Siamo la società dei bisogni indotti. Siamo gli uomini che, con costanza stacanovista, scoprono sogni materiali di cui solo ieri mai avrebbero immaginato l’esigenza. Ce ne convinciamo rincorrendo i nostri (nuovi) obiettivi quotidiani, lo sottolineiamo battendo i social network in cerca di uno spiraglio dove inserire la foto della nostra nuova conquista. E ci saziamo così, felici almeno all’apparenza. Alla fine, però, quando è una settimana di acquazzoni a mettere in ginocchio la tua terra, costringendoti a stare a casa al riparo dalle vetrine tentatrici, può capitare che scattino certi interrogativi. Tutto questo può bastare? Può colmare i buchi di quel futuro che è lì ad attenderci con i suoi presupposti fragili come il cristallo? Forse dovremmo cercare di farci bastare una vita tranquilla colorata di tanta bella musica, questo sì che è un bisogno a cui non dobbiamo assolutamente rinunciare.
[title subtitle=”Lucy – Churches Schools And Guns (Stroboscopic Artefacts)”][/title]
“Churches Schools And Guns” non è solo un album, o almeno non va letto semplicemente come tale. La terza raccolta, la seconda in “solo” senza considerare il progetto Zeitgeber al fianco di Speedy J, penso vada vista come un punto alla fine di un capitolo, quello della rincorsa all’affermazione di un’identità. Si parla di Stroboscopic Artefacts, è chiaro, e l’identità a cui facevo riferimento è quello del suo timoniere e fondatore: Lucy, l’autore di “Churches Schools And Guns”, appunto. E così a quasi tre anni da “Wordplay For Working Bees”, quando ancora si navigava a vista e il futuro era meno certo di quello costruito mattone dopo mattone (Xhin, Dadus, Kanding Ray, Pfirter, Lakker e via discorrendo), arriva il lavoro giusto per mettere il punto esclamativo ad un percorso coerente che ha fatto delle curve tortuose il suo trampolino verso ulteriori miglioramenti. L’ultimo lavoro di Lucy è un’ottima raccolta, non solo per la qualità indiscussa delle singole tracce che la compongono, ma soprattutto perché rappresentano un’istantanea perfetta di ciò che questo prodotto (almeno in parte) italiano è riuscita a diventare: un punto di riferimento per sperimentazione e ricerca. Senza troppi compromessi e senza ricorrere a maquillage.
[title subtitle=”Unknown Artist – No Gravity / Not A Quiet Life (PUASCHATKA)”][/title]
Se n’era invaghito e ve ne aveva già parlato Antonio Fatini lo scorso Dicembre, mosso da quell’amore incondizionato che da sempre nutre per “One, Two, Three” dei Closer Musik. Ora che l’uscita del disco è alle porte non potevamo fare a meno di inserire all’interno di Suoni & Battiti “No Gravity / Not A Quiet Life”, la prima uscita della serie PUASCHTKA nata dalla sinergia tra Puas Puas e Kamchatka, e sottolinearne ancora l’indubbia qualità. Oltre al duo Leyers-Aguayo, qui sono chiamati in causa anche Teho Teardo e Blixa Bargeld per il B-side dell’EP: lavori così buoni ci ripagano di tutti quei bootleg fatti così-così che ci fanno rimpiangere le inossidabili (per non dire intoccabili) versioni originali. Non è questo il caso, fortunatamente.
https://soundcloud.com/valerio-puas-puas/sets/puaschatka-001
[title subtitle=”Trus’me – Moonlight Kiss / Hindsight (Prime Numbers)”][/title]
“Treat Me Right” di Trus’me è, con ogni probabilità, uno degli album più remixati che siano usciti negli ultimi anni – primato che potrebbe far storcere la bocca anche agli inarrivabili Depeche Mode. Così, dopo “Trus’me Remixed” (che ha visto coinvolti i vari DVS1, Ben Klock, Vakula, Norman Nodge e Marcel Dettmann) e l’ultimo rework di Mosca per “Somebody” di cui vi abbiamo già parlato qui su Suoni & Battiti, ecco che tocca agli svedesi Skudge e a Marcelus dare una rinverdita, rispettivamente, a “Moonlight Kiss” e a “Hindsight”. Inutile dire come i due remix rispecchino il mood degli artisti chiamati in ballo e che la ricetta del successo è sempre la stessa: groove denso e scuro, bassline spedita e rotolante, ritmica pungente. “Facile” come un aglio e olio.
[title subtitle=”Untold – Black Light Spiral (Hemlock Recordings)”][/title]
Sembra avercela messa tutta Untold per creare un disco controverso, uno di quei lavori che fino all’ultimo non sai se davvero ti piace oppure no. Ti attira e ti caccia via in un moto che non possiamo definire armonico solo per la consapevole incostanza con cui l’autore ha scelto di rifiutarsi di fornire punti di appiglio per la comprensione della sua opera. Jack, ma che hai fatto? Perché? Che fine ha fatto “Targa”? Giusto per citare una delle sue ultime uscite, è chiaro. Messa così sembrerebbe un puntare l’indice contro il produttore inglese e dirgli che no, non ci siamo, “Black Light Spiral” non ci è piaciuto. Ma poi si passa alla traccia successiva e la già citata repulsione viene spazzata via da quel “qualcosa” che solo Untold, oggi, potrebbe tirare fuori fregandose – perché te ne stai fregando, non è vero Jack? – alla faccia di tutto e tutti. Inquieto, disturbato, torbido e nemmeno lontanamente accostabile alla techno che, comunque, ci saremmo aspettati oggi. E’ un disco stronzo che mi sento di consigliarvi pure se non ho ben capito quanto mi piace, ammesso che mi piaccia. Ma per questo mi sono ritagliato un’oretta oggi pomeriggio per riascoltarlo e cambiare idea, un’altra mezz’ora sabato ed infine domenica. “Infine”, si fa per dire. Ascoltatelo anche voi e poi ne riparliamo.
[title subtitle=”Drumcell – Speak Silence (CLR)”][/title]
Fatta eccezione per il remix di Brian Sanhaji, che con la sua versione sembra voler assecondare il gusto e i dj set del boss Chris Liebing, “Speak Silence” ha davvero poco a che spartire con CLR. Non tanto per il lavoro di Slumberman che, nonostante una piega vagamente prog, ancora ancora può essere inquadrato come “techno da pista”, piuttosto per la versione originale di Drumcell e per il remix di Francesco Tristano. Quest’ultimo, infatti, riparte dalle suggestive atmosfere dell’original mix e ci poggia su la melodia scritta dal suo pianoforte: mentre la versione di Drumcell è tetra e spettrale, quella di Tristano riesce a liberarsi dal peso di quelle inquietudini che caratterizzano l’ultimo lavoro del californiano. Insomma, il remix di Francesco Tristano va vissuto a occhi chiusi e mente leggera, è roba da ultimo disco e tutti a casa.
https://soundcloud.com/clr/sets/drumcell-speak-silence
[title subtitle=”Alfredo Caforio – 1 Week EP (Transition Lab Recordings)”][/title]
Il nuovo Transition Lab, label nostrana giunta alla seconda release dopo “Verde Bottiglia EP” a firma OL-047, è stata una delle sorprese più liete della settimana per merito delle due versioni della title-track, “1 Week”. Oltre alla versione del pugliese Alfredo Caforio (validissima) a fare bingo è il remix confezioanto da David Flores, in arte Truncate e Audio Injection. L’americano dovrebbe tenere lezioni su come si scrive la ritmica di un disco techno. Sembra facile, no? Ascoltate questo remix e ne riparliamo.
[title subtitle=”V.A. – Earth Tones 2 (Soul People Music)”][/title]
Proprio ora che mi sono riuscito a metter mano alla quinta parte della serie “Earth Tones” – quella, per intenderci, che contiene “Purple” di Fred P. – ecco che Soul People Music ristampa il secondo EP. Per chi tre anni fa se la fosse persa, c’è ad attendervi la dolcissima e sexy “Tyner” di Levon Vincent. Fossi in voi eviterei una seconda svista, questa gravissima.