La reunion degli Swedish House Mafia all’Ultra 2018: un evento storico, preannunciato (e allo stesso modo effettivamente atteso…) con un’enfasi senza pari. Era stata predetta, è avvenuta. E’ un po’ come se tutto il mondo di devoti a un certo mondo musicale, ma non solo, si fosse fermato e si fosse catapultato a Miami, con gli occhi di chi si trova davanti ad un evento mistico. Queste erano le premesse.
Ma quindi, alla fine? Vuoi la performance “telefonata” (era un segreto di Pulcinella, questa reunion? Un po’ sì), vuoi che l’ultimo slot di Ultra Music Festival anche senza tenerlo nascosto – come fatto quest’anno – è sempre il più atteso e il più seguito con una certa attenzione (specie se si tratta di quello del ventesimo anniversario), e vuoi l’hype di chi di queste “di contorno” cose si nutre, mettendo insieme queste premesse il set di ieri degli Swedish House Mafia, quello appunto della tanto chiacchierata reunion dopo la separazione ufficiale del 2013, come è stato? E’ stato un misto di emozioni indefinite, molteplici e difficili da separare tra loro.
Steve Angello, Axwell e Sebastian Ingrosso sono saliti in cattedra, o meglio in console, e si sono divertiti. Questo sì. Si sono sicuramente sentiti in parte gli uomini di cinque anni fa, quando con una lacrima, sempre nel palco statunitense, davano l’addio (oserei ora dire apparente) al trio dei sogni dell’EDM; ma la scorsa notte il sentimento dominante era diverso. Non era più quello di un estremo abbandono e di un ultimo, grande addio; era invece quello di un amore ritrovato. Uno di quegli amori che non assapori da tempo ma che sai che in fondo c’è, è lì, resiste, ha resistito. E il pubblico se n’è accorto: è esattamente ciò che si aspettava, e che voleva.
E la differenza c’è e si vede, quando i tre si riuniscono. Presi singolarmente o in duo, nelle loro rispettive carriere post-separazione era rimasto poco e nulla di SHM se non i brani in scaletta messi nei set – che però non riuscivano mai ad avere lo stesso impatto originario. Negli Swedish House Mafia, anche in quelli riformati del 2018, c’è qualcosa di magico, qualcosa che va al di là della semplice selezione musicale (che nel set di Miami potrei comunque arrivare a definire quasi impeccabile) e della perfezione tecnica.
C’è un’ energia innata e difficile da replicare e da riscontrare in altri artisti, ecco. Energia che ha fatto la fortuna del trio e che, allo stesso tempo, non esisterebbe senza il pubblico, che sempre più sembra essere una folla di fedelissimi e di affiliati. Un circuito che si autoalimenta; ma che comunque sono stati Axwell, Ingrosso ed Angello (ed il team da loro scelto) a far partire
Però gli eventi vanno anche analizzati a mente fredda e lucida: ed ecco che, se togliamo i sentimentalismi e il filosofeggiare, i dubbi si farebbero fitti e articolati. Innanzitutto, possiamo fidarci di quel “This time, it’s for life” urlato ai microfoni? O forse è possibile che il trio si sia solo unito in occasione del festival EDM più famoso al mondo? E’ possibile che un certo tipo di orgoglio, quello che li ha portati a dividere le strade, sia venuto meno in primis davanti a un profumato compenso?
E poi: possiamo considerare davvero la reunion un progresso della musica dance mondiale, per come è stata giocata? O risulta molto più innovativo un Dj Snake che porta sul palco J Balvin, dichiarando così un’apertura di genere che si è sempre inutilmente e vilmente nascosta con una certa vergogna, anche se in realtà ha molto per essere fattibile e percorribile? Non rischiamo forse di tornare a guardare indietro e basta, crogiolandoci in una nostalgia accomodante e accogliente?
Domande lecite, che vanno fatte. C’è di nuovo un “però“, che va al di là dei tecnicismi, delle critiche e dei dubbi: sentire milioni di persone cantare insieme “Save The World” o vederle saltare al ritmo di “Reload” è una di quelle cose che mette i brividi e che fa capire quanto di magico e incredibilmente penetrante ci sia nella musica, al di là di ogni speculazione a margine. Dimentichiamoci quindi, per una volta, di farci troppe domande, di chiederci cosa sia meglio e cosa sia peggio, di cosa si debba fare e cosa no: gli Swedish House Mafia ieri ci hanno insegnato una cosa per nulla banale e che troppo spesso ci facciamo sfuggire: ovvero, il farsi prendere e sopraffare dai sentimenti e dalle emozioni. Cosa che ogni tanto, soprattutto quando è giocata a livelli così dirompenti, non guasta. Perché ci riporta alla radice di tutto, alla radice del nostro rapporto con la musica.