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[tab title=”Italiano”]Alla fine degli anni ’80 Londra non era la stessa di oggi. É utile ricordarlo per mettere bene le cose in chiaro. L’est cittadino non era manco preso in considerazione, alcune zone di quella che oggi è considerata piena zona 1 erano quasi impraticabili e il sud era ancora un luogo pericoloso (riot, omicidi, scippi). Solamente il centro e l’ovest erano le zone in cui si poteva uscire la sera. L’onda punk si era ormai esaurita da qualche tempo, lasciando dietro a sé, come spesso accade per le mode, solamente alcune patetiche caricature (vedi i punk che si facevano fare le foto con i turisti). Per quanto riguarda la dance, non c’era minimamente l’idea di club alla moda, discoteca, Boiler Room, la moda del dj-divinità e i vari divismi nei quali siamo oggi sommersi. No, era tutto meno pretenzioso. I più fortunati andavano a bagnarsi nel caldo sole d’Ibiza, e tornavano nel grigio di Londra con scatole e scatole di dischi. Fu così che la scena acid house attaccò le proprie radici nel cemento della capitale inglese. Intorno al 1986 e al 1988, nell’aria si stava percependo un odore di cambiamento, alcuni locali iniziavano a spuntare e a suonare dunque oltre ai classici disco, hi-nrg, soul e funky, alcune prime uscite acid. In qualche modo bisognava catalizzare tutta questa energia. Fu proprio allora che una fanzine di 40 pagine scarse, piena di errori grammaticali, scritta a penna e fotocopiata in carta scadente, iniziò a girare per alcuni quartieri della città. Si chiamava Boy’s Own, roba da ragazzi, storie di acid house, e a scriverla erano proprio i migliori dj, promoter e clubber locali (il primo articolo in cui veniva fornita una definizione di acid house era ad opera di Paul Oakenfold, così come il primo report ad un rave illegale nel 1988). Da lì, il passo è stato breve, e la fanzine si è evoluta nella Boy’s Own Recordings e successivamente nella Junior Boy’s Own, etichette che scoprirono talenti quali X-Press 2, Chemical Brothers, Underworld e il gotha della scena inglese degli anni ’90.
Abbiamo dunque incontrato l’uomo che più di ogni altro può raccontarci come è stato vivere questa rivoluzione, questa esplosione della scena house in Inghilterra durante la fine degli anni ’80. Nomi, posti e locali che hanno concorso a creare un mito come quello dell’acid house.
Partiamo dalla fine, che poi non sarebbe altro che il presente: stai per pubblicare il secondo volume di ‘Acid Rain’, la tua compilation sulla scena acid. Che cosa dobbiamo aspettarci?
Non sarà nei negozi prima di luglio, perché stiamo davvero cercando e stando dietro ad etichette ed artisti che sono spariti. Però va detto che il secondo volume sarà leggermente diverso dal precedente, saremo meno acid e più incentrati sul soulful del periodo 86-91, più Marshall Jefferson e meno Dj Pierre per intenderci. Questa volta buttiamo un occhio su New York e sul Canada oltre che su Chicago.
Nello scorso volume della compilation hai sottolineato l’importanza che l’acid house avrebbe avuto per la musica elettronica contemporanea. Come il jazz (Coltrane, Davis) e alcuni bluesman o rocker (Berry) sono stati importanti per la storia della musica, così l’acid sarebbe stata essenziale. Che cosa intendi esattamente?
Acid house – la cultura acid house (non solo i brani scritti usando una 303) è la base, il fondamento di tutto ciò di buono che c’è oggi nella musica elettronica. È il motivo per cui Ibiza, Londra, Berlino e New York ancora spaccano con party underground ed è anche il motivo per cui dei giovani di vent’anni vogliono fare musica ancora oggi.
L’acid house è stato un fenomeno di proporzioni gigantesche in Inghilterra. Secondo te, quel è il motivo di tutto questo? Quel è stato il contesto sociale che ha permesso la riuscita di questo fenomeno musicale?
L’acid house – prendere pasticche, ballare tutta la notte, musica ritmata di provenienza dagli Stati Uniti, è sempre stata una consuetudine popolare per i giovani inglesi provenienti dalla medio-piccola borghesia. I ragazzetti che ballavano ispirati dalla musica di Chuck Berry negli anni ’50 hanno iniziato questa tradizione, ma sono stati i Mods in quei sottoscala di Soho, negli anni ’60, a creare il perfetto prototipo per l’acid house: musica black importata dagli Stati Uniti, pastiglie di speed e il fatto che si potessero vestire come re anche se provenivano da famiglie modeste.
La fanzine Boy’s Own è stata cruciale per lo sviluppo della culture house. Mi piace il fatto che a prima vista sembra una fanzine punk, ma l’argomento è chiaramente la musica elettronica. Pensi che questi due fenomeni siano correlati? Intendo l’acid e il punk? In un certo senso sono entrambi iniziati con un processo che partiva dal basso…
Ero già in giro quando Londra ha vissuto ed è stata colpita da movimento punk, ma ho sempre preferito la scena disco e funk per quel che mi riguarda. Ma quell’attitudine punk del do-it-yourslef è stato proprio quello che la scena acid ha preso, ed è vero che parecchi vecchi punk sono stati chiaramente coinvolti all’inizio dalla scena acid proprio per quel senso di urgenza di quell’attitudine.
Dando un’occhiata ai numeri di Boys Own, sembra che ci fosse un forte collegamento con il calcio e i fan del Chelsea. Sto giusto leggendo (la DJ History.com ha pubblicato in un libro tutti i numeri della fanzine), in cui si dice che il movimento era legato al fenomeno degli hooligans. Di certo curioso. Puoi dirci qualcosa a riguardo?
No, non è vero. Dei quattro che eravamo coinvolti all’inizio nella fanzine Boys Own, ce n’erano solamente due che andavano allo stadio e che erano vicini alla cultura casual. L’esordio dell’acid house rifletteva l’esaltante sensazione di far parte di un vasto gruppo di ragazzi eleganti e implicava anche una vaga minaccia e un certo cameratismo. I primi party illegali a Londra erano frequentati da molti appartenenti della casual culture che avevano sostituito uno sballo con un altro.
In un’intervista hai dichiarato che all’inizio della scena, solamente chi viveva tra Londra, Manchester e Sheffield e chi lavorava ad Ibiza durante tra il 1986 e l’87 sapeva cosa fosse l’acid. Ti ricordi un aneddoto su come l’acid abbia sconvolto la scena londinese?
Per quanto concerne il clubbing, esistevano a Londra delle regole parecchio severe, regole che arrivavano dalla metà degli anni ’70. Queste regole sul modo di ballare, come vestirsi, quale musica suonare, etc…, erano state passate da una generazione ad un’altra: Londra è sempre stato un posto rispettoso per le tradizioni in cui si cercava di non cambiare le cose. L’acid house sotto questo punto di vista era sbagliata e andava contro tutte le regole costituite.
Ok, andiamo un po’ indietro nel tempi (o in avanti, dipende dai punti di vista). La JBO è stata una delle etichette più importanti della storia della musica dance, ma sfortunatamente in Italia non è così conosciuta come dovrebbe. Come descriveresti la storia ad un quindicenne che non ha mai sentito parlarne?
Vai su Youtube e digita JBO…. ne sarai sorpreso e speriamo ispirato…
L’etichetta si sicuro ha aiutato a definire un tipico suono degli anni ’90, quella deep house che diventa subito riconoscibile. Cosa ne pensi dell’attuale abuso di quei suoni e quelle sonorità nella musica pop di adesso?
Secondo me il fondo si è toccato quando due anni fa il mercato tech house e i siti di download hanno cambiato il nome da tech house a deep house per vendere di più.
X-Press 2, Underworld, Chemical Brothers, Lemon Interupt e i tuoi moniker Fire Island e Roach Motel erano solamente i nomi più famosi del roster della JBO. Qual è il tuo disco preferito tra le pubblicazioni della JBO?
Direi che il mio disco preferito della JBO è “Walters Room” di Ashely Beedle perché riesce a definire esattamente dove ci trovavamo ai tempi ed è un ponte con la disco degli anni ’70.
La JBO è stata per anni avanti a tutti per quanto riguarda produzioni ed artisti. Qual è stata la regola di questo successo?
Credo che si possa dire che è stata la passione. Fai musica che in cui credi, che ami davvero e solamente dopo chiediti se venderei delle copie… dovrebbe sempre essere l’ultima cosa che uno si chiede quella…
Cosa ti attende nel futuro tuo futuro? Hai pronte nuove produzioni?
A dir la verità, sono impegnatissimo e sto lavorando a differenti progetti. Questa primavera sarà piena di eventi.[/tab]
[tab title=”English”]At the end of the ’80s London wasn’t the same city we know today. It is important to remember in order to give a proper frame to our article: the famous east of the city wasn’t the hype place is now, few spots in what is called zone 1 were dangerous and the south was a threatening place to go (riot, murders, burglars). Beside the well known and posh centre, only the west part of the city was the safe dancing and clubbing area. At the time, the punk wave was already vanished, leaving behind just some pathetic acolytes (such as tourists taking pics with the punks) and regardind house music there weren’t any cool clubs, disco, boiler room, no superstar DJs. Everything was less pretentious and hence more genuine. Only the lucky people could afford to go and dive in the warm sun of Ibiza and then come back in the grey sky of London with boxes of records. This is how acid house arrived in the English capital, because of music lovers. Around 1986, there was a kind of mood in the air, a mood of changing: few clubs were starting to play, along with disco classics, hi-nrg tracks, soul and funky gems and northern souls songs, also some acid house stuff. From then, acid became an institution, a meaning, a way of living, and what worked as a catalyst of all of those energies was a small fanzine called Boy’s Own. A 40 pages fanzine with contributes by people like Terry Farley, Andrew Weatherall and Paul Oakenfold, and from DJs, promoters and clubbers of the city. That small fanzine then became a label (Boy’s Own Recordings first and Junior Boy’s Own later) with a massive and phenomenal roster of artists: X-Press 2, Chemical Brothers, Underworld, Black Science Orchestra.
We met Mr. Terry Farley, the man behind the Boy’s Own fanzine at the end of the ’80s, then the man behind the Boy’s Own Recordings first and Junior Boy’s Own later. We spoke about his current projects, his new compilation, his previous compilation about Acid House, and most of all we spoke about the feeling and the vibes you had in clubs like Heaven, Shoom or at the first illegal rave parties.
Let’s start from the end, which is the present: you are just about to release the second mix of ‘Acid Rain’, your compilation about acid house and the golden era of acid. What should we expect from this new compilation?
It won’t be in the stores until July as there’s a lot of hunting down long lost labels and artists who have disappeared, but vol 2 will take things slightly away from the acid and to the more deep and soulful sounds of 86 – 91. More Marshall Jefferson then Dj Pierre. We’ll look at N.Y. and Canada as well as Chicago this time…
In the previous volume, you pointed out that acid house for the music has been as important as some jazz artist (Davis, Coltrane) and some bluesman (Berry) before: as that kind of music has been important for the following generations, so acid has been crucial and formative for the electronic music. What do you mean with this claim? Has acid house a preparatory value?
Acid house – the culture (not just those records that used as 303) is the foundation of everything that’s good in electronic music these days. It why Ibiza, London, Berlin and NY still rock with underground parties and why 20 something kids wanna make music.
Acid house has been a massive and huge phenomenon in UK. On your opinion, which is the background of this success? How could the contest and the environment determinate the development of that musical artistic expression?
Acid House -pills, all night dancing, UN inspired fast dance music has always been big amongst class british teenagers. The teddy boys dancing to Chuck Berry in the 1950s started in, but the mods in those small soho basements putting on all night parties in the early 60s created the template for acid house. Amazing imported black americana, speed tablets to keep dancing to dawn and dressing like a king when you actually came from a poor home.
The fanzine Boy’s Own has been crucial for the development of the house culture. I love the fact that at first sight it seems a punk fanzine but the topic is club culture and acid house scene. Do you think that these two elements were correlated, I mean Punk and acid house? Their success both began with a bottom-up process…
I was around when punk hit London in 76 and much preferred Disco and Funk myself, but the Punk do it yourself attitude is very much what Acid House took on and a lot of old punks certainly got involved in the early days of acid house because of that attitude.
Studying the issues of Boys Own it seems that there were a strong relation with soccer and fans of Chelsea. I’m reading all the issues (published now by Dj History.com) and it says that the whole movement is related to hooligans. It is curious indeed. Can you tell us something about it?
No, that’s not true. Of the four people involved originally with boys own there was two of us who went to the match and were involved with casual culture. The buzz of being in a large gang with other well dressed lads that also involved an element of danger and comradeship mirrored the early days of acid house and the very first illegal parties in London were frequented by many lads from the casual culture who replaced one high with another high.
Once you said that at the very beginning only people in London, Manchester and Sheffield who worked in Ibiza during the summers of 1986 and ’87 knew what acid house was. Do you remember any anecdote related to the london club scene about the beginning of the acid house?
In the very early days London had strict rules in clubbing that had stretched back to the mid 70s. These rules of how you danced, how you dressed what music was played etc were handed down (subconsciously) from generation to generation. London has always been about ‘getting it right’ and always scared of ‘getting it wring’. Acid house in that aspect was totally wrong and went against all the rules that had been laid in stone.
Ok, let’s move a little bit back in time (or forward, it depends by the point of view). Junior Boy’s Owns has been the most important dance label of all the time. But unfortunately in Italy is not as known as it should be. How would you describe the history of your label to an fifteen years old boy who doesn’t know it?
Go to youtube and type in JBO… you’ll be surprised and hopefully inspired.
The label for sure helped to define the typical sound of the ’90s, that deep house mood that makes very remarkable the house music in the ’90s. What do you think about the current abuse of those sounds and sonorities in the pop music?
In my opinion about 2 years ago, the bottom fell out of the tech house market and download sites renamed tech house as deep house to help sell music.
X-Press 2, Underworld, Chemical Brothers, Lemon Interrupt and your moniker Fire Island and Roach Motel were only the top of the equipped roster of the JBO, which is your favourite track of the list of publication of JBO?
My favourite JBO record I would say is Ashley Beedle “Walters Room” LP – It is exactly where our heads were at the time of the release and a great link to the disco of the 1970s.
JBO has really been one step ahead the others for many years. On your opinion, which was the secret of this success?
I guess it was about putting out music you truly believed in, truly loved and then later after this asked the question “will it sell?”…. that should always be the last question.
One question about London. I’ve been living here since 3 years, so I really can’t understand the city yet, but you can tell me, why this city can generate and produce such great music, labels and artists. I mean, there is nothing like London in terms of music in the whole world.
London like NY attracts talented people from all over the world so we get influences from America, Africa, Europe etc, and then it gets mixed up with londoners obsessive behaviour and comes something new and different
Is there anything we should know about your future? Are you going to release new projects or records?
Plenty of stuff that I’m working on – spring should be eventful.[/tab]
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