Vi siete mai chiesti cosa significa precisamente “club culture”, fare “clubbing” o essere un “clubber”? Gli organizzatori di Tenax Exhibition si sono posti la domanda e hanno cercato (in maniera notevole a mio avviso) di dare una risposta a un fenomeno per niente univoco che negli ultimi anni è entrato a far parte a tutti gli effetti della società post moderna dell’individualizzazione, del continuo aggiornamento delle tecnologie e della globalizzazione. Il mondo della notte diventa un’arte, appunto stiamo parlando dell’arte di fare clubbing. È ormai una forma di cultura sempre più forte e si lega a un bisogno elementare di socialità, un sentimento di appartenenza a un gruppo, a un’élite sociale. Sono proprio i clubbers che sentono molto questo bisogno di aggregazione. Chi l’ha detto poi che tra arte e musica non ci possa essere un sottile fil rouge? È proprio la mostra “What Is Clubbing” curata dal celebre locale fiorentino, il Tenax, in collaborazione con l’Istituto Europeo di Design che ci fornisce un quadro generale della questione consacrando ancora di più la partnership che aveva già visto protagonista la campagna contro la guida in stato di ebbrezza.
Appena si entra nella sede dell’istituto in via Bufalini 6R a Firenze ci si accorge subito come la distribuzione degli spazi sia stata studiata sapientemente. Ad accoglierci si trovano già le opere di artisti ospiti italiani e internazionali legati al mondo della notte. Attraverso proprio l’eterogeneità delle opere (pop art, street art, fotografia, illustrazioni) è possibile capire quanto sia diversificato il fenomeno della club culture. C’è chi si sofferma sulla routine, sull’evanescenza degli elementi fondamentali quali persone e musica che spariscono alle prime luci del mattino, sulle esperienze del giorno dopo o sul perenne, continuo nomadismo da un party all’altro tipico degli animi più irrequieti. Tutte le opere esposte ci hanno affascinato in modo particolare da “People Need Quality Music” dell’eclettico artista torinese Davem, passando per l’opera del progetto audiovisivo Eves che più mette in luce l’immaterialità dei protagonisti della notte avvolti in un’aura misterica. Notevoli somiglianze con le opere di Picasso si potevano riscontrare nei soggetti dalle geometrie scomposte di Lumo, giovane artista genovese che ha saputo ricreare il tipico disordine d’immagini dell’atmosfera da club. Sempre Lumo afferma in un’intervista: ”I suoni della musica mi suggeriscono il percorso delle immagini”. La citazione è un chiaro esempio di come le due discipline, la musica e l’arte si condizionino vicendevolmente e non siano separate l’una dall’altra in modo netto. Espressiva la foto di Yuri Segalerba: egli è arrivato a immortalare la vera anima “nera” da club, quella che se lascia il Berghain/Panorama Bar di Berlino alle prime luci del mattino non sempre significa che ha finito il tour de force in giro per locali. Le parole dell’artista stesso ci fanno intendere a pieno il suo messaggio: “Ho voluto far vedere un altro aspetto del clubbing (..) spostando l’attenzione a quello che viene dopo, lasciando aperte diverse possibilità di interpretazione”.
A seguire un lungo corridoio dove erano esposte le proposte di alcuni studenti del corso di grafica e del Master in comunicazione. Sono una serie di elaborati sulla vita da clubber declinati in modo molto irriverente: “Clubbing is our religion”, “Clubbing is Tenax”, “Clubbing is Loud”, “Sunday Morning After Praying”. In una delle sale annesse al corridoio invece, si svolgeva l’analisi filmografica della club culture sotto la direzione delle abili penne di giornalisti di settore: Emanuele “Zagor” Treppiedi, Damir Ivic, Giosué Impellizzeri e Federico Spadavecchia. Alle accurate analisi sono accostati in ordine i frame cardine di “Maestro”, “24 Hours Party People”, “Wir sind Ein Techno Volk” e “High Tech Soul” realizzate con il progetto di una fanzine grazie all’abilità di Lara Caputo in materia di grafica editoriale, tipografia e fotografia. La tecnica è la seguente: si scattano delle istantanee delle pellicole mentre queste vanno avanti con la programmazione. È una particolare tecnica di animazione che permette di dare movimento e immediatezza. Da ciò nasce, inoltre, una brochure con immagini stampate e utilizzate in una sorta di collage fatto a mano. È creata così una fanzine, dove si raccontano tramite spezzoni motivi essenziali delle pellicole culto. Nel particolare il film “High Tech Soul-The creation of techno music” del produttore Gary Bredow costituisce il primo documentario che prese in considerazione le profonde radici della techno music nella sua città natale: Detroit. Il film parte dalle rivolte raziali del 1967, esaminando la scena underground dei vari parties fino alla metà degli anni ’80, che come tutti sappiamo, furono gli anni della svolta che videro produttori come Juan Atkins, Derrick May e Kevin Saunderson ricevere attenzione internazionale insieme all’amata/odiata Motor-City. Infine termino parlando di musica, perché senza di essa non ci sarebbero moda e/o questione di marketing che tenga: ad allietarci la permanenza, la live performance di un duo dall’aspetto singolare, l’artista torinese che avevamo incontrato all’entrata Davem, nonché musicista di electronic Jazz & Diego Grassendonio con il suo sax.
A seguire Alexxei N Nig e Alexander Robotnick. La serata però non finisce qui ma prosegue in via Pratese con il party targato Fragola che per l’occasione chiude le danze in bellezza con Mr.G in consolle. Non c’è che dire per un giorno posso affermare di aver vissuto solo di buona musica, arte e cinema: mix perfetto.