Dj dalla cultura musicale impressionate, ricercatore instancabile e crate digger come pochi altri interpreti della consolle al mondo, Hunee è senza ombra di dubbio uno degli artisti di maggior talento dell’attuale scena elettronica mondiale. Disco, funk, house o techno per lui non fa differenza: a contare è la qualità del disco, il suo livello di emotività e lo spettro di colore disegnate dalle sue note. Non a caso, infatti, i suoi set sono impreziositi da piccole, grandi gemme della musica africana o sudamericana, lavori tanto rari quanto trascinanti.
Ora che il mondo della notte lo ha definitivamente eletto ad ambasciatore universale del buonumore, siamo lieti di raccontarvi le cinque occasioni in cui, diavolo ci ha lasciati davvero a bocca aperta. Cinque meravigliosi ricordi che, siamo convinti, sono destinati ad aumentare dopo le sue esibizioni a Dancity e a LattexPlus Festival…guai a lasciarselo sfuggire!
Viste le line-up che corrono, specie per un certo tipo di eventi, immaginare un capodanno con soli due dj in consolle – per giunta in back-to-back – è davvero fuori dall’ordinario, per non dire utopico. Se i due artisti in questione sono però Hunee e Antal, allora le regole del gioco cambiano radicalmente: troppo grande è la loro cultura musicale, troppo profonda è la loro borsa dei dischi per lasciare qualcosa al caso. Sei ore, tanto siamo stati dinnanzi a loro, rapiti da una selezione impressionante per varietà e ricercatezza. Se delle centinaia di dischi che vengono suonati nell’arco di una notte riesci a malapena a riconoscerne una manciata, tra cui “The Man With The Red Face”, “Crispy Bacon” e il remix di Solveig di “Madan”, beh…che te ne fai di dieci sale e quaranta dj?
Partire subito dopo il dj set di Matthew Herbert non è mai un’impresa semplice, specie se l’inglese ha deciso di prendere a martellate il pubblico di Spazio Novecento dopo l’ora di concerto fin troppo soft degli Air. Ma Hunee non ha fatto un piega: primo disco “Let’s Make It Up” – già suonata come primo disco all’edizione 2015 del Dekmantel – e poi via via a crescere fino a “Higher State Of Consciousness” di Josh Wink, disco chiusura in grado di scatenare l’apoteosi. È un tripudio, una pioggia di applausi: chi ama il clubbing non può restare indifferente di fronte a novanta minuti di tale spessore, dove reggae, disco, house e acid si abbracciano con una naturalezza sovrannaturale.
Se dovessimo pensare ad un evento che ha messo per la prima volta sulla mappa la figura di Hunee, sarebbe sicuramente il suo set insieme ad Antal al Lowlands – praticamente il Glastonbury olandese – nel 2014 dove, insieme al timoniere di Rush Hour, fu capace di fare questo. E credeteci, in Olanda non si vede tanto spesso una tale euforia nel dancefloor. Ma per trovare quello che ne ha sancito più di ogni altro la consacrazione, inevitabilmente la scelta ricadrebbe sul Dekmantel Festival, che lo ha visto partecipare nel 2015 sia in singolo per la Boiler Room che in un triplo back-to-back di oltre cinque ore al fianco (ancora una volta) di Antal ma anche di un altro asso come Floating Points, in un pomeriggio in cui il Selectors, senza dubbio lo stage iconico della manifestazione, ha vissuto una delle sue giornate più eclettiche e conturbanti. “Piangevamo tutti, altro che il salice in mezzo alla pista”.
Salito sul palco dello stage The Void mentre ancora Soichi Terada era alle prese con le sue ultime capriole, a Hunee tocca il compito più duro dell’intera serata: prendere l’energia scaturita dal live del giapponese e incanalarla nel suo viaggio musicale fatto percussioni, voci e sample etnici provenienti dal Africa e Sud America – gli stessi che il pomeriggio, ma in una versione più morbida e suadente, avevano fatto sognare la spiaggia del Dimensions al tramonto. Inutile dire che la missione riesce in pieno, anzi…quando arriva il momento di “Makussa” di Joe Claussell la notte si fa epica!
Se c’è qualcosa che abbiamo sempre adorato di Hunee è la sua capacità di cambiare marcia in maniera impercettibile eppure devastante durante i propri set, prendendoti a schiaffi per qualche minuto e poi ritornando alla calma come un acquazzone estivo senza rovinare la naturale evoluzione del set. Nel già citato party di Capodanno al Closure fu “Crispy Bacon” di Garnier a suonare la sveglia ed anche la sua esibizione nel main stage all’Oasis Festival in Marocco lo scorso anno è stato un ottimo esempio. Cantatoni, disco-frivolezza, qualche aria un filo più pungente e poi dentro la quarta con una 303 lenta, terzinata ed avvolgente capace di inghiottire il dancefloor in un sol boccone. Non abbiamo resistito alla tentazione di chiedergli cosa diamine stesse suonando e la risposta è stata “Birds” di Levon Vincent. Pura estasi in uno dei festival migliori della scorsa estate.