La prima edizione del neonato one day festival Swarm aveva sulla carta tutte le potenzialità per diventare un ottimo e ragionato esempio per l’isola, poteva andare molto meglio su tutti i fronti: dalla logistica al bar ai cambi palco, per non parlare poi del service – impianto e fonico. Detto questo, i punti di forza che lo rendono unico sono tanti e siamo sicuri che dalla prossima edizione gli organizzatori aggiusteranno il tiro.
I cancelli aprono alle 18 in punto mentre dentro c’è ancora la commissione (che poi confermerà che tutto è in regola) quindi decidiamo immediatamente di farci un giro alla mostra di arte contemporanea allestita all’interno di alcune stanze dell’atrio del castello: una bella passeggiata tra foto, bricolage, installazioni e statue. Finito il nostro giro saliamo in terrazza dove è iniziato l’aperitivo. Assaggiamo così il meglio dei prodotti tipici iblei assistendo allibiti alla magnifica vista della campagna ragusana che si staglia davanti ai nostri occhi. Con nostra grande sorpresa il djset di Paul Pacci viene tagliato a causa dei ritardi, la consolle non è stata ancora montata. Passa pochissimo tempo e la nostra sete di musica viene placata, i catanesi 1984 e Konstrict si impossessano dei controlli e danno libero sfogo alla loro incontenibile energia. Il duo di dj, ben abituati ad infiammare i locali catanesi, anche qui dimostra di saperci fare con un set house ogni tanto avvicinato da un po’ di techno. La musica funziona, l’aperitivo pure e il pubblico inizia a familiarizzare con l’ambiente, noi facciamo due chiacchiere con Kode9, che ci conferma la futura presenza all’Alfa Romeo Mito #C2C14. Purtroppo alle 21 la terrazza chiude non si sa per quale ragione, quindi scendiamo sotto.
Contemporaneamente alla fine dell’aperitivo inizia il soundcheck di Kode9 e Kangding Ray, questo ci fa storcere subito il naso, e non solo a noi. Per questo il live degli Elektro Guzzi slitterà di un’ora (in cartellone alle 21:30) e Robert Eno purtroppo non farà la chiusura del festival: già questo lascia intravedere una poca chiarezza a livello organizzativo/logistico, ma sorvoliamo.
Alle 22:30 in punto salgono sul palco gli Elektro Guzzi. Dietro di loro si staglia maestoso il video-mapping del collettivo Pixel Shapes. La parete del castello viene così “affrescata”, lasciando il pubblico a bocca aperta. Il trio austriaco parte a razzo con un live adrenalinico tra brani vecchi e nuovi dei loro ultimi due album, “Parquet” e “Obervatory”, confermando così la loro potenza dal vivo tanto quanto la loro maestria nel far risuonare la techno con l’essenziale uso di solo basso, chitarra e batteria. Bravissimi. Trentacinque minuti di cambio palco tra gli Elektro Guzzi e i Ninos Du Brasil sono troppi e controproducenti, il pubblico s’annoia ma non si scolla da sotto il palco: gli show della band sono ormai imperdibili, perderseli è da sciocchi.
Quando salgono i Ninos si capisce nell’aria particolarmente “frizzante” che qualcosa è andato storto durante il soundcheck, tant’è che dopo i primi dieci minuti di intro lasciano il palco vistosamente incazzati. Ma Nico Vascellari e Nicolò Fortuni non si danno per vinti. Giusto il tempo di risistemare i volumi e salgono sul palco ritentando la sorte. Questa volta il live fila liscio, fino a quando non accade l’imprevedibile: un personaggio non ben definito sale arbitrariamente in consolle e insulta il duo con la triplice colpa di suscitare lo stupore del pubblico, l’imbarazzo dell’organizzazione e l’abbandono dello stage da parte dei Ninos Du Brasil. Uno stupido che ha condannato quel momento in una scena da reality che neanche il peggior format Endemol sarebbe riuscito a partorire, totalmente penoso.
Ci pensa David Lettelier, aka Kangding Ray, a risistemare le sorti della serata. Il professore francese capisce il pubblico, mette da parte i fronzoli artistici e le matrici sonore per lasciare spazio al suo concept di techno, astrale ma dritta, glaciale ma calda. Il pubblico così carbura i motori e già i brutti episodi sembrano essersi lasciati alle spalle. Kangding Ray fa divertire il pubblico così come Kode9: mister Hyperdub da lezioni di stile a tutti i presenti con il suo immancabile tocco artistico dove ritmi breakbeat, bassi, cassa in quattro quarti e molto altro si mescolano così bene che non se ne sente la differenza. Il miglior magma sonoro non può che provenire da uno dei migliori vulcani creativi degli ultimi vent’anni.
Dopo di lui sale Marco Unzip che ha il compito di accompagnare la chiusura del festival. Il direttore artistico del roBOt Festival sa il fatto suo e con un djset house lascia il sorriso su tutti i presenti al festival.
In sostanza lo Swarm Festival è stato un bel festival, con delle pecche a livello organizzativo. Il pubblico ha dato comunque una risposta importante, ballando e divertendosi fino all’ultimo pezzo, resistendo agli scazzi e ai continui problemi, dettati forse dall’inesperienza e dall’aver preso sotto gamba alcune situazioni. Le fondamenta sono state gettate, bisogna ora lavorare per renderle più forti e dimostrare di avere in mano la costruzione di un progetto solido, forte e professionale.