Abbiamo incontrato Giles Smith e James Priestley, due vecchie conoscenze di Soundwall, per parlare della loro nuova avventura discografica, la SZE. Nata come costola della Secretsundaze, SZE si pone l’obiettivo di spaziare maggiormente tra generi, coprendo il vasto spettro che intercorre tra techno, elettronica ed ambient, sempre, però, all’insegna della classe che contraddistingue il duo londinese da ormai tredici anni.
Come nasce l’idea di creare una nuova label? E come mai avete optato per il nome SZE – sebbene sia chiaro il riferimento al brand Secretsundaze?
L’idea alla base di SZE era di pubblicare musica che fosse di genere più vago rispetto a quanto pubblicato sotto l’ombrello di Secretsundaze. Qualcosa che rappresentasse un’idea vagamente più astratta, addirittura più anonima, senza dunque un brand chiaro e netto. Abbiamo quindi scelto per SZE, che è una sigla, e che dunque porta con sé quel senso di mistero e di sconosciuto – chiaramente le lettere che formano l’acronimo sono quelle nostre di Secretsundaze.
Sulla pagina di SoundCloud, sulla breve descrizione si legge: “SZE servirà come piattaforma aperta per altre forme di dance music, quali tecno, breakbeat, bass ed ambient…”. Vi dispiacerebbe argomentare meglio?
Sebbene pensiamo che sia alquanto approssimativa come definizione, si può pensare a Secretsundaze come un’etichetta prettamente house e techno. Ecco, con SZE volevamo appunto uscire da questi schemi sviluppati ormai da anni, per aprirci verso nuove strade e generi. Vogliamo dunque che SZE sia più libera – come ad esempio per le prossime uscite, che saranno più step house con Lo Shea e più bass con Endian. Il primo EP, con BLM, suona più standard perché volevamo che lasciasse aperta ogni possibile interpretazione sul suono dell’etichetta, non volevamo cioè uscire in primo luogo con qualcosa di forte e che fosse indicativo del suono di SZE.
Cosa ne pensate di quello che sta capitando a Londra negli ultimi anni, in termini di scena musicale?
Giles: Recentemente stanno capitando cose tremende, come la chiusura del Plastic People e di altre piccole realtà locali. Il Fabric stesso non se la vede benissimo (con le autorità locali, per motivi di gentrificazione, dato che ci sono sempre più abitazioni e quindi molti più controlli e lamentele dei vicini), così come il Ministry of Sound che sembrava dovesse sloggiare e cambiare posto (ma rimane lì). Ciò nonostante, ritengo che Londra stia funzionando abbastanza bene e che ci sia parecchio da vedere e da ascoltare. É innegabile che ci siano parecchie feste a cui andare, molte location da visitare, e altrettanti DJ da seguire. Le cose erano diverse un paio di lustri fa, sette, otto anni fa, quando la musica era per lo più minimal – cosa di cui non sono mai stato un grande fan, ed era suonata in piccoli scantinati. Oggi sono le warehouse il tratto distintivo della scena locale….
James: É vero però che se le warehouses, i parcheggi e le terrazze sono ottimi posti dove far festa, è vero anche sono gli unici…
Questo mi pare un buon punto da sviluppare, come mai non ci sono abbastanza club e abbastanza soundsystem?
È un gatto che si mangia la coda: non esistono club veri e propri perché si ha paura ad aprirne di nuovi, sia perché a Londra esiste la cultura delle warehouse, dei parcheggi e delle terrazze e sia perché, con questi repentini cambiamenti della geografia della città, diventa rischioso investire su di un club e su di un buon impianto. Pensa investire una cifra enorme e poi dover chiudere perché il palazzo viene riconvertito in appartamenti o dover chiudere per il rumore e le lamentele dei vicini… A farne le spese è dunque la qualità del suono, che se paragonato a club in Germania o in Giappone, è grezzo…
Come mai avete scelto BLM come prima uscita per la SZE?
BLM è una nostra conoscenza di lunga data, sin da quando abbiamo pubblicato con lui un disco su Secretsundaze nel 2010. Abbiamo scelto lui perché è molto talentuoso e perché ha un suono statunitense (Chicago, Detroit) decisamente stiloso. In più – come ti accennavamo prima – è perfetto come prima uscita dell’etichetta perché non la connota particolarmente. Le prossime uscite avranno un taglio più netto e più forte in termini di suono…
Parlando di Secretsundaze, qual è stato il miglior party mai organizzato?
Mmmh, ce ne sono di così tanti che indicarne uno è impossibile! Ci ricordiamo chiaramente la prima festa in spiaggia ad Ibiza, nel 2004, di fronte a duemila persone. Eravamo piuttosto giovani ai tempi (ridono). Uh, non dimentichiamoci le feste al The Poet a Shoreditch, di nuovo nel 2004. Il proprietario era uno senza timori, e ci ha concesso di organizzare una decina di feste in quell’estate, tutte totalmente illegali… era un vecchio pub con un cortile se ricordiamo bene. Ora sarebbe impensabile da organizzare perché gli stessi proprietari di pub sarebbero i primi a non accettare -troppe grane con vicini e licenze… Anche il Carnevale di Shoreditch in quegli anni è stato grandioso, quattromila persone a ballare nella strada dove oggi c’è il Village Underground – che hai tempi non esisteva ancora. Non dimentichiamoci le tremila persone che abbiamo portato sul tetto del Canvas a King Cross nel 2006. Era un zona di clubbing dietro la stazione di King Cross gestita dallo stesso proprietario, il quale possedeva il Canvas appunto, il Key e il Cross. Il tetto del Canvas ci faceva parecchia gola, ma siccome avremmo disturbato l’intero vicinato, il proprietario non ce l’ha permesso per alcuni anni. Almeno fino a quando il comune gli ha comunicato di dover chiudere… è stata una festa epica!
Più recentemente, mi ricordo il decimo compleanno di Secretsundaze, con Omar-S e Portable…
Ah sì, anche quella festa era venuta bene. Era il 2012, mi pare.
Avete pubblicato tre compilation ad oggi (2007, 2008, 2011), quando uscirete con la prossima?
Per il momento, non credo che usciremo con altre compilation. È un lavoro che richiede parecchi sforzi e anche soldi, viste le licenze dei brani da selezionare. Magari, ma è solo un’idea per ora, potremmo realizzare una compilation delle migliori uscite della Secretsundaze in un paio di anni, ma per ora ci focalizziamo sui podcast – ne abbiamo giusto preparato uno per il nostro tour in Australia…
Nel 2014 come Secretsundaze avete pubblicato tre grandissimi dischi – A Sagittariun, Flori e john Daly – con quale criterio scegliete gli artisti da produrre?
Be’ in primo luogo sono artisti che lavorano nella nostra agenzia, come i nomi che hai citato tu. Capita piuttosto organicamente: produciamo artisti che ci piacciono e che lavorano per noi, nella nostra agenzia. Non promuoveremmo mai artisti nei quali non crediamo o dei quali non ne ascoltiamo a musica. Possiamo produrre musicisti di cui non suoniamo in prima persona la musica, ma è sempre e comunque musica che ci piace e in cui crediamo. Se dovessimo dirti quale sia il criterio di scelta, ti diremmo che cerchiamo di pubblicare musica senza tempo, classici istantanei. A proposito di uscire, il 30 marzo uscirà su Secretsundaze uno dei nostri artisti preferiti, DJ QU. Al solito, non c’è bisogno di dirti quanto sia bravo il nostro…
Nel 2015 Secretsundaze compie quattordici anni. Cosa è cambiato in voi e nella musica?
La house e la techno sono diventate un fenomeno di massa, mentre anni fa, quando abbiamo iniziato, erano di nicchia. É dunque più semplice ascoltare musica in questo senso, la musica che amiamo circola di più ed è di facile fruizione. L’altra faccia della medaglia però è rappresentata da certi promoter che sfruttano questa popolarità, vendendo party a prezzi assurdi. Una volta andavi a ballare con cinque sterline, ora ne paghi trentacinque almeno e puoi permetterti di farlo una volta al mese… il costo della vita a Londra è diventato insostenibile, una volta andavi a ballare tutte le settimane. L’ambiente era più stimolante, era pieno di artisti, gente che non doveva lavorare per vivere, che era più felice… le nuove generazioni non hanno risorse in questo senso..
Come scovate i vari luoghi in cui organizzare Secretsundaze?
All’inizio eravamo curiosi ed andavamo a cercare posti nuovi, addirittura camminando per Shoreditch e bussando in casa della gente per dire “hey voglio organizzare una festa qui!”. Si potrebbe fare anche ora, ma sappiamo per esperienza che sarebbe una perdita di tempo, perché ora la gente è ossessionata dal non disturbare i vicini o gli altri esercizi commerciali. Lavoriamo con posti che conosciamo già, vuoi perché ci abbiamo già lavorato, vuoi perché sono già consolidati e conosciuti. In più, facciamo numeri più grossi ora, ci servono spazi più grandi e meglio gestiti.