Non sono mai stato all’Hacienda, ero troppo giovane per sapere cosa fossero la rave culture e l’ecstasy. Nè ho mai visto un concerto degli Oasis al May Road, il fu storico impianto sportivo dei Citizens. Dove le note di “Blue Moon” hanno tutto un altro sapore, quello che solo la gioia liberatoria che segue un’eterna sofferenza può regalare. Ma sono sicuro che le stesse emozioni si siano provate a pochi chilometri di distanza, in una notte di maggio di tanti anni fa, quando un ragazzino venuto dall’Est regalava ad un popolo intero, accorso con ogni mezzo possibile all’Old Trafford, il teatro dei sogni, la notte più bella della sua storia. Appoggiando comodamente in basso a destra ciò che il miglior portiere del mondo credeva finisse dalla parte opposta. Il giovane Andriy dagli occhi di ghiaccio aveva scrutato compulsivamente attorno a se per degli interminabili secondi. Fino a quel cenno con la testa, quella rincorsa lunga. E poi solo lacrime, democraticamente distrubuite fra tutti i presenti, in una notte da leoni. Di quelle che non dormi mai, come cantava Vasco. Le stesse sensazioni vissute, suddivise fra la storica sede di Store Street e la splendida (ma complessa) parentesi del Victoria Warehouse, nelle tante notti trascorse a respirare a pieni polmoni l’eredità di cui il Warehouse Project ha saputo raccogliere il testimone da coloro che l’hanno preceduto.
Manchester è così: lontana anni luce dal caotico meltin’ pot di Londra eppure irresistibilmente magnetica per tifosi di calcio ed appassionati di musica di tutto il mondo. Come spesso accaduto nella storia (vedi Seattle ed Amburgo, solo per citare due esempi illustri) non è inusuale che le grandi matrici culturali si sviluppino ai margini dell’Impero, dove da terreni estremamente difficili possono spuntare fiori di bellezza inimmaginabile. Warehouse Project è la naturale evoluzione di una club culture sfrenata e libertina, vissuta al massimo fra mura di mattoni e nuvole di calore umano. Un ambiente dove si respira un amore profondo per la musica elettronica ed i suoi relativi eccessi. Nulla a che vedere con le Royal Rumble delle big room italiane o le immobili piste olandesi, giusto per citare i due estremi. Un agglomerato di corpi e mani al cielo e rispetto per ciò che quelle quattro mura rappresentano e per le battaglie infinite che chi ha messo le fondamenta di questa scena ha dovuto combattere per permettere a questo mondo di (r)esistere ancora dopo tutti questi anni.
La notizia di oggi è che, per la seconda volta dopo il primo esodo del 2011 ed esserci poi tornati nel 2014, il Warehouse Project ha deciso di abbandonare (questa volta pare definitivamente, a causa dei grandi piani di ristrutturazione edilizia della zona della stazione di Manchester Piccadilly) la sua storica sede di Store Street. Un tunnel ricavato dai vecchi magazzini ferroviari dove centinaia di migliaia di raver hanno fatto festa fino alle prime luci dell’alba (e spesso oltre) negli ultimi anni. Per chi come me sotto quelle volte altissime ha vissuto molte notti indimenticabili (su tutte, un filotto Andrew Weatherall + Chemical Brothers da sentirsi male in una fredda notte di inizio dicembre) questa notizia risuona amara e dura da digerire. Ma bisogna andare avanti e gli organizzatori hanno garantito che, al termine di quest’ultima stagione – la cui line up sarà annunciata domani, ndr – saranno nuovamente alla ricerca di una nuova casa per ospitare il loro pubblico di affezionati e curiosi.
Ora non resta che sintonizzarvi sul sito ufficiale e cogliere al volo l’occasione di visitare uno dei club migliori che il Regno Unito, ed in particolare Manchester, abbiano potuto regalare al popolo del clubbing prima che sia troppo tardi. Poi non dite che non vi avevamo avvisati!