Dopo aver dato spazio alla grande varietà musicale che il nostro paese ha saputo offrici nel corso delle scorse settimane, Suoni & Battiti è pronto a parlarvi dei nuovi album di Scuba e Pearson Sound, oltre che di “New Energy (Collected Remixes)”, la ricchissima raccolta di remix dei brani di “Drone Logic” di Daniel Avery. Sarà la Gran Bretagna, quindi, l’oggetto delle nostre riflessioni: se da un lato a farla da padrone è il suono totalmente privo di compromessi di David Kennedy, dall’altro non potevamo non sottolineare come il nuovo Hotflush non sia altro che un album pensato e prodotto per soddisfare in lungo e in largo il gusto del grande pubblico. Chiude il cerchio l’eterogenea sensibilità e il grande gusto di Erol Alkan, che mette nelle mani di sedici, incredibili remixer l’album d’esordio di Mr. Avery, con risultati a dir poco eccitanti.
[title subtitle=”Scuba – Claustrophobia (Hotflush Recordings)”][/title]
Quello che a tutti gli effetti avrebbe potuto rivelarsi come l’album della conferma a posteriori, intesa come giustificazione fatta musica degli enormi e privilegiatissimi spazi di cui il buon Paul Rose gode da diverso tempo, si è rivelato a conti fatti un mezzo passo falso. Scuba è (e resta) un eccellente produttore di musica elettronica, questo è chiaro e “Claustrophobia” lo conferma a gran voce, ma la sua non è più quella figura capace di combinare, con una sensibilità fuori dall’ordinario, le ispide e frammentate ritmiche dubstep alle rotonde bassline tipiche del quattro quarti made in UK. Ecco, se si ascolta la sua nuova raccolta ripensando ai sui vecchi lavori (riprendete “Personality”, non c’è bisogno di arrivare a “Triangulation” né tantomeno a “A Mutual Antipathy”) allora è ben chiara la distanza tra quelle che sono – e devono – essere le aspettative sul suo conto e l’effettiva pasta di questo “Claustrophobia”.
Eccellente compromesso tra le più comode sonorità house, quelle già marcatamente sottolineate in “Personality”, e la techno che per forza di cose è finito a masticare a Berlino, il nuovo album sembra essere stato pensato e prodotto per accogliere tutte le aspettative del pubblico (intese come i gusti dei dancefloor più “determinanti” del momento), piuttosto che il risultato di una crescita artistica ben radicata al vero DNA di Scuba.
Messa giù così, “Claustrophobia” sembra essere un harakiri bello e buono, ma se Scuba fa un album per tutti, che c’è di male? C’è di male che l’invidiabile identità musicale, quella capacità di racchiudere in un’unica opera fisicità e “intelligenza”, qui non c’è più. Paul Rose c’ha consegnato un album furbo, ma ultimamente i paraculi hanno la meglio solo su Beatport.
[title subtitle=”Pearson Sound – Pearson Sound (Hessle Audio)”][/title]
Mentre quelli che possiamo considerare i suoi più fedeli e fidati compagni d’avventura si districavano (e continuano a farlo) con abilità e passione tra house, rigurgiti dubstep, techno e grime con risultati onestamente impressionanti, David Kennedy ha scelto di percorrere un percorso diverso, più dogmatico. Fedele a un suono rhythm-based, quasi totalmente privo di melodia e dove anche i synth assumono spesso i connotati di elementi percussivi, Pearson Sound si è lasciato alle spalle il suo passato come Ramadanman e il peso della responsabilità dell’essere considerato l’artista post-dubstep più talentuoso in circolazione, a favore dell’estetica coraggiosa – nel senso di unica rispetto a quelli che sono i canoni adottati dai colleghi più vicini – delle uscite che portano la sua firma dal 2011 a questa parte.
Pitchfork parla, raccontandovi di “Pearson Sound”, il suo omonimo album di esordio uscito in queste settimane, di un artista “avventuroso” (“He’s done so as one of the UK’s most adventurous DJs”) e questa è, con tutta probabilità, la più grande verità sul britannico. Alla base di tale considerazione, oltre alle virtuose scelte che contraddistinguono i suoi dj set, c’è la fermezza con cui Kennedy afferma l’anima cruda e sporca della sua musica: l’intelligente (e mai sovrabbondante) sovrapposizione di tamburi, snare, hihat e clave guida la scrittura del groove, l’indiscusso protagonista della discografia di Ramadanman (prima) e Pearson Sound (poi), in un modo tanto imprevedibile quanto coinvolgente.
Si tratta di dischi fisici – non potrebbe essere altrimenti, vista la scelta a monte dei suoi ingredienti – e al tempo stesso terribilmente eclettici; materiale asciuttissimo, talmente scarno e grezzo da trovare con difficoltà qualcosa che, messo in aggiunta al suo fianco, lo sappia effettivamente valorizzare. Per questo la musica di Person Sound, di cui la sua nuova raccolta ne rappresenta l’effigie migliore, non è altro che un campionario di idee, più o meno bizzarre, di come alcuni suoni possono vivere insieme. Manca spesso un filo conduttore che guidi l’ascolto – chiederlo sarebbe veramente troppo: “Swill”, “Russet” e “Rubber Tree” non sono altro che estremizzazioni di basici istinti dance -, ma Pearson Sound in quasi dieci anni di musica non si è mai messo a raccontare favole, figuratevi se avrebbe potuto farlo nei tre quarti d’ora del suo album-manifesto.
[title subtitle=”Daniel Avery – New Energy (Collected Remixes) (Phantasy Sound)”][/title]
Cavalcando il gusto eterogeneo del boss di Phantasy Sound, quell’Erol Alkan recentemente transitato sulle nostre pagine con la sua bellissima intervista, la nuova uscita della label inglese prende l’acclamato album d’esordio di Daniel Avery e ce lo presenta in una veste tutta nuova, quella che ha preso forma grazie al lavoro di sedici remixer tra i migliori producer su piazza. “New Energy (Collected Remixes)”, questo il non troppo originale titolo scelto per la release, è un lavoro che in verità è stato costruito nel tempo, grazie alle periodiche uscite di EP capaci di tenere sempre viva l’attenzione sul produttore britannico e sul suo “Drone Logic”, e che sono in ultima battuta è stato presentato come un cofanetto completo, per la gioia di chi in un sol colpo può far suo tutto il piatto.
Danny Daze, Perc, Roman Flügel (il suo remix è davvero notevole), Audion e Ø [Phase], ma anche Conforce, Silent Servant, Volte-Face e Rødhåd, stravolgono le versioni originali di Daniel Avery con risultati notevoli, degni delle aspettative che inevitabilmente accompagnano uno degli artisti inglesi con più hype degli ultimi mesi. “New Energy (Collected Remixes)” ha tanto da offrire e, come tradizione Alkaniana impone, lo fa tenendo altissima l’asticella della qualità. Mettere la ciliegina della torta è un onere che non può che spettare proprio Erol Alkan (qui insieme Richard Norris, con cui divide il progetto Beyond The Wizards Sleeve) che, al pari di Powell, confeziona la versione più eclettica e imprevedibile del doppio CD quasi a voler ricordare che se è vero – perché è vero – che il resto dei compagni d’avventura sono dei cavalli di razza, nelle sue vene scorre davvero il sangue dell’artista.