E sia, come qualsiasi occasione di cui si vuole gustare il piacere fino in fondo, noi di Soundwall non solo andiamo al Club To Club in prima fila, ma lo facciamo in grande stile. Partner ufficiale del festival, Absolut Vodka ci carica su un bus assieme ad altri colleghi e ci prepara nel migliore dei modi a questa esperienza per palati raffinati. Concepito come una trasformazione, il viaggio è un ‘bus set’ sonorizzato da Guido Savini/SRSLY (nella selezione ci troviamo anche Darkside e Fuck Buttons) costellato di tappe dove ci attendono officine in provincia, assaggi dolci e salati e, ovviamente, vodka in tutte le sue declinazioni, dal Blue Angel (sì, lo sappiamo, l’originale prevede il gin, ma la variante vodka è contemplata, e ci piace molto) al jelly-shot. Le scintille di una fiamma ossidrica contribuiscono a creare l’atmosfera industrial e ci godiamo i nostri cocktail con Woodkid in sottofondo.
Arriviamo al Carignano facendo quello che i torinesi chiamano il ‘giro lungo’, passando cioè da piazza Vittorio. In questo modo gli ospiti possono godersi, oltre al respiro della piazza, il tocco fantascientifico di Luci d’Artista, la rassegna che illumina vie e palazzi, trasformando, ad esempio il Monte dei Cappuccini in una sorta di navicella aliena. Pare che Jeff Mills, che di alieni se ne intende, invitato nelle edizioni precedenti, ci avesse fatto caso e avesse apprezzato.
Il Teatro Carignano, per intenderci è un piccolo gioiello di architettura barocca, dove il re andava a vedere il teatro di prosa. Ora ci va il pubblico del Teatro Stabile e, da qualche anno, anche quello di Club To Club.
Unire alla cornice settecentesca del teatro questo nuovo genere di musica rave targato James Holden è, per chi si va in visibilio per gli accostamenti azzardati, letteralmente oro che cola.
Il live set di Holden ci fa capire che la musica elettronica può anche comportarsi da musica contemporanea ‘alta’. Non parliamo solo di differenze tra ascolto e dancefloor, ma di una base di partenza. Ci arriva un suono pulito e limpido, certamente l’acustica del teatro ha le sue regole e le sue conseguenze, ma questo è un valore aggiunto. Anche quando ci addentriamo in zone oscure, la forma è ben chiara. Chi si aspetta una specie di rito sciamanico che porta verso altri mondi, magari ne resterà deluso. In realtà, pare che il messaggio sia, almeno stasera, diverso e che superi i normali confini della musica techno. Le sonorità liquide, unite ai BPM che si alzano e si abbassano e a ritmi che si spostano in continuazione, creano un flusso irregolare in cui le percezioni sono sfalsate e il risultato è un sogno ad occhi aperti. Ipnotico, psichedelico e che richiede del tempo prima che entri in corpo. Si raggiunge l’apice con Renata e Gone Feral. Pubblico attento, considerato l’ascolto non immediato. Apprezziamo la finezza della batteria al posto della drum machine. E se il controller fa i capricci, poco male, si coglie l’occasione per un riff con il batterista, poi un jack cambiato, sorriso e applausi e si riparte. Questi ultimi potrebbero essere anche più calorosi alla fine, ma leggiamolo come un gesto elegante, in linea con il set. Molto intimo e spirituale dunque, ne usciamo non storditi, tantomeno alienati, i capelli sono ancora in ordine, a spettinarli ci penseranno i Chapman Brothers e i Factory Floor.
Siamo alle OGR per il party di Artissima (l’altro major player, sul versante figurativo, in questa settimana torinese delle arti contemporanee), un tempo qui ci riparavano le carrozze dei treni, ci sono ancora le rotaie, un tempo c’erano grasso, catene e lamiere. Oggi sono un contenitore di circa 20.000 metri quadrati, un capolavoro di archeologia industriale. Potremmo essere a Berlino, invece siamo a Torino, anche se la metà del pubblico non parla italiano. Dinos Chapman sta al centro del set che vomita sonorità macabre, sullo sfondo il famoso video del coniglio allucinato che vaga senza una precisa meta. L’uomo travestito da coniglio è proprio Dinos. Luftbobler pare sia stato composto di notte, non potrebbe essere più oscuro di così, avvolto tra i mattoni sudici e i pilastri di acciaio. Se ci sembra di trovarci nella capitale tedesca, il trio dei Factory Floor ci porta idealmente a Londra, con un set techno post-punk, post-industrial, post-qualsiasi cosa. Il pubblico è galvanizzato, i beat arrivano decisi, non c’è tanto tempo per pensare. Synth, batteria, chitarra distorta bastano per dare vita ad una dance d’avanguardia, che chiude la prima serata del festival.
(Leggi il report completo di #C2C13 qui)