Abbiamo riportato ieri la notizia dell’esclusione di Ten Walls dalla line up di una serata al Circoloco, e lo abbiamo fatto esponendo una posizione chiara. Ci sono due cose che ci spingono a tornare sull’argomento: il dovere di cronaca, le reazioni che abbiamo trovato in giro. Due aspetti diversi, che però si possono collegare fra di loro. Per quanto riguarda il primo, a seguito dell’esclusione l’artista lituano, sul suo profilo Facebook, ha fatto una dichiarazione ufficiale:
Dichiarazione ufficiale molto equilibrata, ragionevole, consapevole. Ci piace molto il suo “Disappointments and anger won’t find place in my life”: se vero e sincero, è uno dei viatici migliori per abbracciare realmente una vita che non sia fatta di odio e discriminazione, quella che lui per anni – anche magari senza accorgersene del tutto, perché certe posizioni nell’Est Europa sono un retaggio culturale – ha portato avanti dando per buone posizione e pacificamente rivendicabili posizioni omofobe. E’ un modo per dire, a occhio: “Non mi posso arrabbiare e non mi voglio arrabbiare, ci sta, capisco”. Se lo spirito è autenticamente questo, non possiamo che esserne felici. Non che questo valga da riabilitazione e ora Ten Walls può suonare ovunque e comunque come se nulla fosse, passate le feste gabbato lo santo: prima di tutto serve a lui come persona avere questo atteggiamento finalmente sereno (e consapevole del fatto che l’aveva fatta grossa, ma talmente grossa, che ora non ci può restare male se c’è ancora ostracismo attorno a lui).
Siamo molto meno felici invece delle reazioni che abbiamo visto in giro. Diciamo due i filoni ricorrenti: il primo è “Ha pagato abbastanza, ora non lo si può bandire a vita”. Risposta: sì e no. Prima di tutto nessuno gli sta impedendo di fare musica, e chi vuole bookarlo come dj è libero di farlo. Come del resto ha fatto Circoloco. Forse a molti è sfuggito un aspetto fondamentale della comunicazione del motivo dell’annullamento – questo motivo lo svela direttamente Ten Wall, “as a number of dj’s refused to play on the same stage with me” (“visto che un certo numero di dj si è rifiutato di esibirsi nella stessa console in cui suono io”). Sinceramente, molto più ambigua, insufficiente e un po’ paracula la comunicazione ufficiale del Circoloco:
Viene da chiedersi: ma chi ve l’ha fatto fare di bookare Ten Walls? Siete talmente miopi? Siete talmente amici dell’agenzia che ve lo sta proponendo da perdere di vista l’opportunità complessiva dell’operazione? Il Circoloco, parliamoci chiaro, è uno dei veri e propri “king maker” della club culture contemporanea: suonare lì è una legittimazione artistica, aiuta a far crescere il proprio profilo, ti permette di consolidarti nel migliore dei modi possibili sul mercato. Oh, non è una colpa, questa: è un merito. E’ merito di anni di lavoro e di pubbliche relazioni molto smart e ad alti livelli qualitativi; è pure merito del fatto che gli artisti che vanno a suonare lì sono trattati benissimo prima di tutto a livello di assistenza tecnica (non è solo questione di vedere lo champagne arrivare in console, quello lo lasciamo a Paris Hilton e ai suoi famigli: per un dj è fondamentale vedere che c’è un’organizzazione efficacissima che lo segue in ogni dettaglio della serata, anche quelli più “noiosi”). La voce si sparge, la gente viene a suonare al Circoloco più che volentieri – e anche abbassandosi considerevolmente il cachet. Un circolo virtuoso. Ora: che in questo circolo virtuoso, che lo ripetiamo è diventato anche strategico a livello di dinamiche di mercato, si vada ad inserire subito una persona che ha detto un’enormità che va contro ogni e ripetiamo ogni principio dietro alla club culture, beh, è abbastanza assurdo. E molto sbagliato. La club culture al Circoloco sta dando molto (e il Circoloco sta dando molto alla club culture, questo sia chiaro): prima di tutto qualità della vita e guadagno economico. Senza club culture, e senza l’imprenditoria ad essa connessa, i fondatori del Circoloco avrebbero fatto altro, e probabilmente si sarebbero divertiti di meno (…forse avrebbero anche guadagnato di meno). Ecco. Un po’ più di prudenza ci vuole. Un po’ più di sensibilità: sensibilità che gli organizzatori del Circoloco non hanno avuto, ma che hanno evidentemente avuto moltissimi degli artisti che dovevano suonare in quella serata, arrivando a dire “No, non è accettabile, io con quella persona non ci voglio dividere la console”.
Perché le posizioni che per anni Ten Walls ha portato evidentemente avanti in modo molto tranquillo e senza farsi problemi, quando già iniziava a prendere migliaia di euro a serata per suonare nei club (il club e la musica da ballare: quella cosa inventata da un manipolo di froci, ricordiamolo), non sono perdonabili. Si è pentito? Benissimo (…aggiungiamo: doveroso). Non pensa più certe cose? Ottimo. Non cadrà mai più negli stessi errori? Fantastico. Addirittura da ora in avanti sosterrà la causa di gay e transgender, come ha annunciato e in parte anche già fatto? Super! Ma deve fare queste cose perché ci crede davvero, e non perché è un modo per riguadagnare lo status di mercato perduto. Quello status lì non può tornare più, non per Ten Walls, men che meno dopo una quarantena di un annetto scarso. Brutto? Sì, indubbiamente. Ma brutta è stata anche la sua uscita. Quindi è giusto mettersi l’anima in pace. Se prima o poi si arriverà ad una riconciliazione e a un ritorno della sua fiducia nei suoi confronti, bene; se non avviene, bene lo stesso, perché ci sta sia così. Troppo enorme la sua scivolata.
A leggere il suo comunicato, lui pare averlo capito. Molti clubber ed utenti del web, no. Gente che prende le sue difese con grande foga, e attacca pesantemente chi continua a ritenere ancora poco opportuna la presenza di Ten Walls in un certo tipo di circuito (ah, una cosa: ma non vi dà da pensare che il primo ostracismo verso di lui arrivi dai suoi colleghi, gente che lo conosce e lo ha frequentato più e meglio di voi? Chiusa parentesi).
Ci tocca leggere strali contro la “dittatura gay”. Ora: premesso che ogni circoletto corporativo è di per sé una merda, e questo vale anche per gli omosessuali così come per qualsiasi altra categoria sociale, politica od antropologica, va anche detto che bisogna usare un po’ di prudenza e buon senso. Tutti quelli che si lamentano contro l’arroganza dei gay e parlano di una loro dittatura, beh, state pur certi che 1) non sono omosessuali 2) non hanno mai sofferto le drammatiche discriminazioni e bullismi sociali a cui vengono sottoposti gli omosessuali quotidianamente. La cricca gay è stronza perché tratta male Ten Walls? Merita di essere condannata per questo? Il suo “pensiero unico” andrebbe debellato con la forza, o almeno insultato, perché pericoloso ed intollerante? Ah bene. Ok. Ma la stessa indignazione, diteci un po’, come mai non la usate quando sono gli omosessuali ad essere discriminati? Perché lo sono, sapete. Pesantissimamente. Ancora oggi. Nel momento in cui parliamo, in questo preciso istante, nel mondo sono migliaia gli episodi – grandi o piccoli – di omofobia. Migliaia al secondo. Sì. Non ce ne accorgiamo, perché molti di questi li riteniamo “normali”. Esattamente come Ten Walls riteneva “normale” (in assoluta buona fede: di questo tra l’altro ne siamo abbastanza convinti) fare le affermazioni che fece. Se non sentite la gravità e il dramma di questa cappa, è perché non vi tocca, o perché non tocca amici ed amiche a voi cari. Se ci fosse lo stesso stigma sociale verso, per dire, chi ha i capelli rossi, e vostro padre avesse i capelli rossi, ritrovarvi in un bar e sentir dire “Ah, ma quelli coi capelli rossi sono dei pervertiti che son lì lì per inculare i bambini” e giù risate, voi come vi sentireste? A maggior ragione poi se invece quelli coi capelli rossi siete voi. Vedete un po’.
Ten Walls può fare altro. Può continuare a fare musica. Può presentarsi con altri alias, o anche tenere sempre lo stesso. Può fare tutta una serie di azioni a sostegno della comunità LGBT – ma lo deve fare perché ci crede, non perché serve a riguadagnare lo status perduto. Non ha invece molto senso che il Circoloco – per quello che vale oggi, per quello che rappresenta – gli offra ospitalità. Ci sono tanti di quegli artisti meritevoli, lì in giro, non è che senza Ten Walls la qualità artistica del Circoloco crolla; e dovendo scegliere, meglio dare più chance e più esposizione a chi non ha mai avuto idee omofobe e soprattutto non le ha mai espresse pubblicamente.
Vi parlavamo di due filoni, ad inizio articolo, e il primo era appunto “Ha pagato abbastanza, non lo si può bandire a vita”. Ma il secondo? Ve lo facciamo riassumere da un intervento che abbiamo trovato sulla pagina Facebook del Circoloco stesso, sotto il post che annunciava la cancellazione di Ten Walls dal bill della serata: “Partiamo dal presupposto che ognuno fa quello che vuole, ma parlare di moralità e di etica in un locale dove il 90% dei clienti assume droga mi sembra assurdo. Ten Walls ha sbagliato ed è stato punito già abbastanza. Deve tornare a suonare perché è un talento e le sue produzioni vanno al di là di ogni cosa. Voi fate techno e non siete un tribunale che giudica le azioni altrui perché sennò avreste dovuto chiudere appena aperti…Voi dovete offrire solo il miglior prodotto che il cliente possa desiderare il resto sono chiacchiere da bar…. Ten Walls deve suonare punto”.
Secondo noi sono in molti a pensarla così. Anche qualcuno di voi che ci sta leggendo qui e ora, vero? Bene. Fateci esprimere la nostra posizione con chiarezza. Almeno così è chiaro a tutti da che parte stare. Uno: se assumere droga per te è un peccato contro la moralità e la etica, non ci capiamo cosa ci fai in un club; assumere droga è, più che altro, molto di più un peccato contro il buon senso e – soprattutto – contro la propria salute, ma nella moralità e nella etica della club culture uno stato di alterazione è qualcosa di accettabile e coerente; invece, nella moralità e nell’etica della club culture invece non sono accettabili né coerenti sia il razzismo, che l’omofobia. Ti piace? Non ti piace? Vanno bene entrambe le cose. Se non ti piace sei libero di circolare altrove, nessuno te lo vieta. Ma il macromondo della club culture è, idealmente, un posto dove razzismo ed omofobia sono inaccettabili, mentre alterarsi con sostanze invece è accettabile (senza che per forza diventi consigliabile, ovvio). Ti aggrada? Non ti aggrada? Ad ogni modo, è così.
Due: “Deve tornare a suonare perché è un talento […] Voi dovete solo offrire il miglior prodotto che il cliente possa desiderare il resto sono chiacchiere da bar”. Boh. Saremo romantici, ma se ci siamo innamorati di questa cosa chiamata club culture, dei “mondi” che la musica da ballo ha creato prima negli anni ’60 e ’70 e poi ancora di più dall’avvento di techno e house, è proprio perché esulava in modo netto e chiaro da questa visione “mercatista”, aziendale, product-oriented. Nella club culture oggi ci sono i soldi, i guadagni, le strutture imprenditoriali, la concorrenza anche feroce, una mentalità da mercato: chi lo nega. Ma una punta di idealismo ed utopia c’è sempre. Anche perché, vedi un po’, la club culture migliore e più autentica serve prima di tutto a far sognare la gente, a farle liberare le proprie emozioni. Ridurre tutto a “Voi dovete offrire solo il miglior prodotto che il cliente possa desiderare” è una mentalità alla Ranzani che, se si diffonde veramente e nessuno si mette ad ostacolarla e a metterla ciclicamente in discussione, rischia di avvelenare irrimediabilmente i pozzi. Per tutti.
E, scusateci, noi non lo vogliamo. Così come non vogliamo Ten Walls al Circoloco. Non ora, non adesso. Non è necessario, ecco. Se ne può fare a meno. Neanche nulla contro di lui personalmente, guardate: è che semplicemente ci sono dei valori fondanti che vanno sempre tenuti a mente. Ten Walls lo si può “perdonare”: infatti ha ripreso a suonare in giro, e nessuno sta dicendo niente. L’avete notato? Ma nel momento in cui qualcuno gli dice “Scusa, ma qui non entri” è nell’ordine delle cose, pazienza. Lui pare averlo capito. E voi?