La vita cambia quando meno te l’aspetti e, qualche volta, nei modi che meno vuoi. Ma la musica ci può sempre salvare, può sempre essere una guida emotiva in grado di renderci persone (e cittadini) migliori. E’ passato ancora poco tempo da quando avevamo fatto una lunga chiacchierata con Marco Faraone per il suo “No Filter”, un disco molto ben congegnato, uscito su Rekids e, per quanto non pensato esclusivamente per il dancefloor, comunque rivolto ad un ecosistema “da club”. Bene: i club sono praticamente scomparsi dal nostro panorama e, ovviamente, da quello di Marco. Cancellate quasi tutte le date, azzerate quasi tutte le possibilità di esibirsi e soprattutto di far ballare le persone.
Invece di cadere nell’immobilismo intristito e nel rancore, Marco ha fatto lavorare l’ispirazione ed ha cercato rifugio nelle sue passioni. Non solo musicali. Anche quelle informative, quelle legate al giornalismo d’inchiesta. Un filo è stato annodato con Ian Urbina, premio Pulitzer, autore del best seller “The Outlaw Ocean” (portato anche in Italia da Mondadori quest’anno, col titolo “Oceani fuorilegge”), un libro nato da cinque anni trascorsi a bordo di navi di tutti i tipi – comprese quelle di organizzazioni come Greenpeace e Sea Shepherd – e che l’autore ha voluto ad un certo punto “espandere” chiedendo anche delle creazioni musicali. Ed è qui che si è creata una corrispondenza con Marco. Prima di procedere con la storia, date un occhio (e un orecchio) a tutti i suoni che sono stati generati da questo progetto: davvero notevole, segnaliamo anche la presenza dei geniali Senyawa.
Tornando a noi: dovevano essere giusto un paio di brani, creati prendendo spunto da alcune tracce audio raccolte da Urbina durante la sua inchiesta, è diventato tanto a sorpresa quanto in modo naturale ed “inevitabile” un vero e proprio album: “Hope”. In uscita domani 9 ottobre, è un lavoro davvero intenso e suggestivo. Faraone scopre e racconta il suo lato più emotivo, meno danceflooriano, creando un racconto-in-dieci-tracce che avvolge e in più di un passaggio emoziona. Del resto, la “sospensione” che stiamo vivendo già aveva portato un suo collega – per certi versi assimilabile a lui – come Sam Paganini a riflettere sul senso delle cose, e a creare una musica molto più meditata. Con ottimi risultati.
Abbiamo il grande piacere di presentare in anteprima una delle tracce, “Empty Streets”, che riassume davvero bene suono, stile, spirito di “Hope”. Lo potete sentire qui sotto. Ma mentre fate partire il player di Soundcloud, scrollate sotto e leggetevi le parole che lo stesso Faraone ha voluto girarci per raccontare la genesi di questa traccia.
“Devo dire che “Empty Streets” è una traccia alla quale sono veramente molto affezionato. E’ il primo brano di “Hope” che ho composto, ed è nato esattamente il giorno in cui venne annunciato il primo duro lockdown a Barcellona. Ricordo ancora che quella sera pioveva, c’era un temporale fortissimo, e ad un certo punto sgattaiolai fuori di casa per andare a recuperare parte della mia attrezzatura in studio, che si trovava nella strada parallela a casa mia. Recuperai il mio computer, un Nord Lead 4, la mia MPC1000 e un sequencer: le prime cose che sono riuscito a prendere. Salito in casa, montai tutto in cucina di fronte alla finestra… Ecco: quello è stato il mio studio di registrazione nei successivi quattro mesi. In quei giorni ascoltavo dozzine e dozzine di tracce ambient ed elettroniche, e tra di esse questa di Aphex, una delle mie preferite di sempre. Ovvio che prendere come esempio un capolavoro come questo è molto ambizioso, ma il mondo che ho cercato di riprodurre era più o meno questo, prendendo le parti più “distese” e aggiungendo qualche linea melodica in più (il piano in reverse). Qualche giorno dopo sono riuscito a recuperare anche il mio Moog Voyager, aggiungendolo un paio di settimane dopo sulla traccia. Perché “Empty Streets”? Perché in quel giorno nero, triste e così pieno di malinconia guardai fuori dalla finestra e vidi una città spenta, vuota, senza anima. Quell’anima che mancava, e che ho provato a trasmettere io in questo mio nuovo materiale.”
Qui sotto invece il post ufficiale con cui Marco ha annunciato e descritto l’intero album.
This is a story about reflection, connection, and hope. Sometimes it is only in our darkest hour that we find light and…
Pubblicato da Marco Faraone su Mercoledì 30 settembre 2020