In un punto indefinito del cosmo segnato da nebulose fatte di musica elettronica pilotata da questo trend che la vuole “di facile consumo”, si erige statuaria la presenza di un argonauta dello spazio musicale, nella sua forma umana, Jack Hamill. Dal suo esordio con “Love Quadrant”, precocemente maturo per la completezza sonora e la costanza con cui, poi, l’irlandese ha portato avanti questa sorta di ibrido musicale fatto di caldo e sensuale funk anni ottanta, tasselli di bit su bit fatti di cibernetica elettronica e di sintetizzatori analogici dal suono romanticamente unico fino all’approdo, con la sua navicella, nell’orbita del pianeta R&S, dove hanno capito fin da subito che lasciarsi scappare questo talento sarebbe stato un grave errore.
E infatti da lì sono venuti due dischi, un EP (“The Temporary Trillz”) e una sorta di prequel dell’album in vista (“The Pathway To Tiranquon6”), sui quali ho davvero pochi dubbi nell’affermare che sarebbero stati delle ottime colonne sonore da accostare a romanzi del filone fantascientifico e cyberpunk. Dick, Farmer e Asimov, mandando qualcuno tra i personaggi da loro inventati, avrebbero potuto constatare da sé, e probabilmente assentire. Tornando a noi, la circumnavigazione della galassia Hamill non è del tutto compiuta, infatti come ho accennato, c’è un secondo album in arrivo – ovviamente sulla label col cavallino rampante – di cui questo terza release, “Welcome To Mikrosector-50 EP”, rappresenta soltanto un antipasto.
Nello specifico il disco è composto da quattro tracce di cui una, “Welcome To Mikrosector-50”, che altro non è che la traccia guida del prossimo album, mentre le altre tre sono del tutto inedite. Ci si prepara alla propulsione nello spazio con la carica energica della traccia principale col suo eclettico electro-funk, un riconoscimento, più o meno evidente, a gruppi degli come Egyptian Lover, Afrika Bambaataa e affini. Con “While I Was Away” si cambia totalmente marcia: siamo appena usciti dall’atmosfera terrestre e un mantello nero puntellato di piccoli diamanti ci avvolge, la calma scroscia come il flusso d’acqua che fa da intro alla traccia, un landscape sonoro che rimanda alle sperimentazioni ambient di Brian Eno infonde una calma a tratti inquietante che viene rotta da “It’s A Cold Planet Without You”.
Dopo una serie di turbolenze, ci si appresta all’attracco sulla crosta solidificata di un pianeta sconosciuto, il cosmodromo è pronto ad accoglierci, mentre dagli altoparlanti si diffondono i pad nebulizzati di “Music For Spaceports”. È la fine del viaggio. Sì, è proprio lui: Mikrosector-50.