Intervistare gli Stump Valley, per chi scrive, è un’esperienza davvero strana: c’è un rapporto di amicizia che ci lega da ben prima che si chiamassero Stump Valley, che ci ha permesso di vedere spesso da un punto di vista privilegiato il percorso che li ha portati, oggi, ad arrivare a un traguardo importante come l’uscita di un album su Dekmantel.
L’album in questione, “Natural Race”, è un compendio eccellente di molto di quello che abbiamo visto fare ad Alexei e Nig in più di dieci anni e rappresenta, in effetti, il culmine del loro percorso lungo e a volte tortuoso, ma la cosa di cui siamo più felici è che ci ha dato un pretesto per una chiacchierata lunga e molto approfondita, in cui ci hanno raccontato senza filtri i momenti anche difficili che hanno attraversato per arrivare dove sono oggi.
La cosa che mi ha emozionato più di tutte del nuovo album è che c’è una traccia che si intitola come Maradona, “Barillete Cosmico”.
Nig: Si, il titolo l’abbiamo preso proprio da questo soprannome che Victor Hugo Morales diede a Maradona dopo il suo secondo gol in Argentina – Inghilterra al mondiale ’86.
Come è stato che ad un certo punto avete deciso di fare l’album? È una roba arrivata da voi o è stata Dekmantel a chiedervelo?
Alexei: Dopo aver mandato due tracce tra cui “Natural Race”, che poi ha dato il titolo all’album, ci hanno scritto una mail dicendoci se non era tempo di fare un album per noi. Stiamo parlando di fine 2016…
N: Inizialmente abbiamo provato a costruire l’album intorno al brano Natural Race. Un discorso del tutto nuovo per noi perché non avevamo mai ospitato cantati nelle nostre tracce. Da questa base sono nate un’altra serie di tracce cantate.
A: Abbiamo proposto iter iniziale che includeva una serie di tracce cantate, in cui abbiamo collaborato con Diviniti, Billy Love e altri cantanti americani, ma seguiva una linea troppo classica rispetto al concept musicale di Dekmantel, quindi abbiamo finito per virare su una linea più strumentale, mantenendo solo Natural Race come traccia vocale.
Ma quindi adesso quelle tracce lì ce le avete nell’armadio e magari un giorno usciranno o magari no?
N: Non sappiamo ancora se usciranno o meno dall’armadio. Ad oggi la cosa di cui siamo molto felici è che queste collaborazioni che abbiamo sviluppato ci hanno permesso di fare un upgrade sotto l’aspetto della produzione in studio. Di base abbiamo raccolto la richiesta di fare un album provando ad inserire tracce cantate e quindi legarci a questo nostro nuovo percorso e tracce strumentali con una direzione incentrata maggiormente sul dancefloor.
A: L’idea iniziale poteva proprio essere quella di mandare un pacchetto con una parte strumentale e una vocale per poi fare appunto un doppio album, uno cantato e uno no. Anche per capire in che direzione loro volessero andare. Ma è stata un’idea rimasta nella nostra mente, alla label non l’abbiamo mai palesata, data la direzione che ha preso la selezione.
Però di fatto detta così è una collezione di tracce che stanno bene insieme ma non c’è un concept.
A: Non c’è stata l’intenzione di fare l’album con un iter classico in cui si parte con intro, si sale e si chiude con un outro. Piuttosto ci siamo confrontati e abbiamo capito cosa potesse funzionare meglio per la label insieme a loro. La label ha avuto l’ultima parola su quali fossero le tracce da pubblicare, ma nella selezione finale abbiamo visualizzato il “Natural Race” con la denominazione di un percorso naturale attraverso le influenze musicali che negli anni ci hanno caratterizzato. Infatti, il feedback più ricorrente che abbiamo ricevuto inviando la promo dell’album, è che è un prodotto molto variegato. C’è il brano alla Larry Heard, quello più technoide, più organico e più afro.
Il testo di “Natural Race” parla di un ritorno a casa, ma che è più uno state of mind, una sorta di presa di consapevolezza. Siamo qui, sappiamo fare musica, sappiamo farla bene e lo vogliamo dire al pianeta.
Appunto dite che sapete fare musica, la sapete fare bene ma ne fate tanta diversa. Perché per me che vi conosco dagli esordi, conosco tutta la vostra evoluzione che avete avuto e tutte le cose che avete fatto nel frattempo, l’album è uno snapshot di tutto il percorso che c’è stato, e mi ha fatto pensare che sapete fare davvero un sacco di roba.
A: Secondo me l’idea era proprio di raccontare al grande pubblico tutto il percorso musicale che abbiamo seguito da quando ci conosciamo. La cosa speciale è che pur toccando tutta una serie di generi diversi, vedi “Barillete Cosmico” che è una traccia americana più alla Glenn Underground, “Marimbamba Isla de Joie” e “Magnifico Notturno” di concezione più afro, legate al nostro vecchio disco “Magica Movida”. La parte finale è più elettronica relativa al periodo proggy italiano dei primi anni 90 e anche se le tracce viaggiano in paesi diversi, rimangono secondo me, tutte collegate da una linea comune di italianità. Volevamo dare una sorta di rappresentazione di quello che noi siamo, ovvero selectors e deejay. Quindi fondamentalmente il nostro primo album nasce con tutte tracce che possono essere suonate in pista. È ricco di influenze ma sempre relative al dance floor.
Infatti ha senso sentire l’album dall’inizio alla fine ma sono anche otto tracce che puoi incastrare in mezzo ad un set quando ti pare. Si sente che sono tracce fatte da gente che per mestiere fa il DJ.
A: Secondo me la cosa importante è proprio questa. Quando abbiamo deciso di andare incontro all’album automaticamente sapevamo di escluderci da una serie di date. Passavamo molto tempo in studio e per due anni non è più uscito un disco, l’ultimo è stato nel 2017.
Detta così la vedo come una scelta abbastanza difficile, perché sei in un momento in cui hai un discreto numero di date e invece ti prendi una pausa per fare il disco.
N: Senza dubbio è stata una scelta difficile ma è stata una scelta consapevole. Non ci siamo dati una deadline per terminare il disco e non abbiamo ricevuto nessun tipo di pressione da parte di dekmantel su eventuali scadenze. Questo ci ha consentito di immergerci in questo progetto in maniera totale, potendo avere il tempo di sperimentare discorsi nuovi e di fornire alla label un buon numero di brani da poter selezionare.
Immagino la situazione da quel punto di vista, ma adesso che l’album è fuori, per come mi state raccontando la storia, per voi immagino sia molto più facile dal punto di vista emotivo. Nel senso che non avete più pressioni sulle spalle e riuscite a prendere questa roba più serenamente.
N: Ma infatti adesso stiamo lavorando su tutto il contorno dell’album.
Certo, perché comunque la cosa positiva è che adesso il grosso è stato fatto e potete dedicarvi ad altro.
A: In realtà la questione album non è veramente giunta al termine. Ci siamo sentiti con Leonard, il Pr di Dekmantel che ci ha chiesto di spiegare il concetto del “natural race”, dello state of mind. Adesso stiamo costruendo tutta una serie di contenuti relativi al making of e si aprono sempre nuovi concetti e idee quindi non stiamo sul divano a rilassarci.
Chiaro, ma me la immagino come un tipo di pressione diversa.
A: La cosa liberatoria è stata quella di fare uscire l’album, da qui il resto è tutto in “discesa”.
Ma quindi se adesso domani vi chiedessero di fare un altro album? Arrivati a questo punto vi sentite più attrezzati per evitare quell’anno e mezzo di postumi non previsti?
A: Assolutamente si, perché abbiamo la mente sgombra e la voglia di fare cose nuove.
Mi sorprende un po’ che tu mi dica così, mi immaginavo da quello che mi avete raccontato che ad un certo punto arrivaste all’uscita dell’album totalmente svuotati dal punto di vista creativo.
N: Credo sia normale dopo un periodo cosi lungo in cui lavori sullo stesso progetto che nel momento in cui arrivi al temine ci si possa sentire svuotati dal punto di vista creativo. Pero’ di base la musica sa sempre come riportarti in un attimo ad avere stimoli nuovi e questo è successo anche durante la produzione dell’album in cui avevamo dei momenti di vuoto. La musica è anche questo, ti porta in un labirinto da cui pensi di non potere più uscire e poi ti conduce all’uscita lei stessa, fondamentalmente da un certo punto di vista, decide lei per te.
A: In tutto le tracce che abbiamo fatto sono ventidue. Ne vedi fuori solamente otto ma è stato fatto un gran lavoro che non va assolutamente perso. È un po’ frustrante perché nel 2017 vivevamo di musica e di colpo siamo tornati indietro a dieci anni fa quando facevamo una data ogni tre mesi.
N: Si forse nell’ultimo periodo, la parte più difficoltosa è stata conciliare due elementi in contrasto tra loro, ovvero lavorare ad un progetto importante per una label come Dekmantel ma esternamente ritrovarsi quasi in una sorta di deserto. Questa era un po’ il limbo in cui ci siamo ritrovati nel periodo finale della produzione.
A: Però adesso il fatto di iniziare a mandare i promo con tutti i feedbacks positivi dei grandi, da Ben UFO a Peggy Gou, ci rende entusiasti! Quel passaggio di formalità con tutte le presentazioni del caso non c’è. Adesso i discorsi sono più fluidi, c’è un rapporto meno verticale.
È questo, il punto che ti toglie l’ansia di essere ancora a dieci anni fa.
A: Esatto, non siamo ancora indietro. Mandiamo demo e siamo ancora qui, presenti! La funzione del “natural race” è lo stesso discorso dello state of mind, della presa di consapevolezza. Per anni abbiamo fatto miliardi di lavori per poi fare musica e adesso con l’album possiamo dire che siamo dei produttori, siamo dj, siamo gente che vive di musica. In un certo senso il nostro percorso l’abbiamo fatto. Per noi l’album ha questo valore. È uno statement grosso essere arrivati nella Premier League delle etichette e per noi ha molta importanza. Ci siamo ritagliati il nostro spazio e vogliamo giocarcela.
N: Dopo tanti anni che ti dedichi alla musica, arrivi anche a scontrarti con una nuova dimensione di te stesso in cui anche le tue esigenze personali cambiano. Quindi è fondamentale per poter continuare a portare avanti questa passione, che richiede tempo e tantissimi sacrifici, devi inevitabilmente avere dei riscontri positivi, altrimenti alla lunga si rischia di ritrovarsi fuori luogo e fuori tempo. Nonostante comunque alla base ti muova una passione e la voglia di farlo per una tua esigenza per personale, ci vuole una crescita continua.
A: Il discorso della consapevolezza è un po’ anche questo. Dopo esserci spronati da soli per anni, adesso abbiamo la prova del nove.
Detto così l’album è un oggetto tangibile che ti dice questa cosa. Però, da quello che mi avete detto, è stato un percorso lungo e tortuoso, ma adesso mi sembra che siete arrivati ad un bel punto.
A: Ti rendi conto di come questo sforzo stia pagando. La realtà è che come dice Alessia, la mia compagna, tante volte la vince più chi l’ha dura rispetto a chi magari è veramente più talentuoso. Noi abbiamo sempre voluto fare questo e ci abbiamo sempre creduto, anche se all’inizio è stato difficilissimo. A Torino eravamo considerati degli outsider, quelli che non portavano gente alle feste, facevano solo musica, e non si univano a nessuna organizzazione.
In effetti avete sempre fatto la vostra roba perché era quella in cui credevate, non perché era quella “giusta” da fare per seguire un filone o unirvi a della gente perché era la gente “giusta”.
N: Questo è stato sempre un presupposto alla base di ogni nostro discorso. A noi interessa portare avanti le nostre idee e fare le nostre cose al di la di quelli che sono i filoni.
E adesso cosa volete fare visto che siete arrivati a questo punto di questo percorso? Dove volete andare?
A: Fondamentalmente in questo momento preciso stiamo lavorando in maniera molto pratica sulla gestione di agenzie e manager. Vogliamo capire chi avere intorno. Trovare qualcuno che al 100% si occupi dei nostri interessi.
N: Torneremo in studio dopo l’estate, abbiamo diverse idee che vogliamo sviluppare e stiamo cercando di creare una serie di nuove collaborazioni con musicisti e cantanti. Come dicevo prima, l’esperienza dell’album ci ha fatto crescere e vogliamo che sia un nuovo punto di partenza per il futuro della nostra musica.
A: Ci interessa anche, raggiunta questa concezione artistica, uscire dall’ambito club. Portare avanti un discorso più musicale rispetto al solo livello del club. Poi c’è anche l’idea di rivedere una serie di produzioni italiane che vorremmo riproporre con una nostra chiave di lettura, un qualcosa più personale con un’identità più nelle radici dell’underground.