ormai gli andava stretto, con “Blonde” (o “Blond”, si può scrivere in tutti e due i modi) ha alzato l’asticella trasformando la sua musica in una cosa ben diversa e ben più complessa del soul/rnb in cui era stato relegato agli esordi. Frank Ocean di fatto si ritrova essere la popstar meno pop tra quelle su piazza, un autore coraggioso e talentuoso e dalla personalità artistica evidente. Fino a oggi non ha davvero sbagliato un colpo. – Emiliano Colasanti
GHALI
2016: l’anno in cui Ghali si è preso la musica italiana e se uno guarda indietro quasi non ci può credere. Ghali aveva cominciato il 2015 come il rapper più odiato della nuova scena italiana, l’emblema del peggio del peggio. Uno che voleva fare il botto, non c’era riuscito e per questo meritava di essere dileggiato. Ma è proprio nel momento più difficile della sua carriera che ha dimostrato di avere una marcia in più rispetto agli altri: ha fatto tabula rasa di tutto, si è tirato fuori da situazioni scomode e imbarazzanti, è ripartito dalle ceneri di un contratto quasi major diventato una sorta di gabbia dorata e ha semplicemente ricominciato a essere se stesso. Si è ricostruito da zero la sua immagine, ha trovato in Charlie Charles il produttore perfetto per la sua musica, e a colpi di un singolo al mese è arrivato al 2016 passando dall’essere completamente inosservato a fare milioni di views. E quando chiunque al suo posto si sarebbe sbrigato a pubblicare un album in fretta e furia, per capitalizzare il momento e firmare di corsa con una major, ha deciso di rallentare, continuare per la sua strada e fare tutto da solo con la struttura che si è costruito su misura. Il risultato: con Wily Wily ha pubblicato quella che forse è la sua traccia più bella e matura di sempre e che spiega bene il perché sia anche politicamente importante che i ragazzini abbiano come idolo un tunisino di 24 anni che inserisce parti in arabo nelle sue canzoni, mentre con Ninna Nanna ha preso il volo polverizzando ogni record (primo della storia della musica italiana a finire in testa alla classifica FIMI con un singolo pubblicato solo in streaming e solo su Spotify) e diventando di fatto la popstar del futuro che il nostro paese stava cercando da anni. L’essere finito, poi, tra i protagonisti di un evento come il ClubToClub del 2016 rende la sua figura ancora più trasversale e interessante. Nel 2017 dovrebbe uscire finalmente il suo primo vero e proprio album. – Emiliano Colasanti
KANYE WEST
Passerà un anno senza che Kanye finisca nella nostra lista dei personaggi più discussi e discutibili della stagione? La risposta è semplice: no. Il 2016 è iniziato con la pubblicazione di “The Life of Pablo”, primo disco a essere disponibile solo in streaming, non stampato in copia fisica e neanche acquistabile in download, a finire in testa alla classifica degli album più “venduti” negli Stati Uniti d’America. Un fatto storico anche per via della natura stessa del progetto: Kanye West ha infatti continuato a lavorare, cambiare e post-produrre “The Life of Pablo” anche dopo la sua pubblicazione ufficiale finendo di fatto per aver creato il primo disco in divenire di tutta la storia della musica. Una specie di opera d’arte in movimento che, come la vita, cambia di mese in mese. Con Kanye però va sempre a finire così: non si capisce mai il confine tra una buona idea e una megastronzata galattica messa su giusto per continuare a fare parlare di sé. Più o meno come annunciare su Twitter di essere in bancarotta, chiedere un prestito a Mark Zuckerberg, litigare, poi fare pace, poi litigare di nuovo a mezzo stampa con Taylor Swift e chiunque gli sia capitato a tiro nella settimana sbagliata, pubblicare un video – quello di Famous – che è esattamente a metà tra l’essere una delle robe più politiche dell’anno e una delle più fanfarone, pubblicarne un altro – Fade – che invece è nettamente tra le cose più belle a essere uscite nel 2016. Poteva finirla qui? Sì, ma invece ha deciso di imbarcarsi in uno dei tour più ambiziosi di tutta la sua carriera, quello col palco volante, per poi interromperlo nel peggiore dei modi con concerti annullati e smattate varie sul palco che gli hanno fatto perdere ancora altri soldi e l’han portato a finire l’anno in una clinica per persone sull’orlo di una crisi di nervi (Kanye a quanto pare era ben oltre l’orlo). Nel delirio finale di questi ultimi mesi ha pure trovato il tempo di appoggiare Donald Trump – cosa che fa ancora più scalpore se detta dall’uomo famoso per avere accusato Bush in diretta di tv – e andare a incontrarlo per parlare dei problemi di Chicago e della sua, sua di Kanye, possibile candidatura a Presidente degli Stati Uniti nel 2024 (prima era 2020, ma che non glielo facciamo fare un altro mandato all’amico Donald?). Insomma, a parte rasarsi a zero e scriversi Antichrist sulla testa ha davvero fatto di tutto. – Emiliano Colasanti
LA MORTE
C’ha pensato Chris Baker a spingere in rete l’assist che la morte ha confezionato minuziosamente in questi 365 giorni : ci sono infatti tutti i volti delle persone influenti che sono morte nel 2016 in questa versione di “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band”. Uno dopo l’altro, da Bowie a Prince, passando per David Mancuso e George Michael le morti celebri si sono portate dietro coccodrilli, ricordi, sarcasmo, commenti infelici e tutto il resto che i social network possono mettere sul piatto. La inseriamo nella lista, consapevoli che nei prossimi anni sentiremo ancora parlare di lei, sperando di lasciarci alle spalle tutto il resto del circo. – Antonio Fatini
LORENZO SENNI
Sarebbe fosse stato più corretto inserire Lorenzo Senni nella classifica 2014, grazie al suo “Superimpositions” che lo portò sulla bocca e sulle puntine di molti, in Europa. Quest’anno con la firma con Warp, il produttore italiano ha decisamente alzato l’asticella, inserendo il suo nome in uno dei roster più importanti e influenti della storia della musica elettronica e iniziando questa avventura con un doppio EP e sopratutto un tour, a firma Warp Records, che lo ha di fatto inserito tra le proposte più interessanti dell’anno. – Dimitri Quintini
MOTOR CITY DRUM ENSEMBLE
Che la figura di Danilo Plessow fosse in ascesa da tempo non è certo una scoperta, ma quest’anno si può ben dire che il dj tedesco abbia raggiunto le vette più alte della propria carriera da dj, diventando uno dei nomi più ambiti dai promoter e più attesi dal pubblico. L’ascesa di Motor City Drum Ensemble segna, inoltre, una discontinuità con il dj che è anche produttore (il nostro è fermo da qualche anno, sotto questo aspetto) ma è anche il simbolo della ricerca archivistica che oramai caratterizza sempre più house e techno. – Dimitri Quintini