Ascoltare gli Avalanches è come lottare contro il tempo. La musica, ricca di samples, ti fa immaginare la provenienza di ogni singolo elemento, cosa questi frammenti significhino per te e il messaggio che trasmettono alla fine di ogni brano. C’è nostalgia e perdita radicata in ogni parte e si può percepire, dal primo ascolto, il movimento irregolare del passato, presente e futuro.
Parlando del tempo, era dal 2000, con “Since I Left You”, che la band australiana non si presentava con un nuovo lavoro. Il loro primo album si diceva avesse un migliaio di samples, circa 3500, raccolti minuziosamente e rielaborati, e fu votato più volte fra i migliori album australiani di sempre. Ma da lì in poi il vuoto.
Le cause di questa lunga pausa vennero imputate da Robbie Cheter e Tony Di Blasi, i superstiti della band, alle difficoltà incontrate nella fase del missaggio e post-produzione particolarmente lunghe e laboriose, e ad un paio di progetti collaterali per il teatro e cinema d’animazione che non vennero mai portati al termine. Ma in quel flusso di lavoro inconcludente e di materiale inedito che sono nate le basi per questo diamante che la band ha voluto realizzare dopo 16 anni di assenza.
Quest’album va giudicato senza più alcun riferimento al passato ormai andato. Infatti se “Since I Left You” avevano un’impostazione più nostalgica e legata al clubbing, “Wildflower” è una colonna sonora della spensieratezza dal sapore caldo e marittimo. La padronanza dei loop e dei samples è ovviamente fuori discussione, l’album sarebbe già esaltante se ci impegnassimo solamente a cercare in tutti i brani tracce dei Beatles, dei Beach Boys o di Frank Sinatra. Ma è la musica in questo caso a spingersi ben oltre.
Come spiegato dagli Avalanches, l’album, è un lungo road trip legato alla nativa Australia. Ma si può dire tranquillamente, ascoltandolo, che “Wildflower” non si limita solo a raccontare la gesta di una grande isola. Qui si trova l’r’n’b stile West Coast di “Because I’m Me” e “Harmony”, la psichedelica di “Colours”, la collaborazione con Toro Y Moy con un brano dal sapore indie-disco come “If I Was a Folkstar” e il singolo per eccellenza, “Frankie Sinatra”, che ricorda per alcuni versi Clint Eastwood dei Gorillaz, a cui hanno partecipato MF DOOM e Danny Brown, il quale molto pignolo, ha richiesto una scelta molto paziente fra un centinaio di mix.
Quando nel 2000 uscì “Since I Left You”, suonò come l’arrivo di un nuovo tipo di pop, di un addio agrodolce verso un decennio che stava arrivando al termine. L’album mescolava al suo interno la tecnica e lo spirito dei Dust Brother e ci trasportava in un paesaggio urbano, lontano dalle megalopoli, dove tutti si vestivano con colori vivaci e l’MDMA colava come sciroppo. Gli Avalanches erano e sono tutto questo. E in “Wildflower”, se pur manchi un unità tematica rispetto al lavoro precedente, si trova la loro sacra metodologia di lavoro dove l’allegria infantile e la tristezza alle volte malinconica ci regalano un ritorno che aspettavamo da molto tempo.