E’ il momento di accelerare insieme al tempo che corre per non far sì che la primavera (prima) e l’estate (poi) non ci colgano impreparati. Dobbiamo farci trovare attrezzati e pronti a fare spazio nella nostra borsa di dischi, gradualmente, anche a cose più calde e solari, a svantaggio di quella musica lunatica, ansiogena e tenebrosa nella cui “trappola” siamo tutti caduti con grande facilità, diventando schiavi della sua retorica e della sua estetica. Dobbiamo farci trovare pronti, sì, perché non possiamo permetterci il lusso di diventare schiavi dei tormentoni estivi, delle hit incontrollate e incontrollabili, che stanno per pioverci sulla testa ma di cui capiremo il “peso” solo più avanti. Dobbiamo domarlo questo cambio di stagione, essere ancora più attenti e fiutare quella solarità di cui abbiamo bisogno (come il pane) con i tempi giusti.
Per questo Suoni & Battiti si pone come obiettivo quello di accompagnare e “monitorare” questa evoluzione, senza comunque voltare le spalle a quanto ci ha tenuto per mano fin ora. Lo farà di qui a venire perché le ferie, calendario alla mano, sono ancora troppo lontane.
[title subtitle=”Ilario Alicante – Wax Weapon EP (Cocoon Recordings)”][/title]
Potendo dire di conoscere il percorso musicale fatto da Ilario Alicante negli ultimi anni, non mi sorprende che il livornese, dopo ROD, gli Skudge, Dj Rolando e Markus Suckut nel recente passato, abbia scelto Rødhåd e Ryan Elliott come remixer del suo nuovo EP su Cocoon. Ciò che può far riflettere (e certamente colpisce), però, è il fatto che ormai la label di Francoforte e il suo front-man – quello Sven Vath che non ha mai nascosto il suo amore per il nostro Ilario – ormai si fidino ciecamente del suo gusto e delle sue scelte. Così nasce “Wax Weapon EP”, un disco duro e freddo come un pezzo di granito che rappresenta la sintesi – per chi si fosse perso qualche sua performace o qualche sua ultima release (vedi i suoi due Pushmaster di cui vi abbiamo già parlato) – della sua virata verso quel suono crudo e techno che ormai gli calza a pennello come una camicia su misura. Insomma, “Wax Weapon EP” è il punto esclamativo di una crescita nata con con il trasferimento a Berlino e giunta ora a una fase cruciale: “XYXY”, ancor più della title-track, dimostra che ritmiche quadrate, una massiccia dose di riverberi e le melodie scritte a colpi di chord rappresentano i tratti distintivi di un artista maturo, uno di cui andare fieri.
[title subtitle=”Kassem Mosse – Workshop 19 (Workshop Records)”][/title]
C’è un momento all’interno di questo incredibile album in cui ogni dubbio e ogni nube che aleggia sopra questo grandissimo artista e questa grandiosa label si dirada, le idee si fanno chiare e il suono fuoriesce limpido e sincero come il più semplice e spontaneo dei fenomeni naturali. L’illegittima titubanza sull’acquistare o meno “Workshop 19” muore qui, vinta dal cuore della raccolta che pulsa viva mentre la puntina scorre attraverso i solchi della quarta (lei, la regina) e della quinta traccia partorita dal quel genio che porta il nome di Gunnar Wendel, ma che ama farsi chiamare Kassem Mosse. Può bastare “Untitled B1”? Sì può, può bastare eccome, anche perché anche tutto il resto è terribilmente bello e valido. Ma è proprio al centro prima vera “opera magna” dell’artista tedesco, infatti, che si sente pulsare vivo il cuore della sua musica, il suono di un esteta di quel genere indefinito che taglia trasversalmente house, techno e tutte le sfaccettature più profonde che vivono e proliferano tra i due macrosistemi. L’album, così come la musica di Kassem Mosse, è una donna bellissima e “Untiled B1” ne rappresenta il profilo migliore.
[title subtitle=”Maya Jane Coles – Don’t Put Me In Your Box: The Remixes (Hype LTD)”][/title]
Nonostante si sia visto remixare “First Fires” in modo tutt’altro che convincente non più di tre mesi fa, Simon Green deve essersi sentito in dovere di restituire il favore a Maya Jane Coles e dare il suo tocco a “Something In The Air”, traccia uscita due anni e mezzo fa e inserita in quel “Don’t Put Me In Your Box” che confermò anche ai più scettici che “Humming Bird EP” non è stato un lavoro frutto del caso e che dalla giovane inglese non c’era solo da attendersi pezzi come “What They Say”. Il remix firmato da Bonobo è, al solito, un pezzo di bravura. C’è da dire, volendo essere del tutto onesti, che forse “Something In The Air” è il lavoro più vicino alle sonorità tanto care a Bonobo (specie quello di “The North Borders”) tra quelli presenti nella discografia di Miss Coles, ma si farebbe un torto al musicista britannico se non si ammettesse che grazie al suo tocco il pezzo abbia subito un “restauro” capace di renderlo più caldo e sexy, pur mantenendo intatto il suo ipnotismo.
[title subtitle=”Deep88 feat. Robert Owens – Believe In You (12Records)”][/title]
“Belive In You”, nona release per 12Records, sembra un disco uscito da qualche vecchio scaffale polveroso dove era stato colpevolmente dimenticato. Sarà per l’inconfondibile voce di Robert Owens o per il (grande) talento di Deep88, che nella sua versione originale fa accomodare la voce dell’americano in un salotto dalle tinte calde che ne valorizzano l’intensità, fatto sta che “Belive In You” è un di quei lavori senza tempo, che non ha fretta di invecchiare perché non ha avuto fretta di vedere la luce. Consapevole, avvolgente e intenso, è uno di quei dischi fatti bene perché gli attori chiamati in causa conoscono a memoria il copione, quello dell’house music, di cui diamo spesso per scontato il valore ma di cui apprezziamo a pieno le qualità solo quando ci troviamo di fronte a EP come “Belive In You”. Insomma un disco che potreste avere da una vita, ma che esce oggi e non potete mancare.
https://soundcloud.com/deep-88/sets/12r09-deep88-feat-robert-owens
[title subtitle=”Jon Hopkins – Collider (Domino)”][/title]
Pur trovandola a tratti indigeribile e indigesta, la cosa che veramente adoro della musica dei Karenn è che nel suo essere del tutto fuori controllo, arrabbiata, feroce e ingestibile, è viva e vera come poche altre cose nell’odierna scena musicale. Si parla esclusivamente di techno, è chiaro, ma c’è qualcosa di tremendamente attuale e quotidiano in quanto Blawan e Pariah ci fanno ascoltare attraverso il loro progetto. La loro versione sanguinolenta di “Collider” di Jon Hopkins, ad esempio, sembra essere la colonna sonora di una rivolta cittadina, sette minuti scarsi di guerriglia urbana dove bene e male, vincitori e vinti, non contano. E’ la celebrazione (a tratti anche forzata) della violenza, una violenza con cui conviviamo costantemente e quotidianamente e che non potevamo non accogliere a braccia aperte anche nella musica. Questione di abitudine.
[title subtitle=”Skyboy – Songs In The Chaos Of Life EP (Clap Your Hands)”][/title]
Skyboy potrebbe sembrare uno dalle idee confuse, uno di quegli artisti dall’indubbio talento ma che, vista una discografia ricca di cose diversissime tra loro, non ha ancora capito bene cosa fare da grande. Gli va comunque concesso il beneficio del dubbio e allora è giusto chiedersi: non può essere che semplicemente se ne freghi e faccia ciò che gli passa per la testa? La storia partita dai lavori su 7oz Records (“Without” e il remix per “My Life To The Life” di Clike), passata per “We Feel Funk” e ora approdata sulla tedesca Clap Your Hands, dove ha carta bianca su come e cosa fare, racconta di un percorso comunque svincolato da mode o facili approvazioni. Ecco quindi “Songs In The Chaos Of Life EP”, una release dove lo possiamo trovare impegnato a giocare con synth di gomma e bassline rotolanti quando synth e bassi così non tirano necessariamente come qualche anno fa. Forse per questo il disco fa bella figura pur non dicendoci, ancora per l’ennesima volta, se Skyboy è una fiorentina o una spigola.
[title subtitle=”6th Borough Project – Borough 2 Borough (Delusions Of Grandeur)”][/title]
E’ nel suo cuore che “Bourough 2 Bourough” da il meglio di sé, quando, una dopo l’altra, si susseguono “Through The Night”, “The Call Back, “Back To Black” e “Read My Mind” facendoci fare un balzo indietro nel tempo fino al Novembre del 2012, quando uscì “The Vibes EP”. Tanto infatti c’è voluto per rivedere all’opera Craig Smith e Graeme Clark (aka The Revenge) e per poter ascoltare la seconda raccolta firmata da questo progetto che spazia tra la disco e l’house d’oltremanica e che ha conquistato critica e appassionati sin dal primo album, “One Night In The Borough”. C’è voluto del tempo. ma ora che l’uscita di “Bourough 2 Bourough” è alle porte possiamo dirlo: le quattordici tracce che lo compongono non vanno solo ascoltate, ma gli va data l’occasione di essere vissute.